2017
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Glifosate segna altri tre punti

Efsa assolve l'erbicida anche sul tema della interferenza endocrina, mentre gli agricoltori francesi si muovono anch’essi in sua difesa

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Nuovi giudizi positivi sull'erbicida e una grande voglia di verità

Fonte immagine: © Riko Best - Fotolia

L’estate 2017 fa segnare tre nuovi punti a favore di glifosate. In primis, cresce in America l’attenzione sulle ricerche non pubblicate che avrebbero potuto scagionare l’erbicida dalle accuse di cancerogenicità mossegli da Iarc, accuse smentite da Echa e dall’Apvma australiana.
 
Secondo punto messo a segno, per lo meno sul piano mediatico: gli agricoltori francesi si sono mossi per esprimere il loro forte dissenso all’idea di bandire glifosate in Europa, aggiungendosi in tal senso a quelli inglesi, tedeschi, italiani e a molti altri colleghi dei Paesi dell’Unione, i quali in caso di bando perderebbero produttività e competitività sui mercati globali.
 
Infine la Commissione europea ha incaricato Efsa di valutare il diserbante sul tema delle interferenze endocrine e anche in tal caso il risultato è stato favorevole. Ma andiamo per ordine, partendo dal fondo.
 

Efsa promuove ancora glifosate

Pubblicato da Efsa il 7 settembre, lo studio peer review, ovvero di revisione fra pari, ha ripercorso gli studi che sul fronte dell’interferenza endocrina avevano già fatto esprimere positivamente la Germania, stato membro rapporteur per glifosate in fase di revisione europea.
 
Il gruppo di lavoro di Efsa ha quindi passato al setaccio gli studi effettuati in tal senso, concludendo che in base alle prove esistenti glifosate non mostra effetti negativi. Ovvero, non può essere classificato quale interferente endocrino. Conclusioni peraltro non contraddette nemmeno da studi di tipo ecotossicologico.
 
Stando alle conclusioni di Efsa, cade quindi anche la seconda accusa mossa al diserbante dopo quella di essere cancerogeno per l’uomo.
 
Scarica il pdf del report di Efsa
 

La Francia alza la voce

Il sindacato francese degli agricoltori Fnsea, acronimo di Fédération Nationale des Syndicats d'Exploitants Agricoles, risponde alla posizione espressa dal ministro dell’Ecologia francese, Francois Hulot, in merito al voto europeo da parte della Francia contro il rinnovo dell’autorizzazione all’uso del glifosate. Una posizione che non è andata ovviamente giù ai produttori transalpini secondo i quali glifosate sarebbe strumento fondamentale, ricoprendo un ruolo strategico in tema di agricoltura conservativa, cioè uno dei cardini della moderna agro-ecologia.
 
Il sindacato chiede espressamente al ministro Hulot se stia parlando davvero a nome di tutta la Francia, dal momento che non essendoci a oggi alternative disponibili a glifosate non pare accettabile il bando di questa sostanza attiva. Anche perché la Francia, grazie proprio alle pratiche conservative permesse da glifosate potrebbe aumentare l’assorbimento di anidride carbonica, ottemperando così alle richieste europee in termini di contenimento delle emissioni di gas serra.
 
Parole in difesa di glifosate, all’indirizzo del ministro francese, sono state espresse anche da Arnaud Rousseau, presidente della Federazione di produttori di oleaginose, seguito dappresso da Jean-Paul Bordes, direttore ricerca e sviluppo di Arvalis, il quale ha ricordato come in assenza di glifosate si dovrebbe tornare a ripetute lavorazioni del terreno, con tutto il dispendio di carburanti e il disturbo arrecato al suolo che tale scelta comporterebbe.

Non è mancato nemmeno un commento a sfondo economico, con Philippe Pinta, presidente dei produttori di grano transalpini, che ha calcolato in 900 milioni di euro all’anno il costo della dipartita di glifosate per le tasche dei cerealicoltori francesi.
 
In altre parole, anche in Francia pare vi sia uno scollamento vistoso fra le posizioni della politica e quelle degli agricoltori, con questi ultimi che iniziano a ribellarsi a decisioni governative che appaiono sempre più basate su evidenze ormai superate da nuovi fatti.
 

Quegli studi galeotti

Su AgroNotizie si era già scritto della spinosa faccenda degli studi mai pubblicati che avrebbero scagionato glifosate dall’accusa di essere cancerogeno. Ora la querelle prosegue, con l’agenzia di stampa Reuters che ha pubblicato un nuovo articolo su quello che ormai è stato ribattezzato lo “Iarc gate”.
 
Riassumendo l’articolo, l’House Committee on Government and Oversight Reform è il principale organo investigativo che opera all’interno della House of representatives, ovvero la Camera dei Rappresentanti, l’altro ramo del parlamento americano insieme al Senato. Quindi un comitato che quando si muove lo fa per ragioni di rilevanza nazionale. Ora Trey Gowdy, che presiede il comitato, si è espresso sul tema degli studi su glifosate rimasti non pubblicati anziché essere condivisi con lo Iarc. Un caso cui aveva dato la stura Aaron Blair durante una deposizione in tribunale in cui ammetteva la non condivisione di tali studi.
 
Ora Trey Gowdy ha chiesto ufficialmente al U.S. National Institutes of Health, l’analogo americano dell’Istituto Superiore di Sanità italiano, come mai il National Cancer Institute, in cui opera appunto Blair, non abbia condiviso informazioni così preziose. A dimostrazione che i nodi che vengono al pettine possono essere diversi da quelli attesi.
 
Pare quindi che l’offensiva contro glifosate scatenata dalla monografia Iarc stia mostrando il fiato corto, smentita più volte e messa in imbarazzo da quanto emerso nell’ultimo anno. Forse tutto ciò influirà poco sulle decisioni politiche, le quali sono spesso disallineate dalle opinioni di enti autorevoli, ma almeno sta creando severe difficoltà alla crociata anti-diserbante che ormai infiamma Europa e Stati Uniti da quasi tre anni.

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