2017
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Cimice asiatica, in Italia la maggiore biodiversità

Anche il Sud non può ritenersi al sicuro dall'insetto, arrivato in Campania e Sicilia. Guarda i video

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Ormai la cimice asiatica si è diffusa in tutta Italia

Fonte immagine: © saratm - Adobe Stock

Non ha usato mezzi termini Lara Maistrello, dell'Università di Modena e Reggio Emilia, parlando di Halyomorpha halys davanti a un'affollata platea di tecnici e agricoltori alla Camera di commercio di Verona: "Siamo davanti a un insetto eccezionale, una vera sciagura: si accoppia numerose volte durante l'anno, è polifago, sono oltre 300 le piante ospiti, e cresce in maniera esponenziale".
Forse neanche Lara Maistrello, nel 2012, quando per la prima volta ne individuò una sul territorio di Modena si era resa conto di quale flagello stava per colpire l'agricoltura italiana. Il convegno organizzato dalla Camera di commercio si è tenuto lo scorso 6 dicembre e si intitolava 'La cimice asiatica: una nuova minaccia per le produzioni agricole. Biologia, ecologia ed esperienze di difesa'. All'incontro hanno partecipato diversi esperti del Veneto e dell'Emilia Romagna.

La cimice asiatica si è ormai diffusa in tutta Italia. La prima segnalazione si è avuta appunto nel modenese ma, nel 2017, ha detto la professoressa sappiamo che è arrivata anche in Umbria, Abruzzo, Sicilia e Campagna. "Anche al Sud non c'è da stare molto tranquilli. Fra le piante che adora ci sono l'ulivo e l'arancio".
Essendo polifaga può essere facilmente trovata oltre che nei frutteti, sulle piante ortive, sulle piante ornamentali e anche sulle piante spontanee. Il risultato è che, trattando il frutteto, spesso non si risolve il problema perché le cimici si annidano nei dintorni. La sua saliva provoca la morte delle cellule vegetali e ciò si traduce in deformità dei frutti

Lara Maistrello fa parte di una task force che comprende il Servizio fitosanitario dell'ER, i Consorzi di Modena e Reggio Emilia, il Crpv, per trovare un modo per gestire in maniera sostenibile l'Halyomorpha halys. In questi anni di ricerca sono stati raccolti campioni da tutta Italia e, attraverso l'analisi del Dna, è stato stabilito che in Italia vi è la maggiore biodiversità di Halyomorpha halys al di fuori della zona d'origine, l'Estremo Oriente. Sono ventidue gli aplotipi ritrovati nel nostro paese. Le cimici presenti arrivano quindi da diverse zone del mondo: "Ciò significa che queste cimici - ha detto ancora Lara Maistrello - avranno biologia diversa e risponderanno in maniera diversa agli insetticidi, inoltre s'incroceranno fra loro formando nuove combinazioni genetiche".


Per quanto riguarda la diffusione e la sua capacità di arrecare danno alle colture, molto dipende dall'andamento stagionale. "Nel 2015 si è avuto il 15% di cimici che hanno superato l'inverno, anno scorso quasi il 41%, quest'anno, nel 2017, solo 6%. Iniziano a riprodursi solitamente a maggio, o comunque quando la temperatura arriva a 20 gradi".

E' molto importante per l'agricoltore tenere monitorati i frutteti e le zone adiacenti per sapere quando entrare in azione con i metodi di contrasto. La chimica, da sola, non riesce a controllare l'Halyomorpha halys e, purtroppo, il predatore principale nei luoghi d'origine, il Trissolcus halyomorphae, non è presente in Italia e non può essere importato.
E' stata però trovata una formica che è in grado di annientare le neanidi in sole 24 ore e che, con più tempo a disposizione, uccide anche le ninfe. Si tratta di Crematogaster scutellaria. "Da sola non può essere risolutiva ma può dare una buona mano", ha detto ancora la professoressa.

Fra le novità che potrebbero aiutare una nuova trappola è in fase di messa a punto. Ci stanno lavorando la Fondazione Mach, il Nib e l'Università di Modena e Reggio. "Abbiamo studiato le vibrazioni del substrato e individuato il segnale implicato nel corteggiamento, quello che le femmine inviano ai maschi. E' un segnale irresistibile per i maschi di cimice che arrivano esattamente dove la trappola è posta. Questo nuovo tipo di trappola, una volta messa a punto, potrebbe risolvere il problema delle infestazioni nelle immediate vicinanze della stessa. Fin ad ora sono stati infatti usati feromoni di aggregazione con il risultato di avere il frutteto danneggiato in maniera consistente fino a 8 metri di distanza dalla trappola stessa".

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