2019
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Speranza dei frutticoltori, chi è e come si comporta la vespa samurai

Si sviluppa a spese delle uova delle cimici impedendone la nascita. Prima di utilizzarla come arma biologica servirà una procedura burocratica che comprende una valutazione del rischio

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T. japonicus si sviluppa a spese delle uova delle cimici: depone le sue all'interno di quelle della cimice e lì si sviluppa fino a diventare adulto

Fonte immagine: Crea Firenze

Iniziamo intanto chiamandola con il suo vero nome, ovvero: Trissolcus japonicus. E' sulla bocca di tutti, è in questo momento la speranza di tutti i frutticoltori del Nord Italia, ma chiamandola 'vespa samurai' non le si rende giustizia: è piccolissima, meno di un millimetro di grandezza, non è aggressiva, si nutre di polline e nettare ed è l'antagonista naturale dell'incubo economico e ambientale di nome Halyomorpha halys, la cimice asiatica.

Sì, è un'aliena, ed ecco perché, prima di poterla utilizzare come agente di controllo biologico della cimice asiatica occorreranno ancora molte riflessioni. T. japonicus fa parte dell'ordine degli imenotteri, è un parente stretto delle api, e arriva dall'Asia, così come la temuta cimice marmorizzata.

Da un anno il Crea di Firenze, dopo aver richiesto tutte le autorizzazioni del caso e averla importata, la sta allevando in camera di quarantena, per studiarne le caratteristiche, le potenzialità e per verificarne l'impatto ambientale in caso di lanci controllati dell'insetto, in vista del suo utilizzo nell'ambito di programmi di 'lotta biologica classica' contro Halyomorpha halys. Per la precisione, oltre all'aplotipo importato dal Crea, in Italia sono stati trovati diversi esemplari, in più regioni del Nord. T. japonicus e Trissolcus mitsukurii sono accidentalmente entrati in Italia, così come accidentalmente è stata introdotta la stessa cimice asiatica nel 2012 (anche se si pensa che sia nel nostro paese dal 2009).

Cosa ha stabilito il Crea, in un anno di studi? T. japonicus si sviluppa a spese delle uova delle cimici, non solo di quella asiatica, depone le sue all'interno di quelle della cimice e lì si sviluppa fino a diventare adulto. Di fatto ne impedisce la nascita. In laboratorio T. japonicus raddoppia la popolazione ogni cinque-sei giorni, in natura invece, secondo la letteratura disponibile, compie quattro generazioni l'anno. Si moltiplica quindi molto velocemente (la cimice compie due generazioni l'anno anche se, ogni femmina, nella sua vita, depone fra le 215 uova e le 275 uova, a seconda che si tratti della generazione estiva o svernante), la proporzione maschi/femmine in una covata, è nettamente sbilanciata verso le femmine (il 70% delle nascite), ogni femmina può deporre 70 uova e, soprattutto, è in grado di parassitizzare fino al 90% delle uova di cimice asiaticaT. japonicus inizia a riprodursi, sempre in laboratorio, a 24 gradi.

Sul fatto che sia quello che ci vuole per riportare la situazione sotto controllo, Pio Federico Roversi, direttore proprio del Crea di Firenze, non ha alcun dubbio: "Chiariamo subito - ci ha detto Roversi durante un'intervista telefonica - nessuno pensa di eradicare la cimice asiatica. Non è possibile eradicarla, si tratta di riportare il sistema in equilibrio". Tradotto, ciò significa che neanche T. japonicus è in grado di eliminare completamente la cimice asiatica: Halyomorpha halys si è stabilita sul nostro territorio, si è perfettamente adattata e resterà. 'Riportare il sistema in equilibrio' significa però che le popolazioni possono essere ricondotte a un numero tale da non rappresentare più una seria minaccia per l'agricoltura. "Una volta che T. japonicus si sarà insediato credo possa essere un fattore di controllo veramente importante. E' necessario rischiare di essere ottimisti", ha detto ancora Roversi al nostro microfono rispondendo alla domanda se T. japonicus potrà essere risolutivo della questione cimice asiatica. Ciò che è certo è che si riproduce velocemente ed è efficiente.

Prima di poter procedere alla sua moltiplicazione in laboratorio allo scopo di utilizzarla come arma biologica, occorrerà una procedura burocratica che potrebbe non essere poi così lunga, procedura che comprende un risk assessment e una successiva valutazione del ministero della Salute. Si deve stabilire se T. japonicus costituisca un rischio per l'ambiente, possa sconvolgere gli equilibri o danneggiare insetti utili autoctoni. Poco importa il fatto che la vespa sia già arrivata sul territorio in maniera accidentale perché, in questo caso, il punto è riprodurla per poi effettuare lanci controllatiT. japonicus depone le proprie uova solo all'interno di uova di cimice, tutte le cimici però, compresa l'Arma custos, insetto presente nei nostri areali e che è considerato benefico.

Impossibile anticipare le valutazioni del ministero, ma ciò che si sa, a proposito dell'A. custos e dell'interazione della vespa samurai con uova di cimice che non siano quelle dell'asiatica è che, potendo scegliere, in situazione semi naturale, T. japonicus preferisce le uova di cimice asiatica. Ci sono poi alcune considerazioni di cui tenere conto: una cosa è mettere la vespa samurai a contatto con uova di diverse cimici in laboratorio e un'altra è, per il parassitoide, riuscire a trovare, in campo, uova diverse da quelle di H. halys.

L'Università di Perugia ha condotto tre anni di prove in Canada, assieme all'Università di Montreal, osservando il comportamento della vespa rispetto alle uova di un insetto utile indigeno, il Podisus maculiventris, sempre una cimice. In Italia P. maculiventris non è presente ma possono essere comunque fatti dei parallelismi. "Ci siamo chiesti - ha detto ad AgroNotizie il professor Eric Conti, uno degli autori dello studio - se, in campo aperto, le uova di cimice diversa dall'asiatica, richiamino il T. japonicus. Abbiamo fatto prove con olfattometri. La conclusione della nostra ricerca è che T. japonicus parassitizza sì uova di P. maculiventris ma solo se, per caso, se le trova davanti perché altrimenti non riesce a localizzarle. C'è infatti da considerare che per centinaia e centinaia di anni T. japonicus si è sviluppato, in Oriente, assieme alla cimice marmorizzata ed è di quella che sente l'odore. Per localizzare le sue uova segue l'odore delle femmine gravide o risponde al richiamo inviato dalle piante stesse quando sono fatte bersaglio da Halyomorpha halys che depone sulle loro foglie le proprie uova".

Per quanto riguarda l'Arma custos, della cui sorte in Italia si è preoccupati, il direttore del Crea di Firenze è fermamente convinto che ci si trovi in una situazione in cui si debba scegliere il male minore: "Si tratta pur sempre di un'analisi costi/benefici, noi dobbiamo porre rimedio a una situazione che è drammatica" ha detto ancora durante l'intervista concessa ad AgroNotizie. "Ad oggi il mondo agricolo si sta rivolgendo a un uso massiccio di fitofarmaci e questo comporta anche fare tabula rasa di altri insetti utili che tengono sotto controllo altre minacce. C'è anche da tener presente che le uova della cimice asiatica agiscono come 'trappola ecologica' per molti insetti utili indigeni. La maggior parte dei parassitoidi europei soccombe se attacca le uova della cimice".

Fra il 2014 e il 2018, solo per la pera, in Emilia Romagna, nei disciplinari di produzione integrata si è passati da cinque trattamenti (organofosfati e neonicotinoidi) a dieci trattamenti, introducendo anche i piretroidi, tutti insetticidi ad ampio spettro. Anche di questo il ministero della Salute dovrà tener conto, valutando il risk assessment per l'introduzione della cosiddetta vespa samurai. Un precedente positivo è costituito dal benestare del Governo neozelandese che ha condotto un'analisi di rischio e ha, di recente, concesso l'ok preventivo al lancio di T. japonicus, qualora la cimice asiatica dovesse arrivare sul loro territorio. I neozelandesi quindi, se Halyomorpha halys dovesse mai presentarsi al controllo passaporti, sono già pronti ad accoglierla con cannoni armati di uova di T. japonicus.

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