2019
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Bollettino di guerra del 7 novembre: fungicidi rameici, forse non fanno così male

L'Efsa sta riesaminando alcuni aspetti della valutazione del rischio dei fungicidi rameici per l'uomo e l'ambiente

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L’Efsa sta riesaminando i fungicidi rameici

Fonte immagine: © Maurizio - Fotolia

Riassunto delle puntate precedenti

Come tutti i nostri lettori sanno, l’approvazione europea dei fungicidi rameici è stata rinnovata il primo gennaio di quest’anno, con l’oramai famoso tetto dei 28 kg di rame/Ha in sette anni. Ricordiamo anche che la commissione Ue ha lasciato liberi i paesi membri di limitare l’utilizzo del rame a 4 kg per ettaro/hanno e che le autorità italiane, dopo frenetiche consultazioni, hanno trovato l’accordo nell’imporre ai titolari di registrazione di riportare in etichetta l’imprescindibile frase “Al fine di ridurre al minimo il potenziale accumulo nel suolo e l'esposizione per gli organismi non bersaglio, tenendo conto al contempo delle condizioni agroclimatiche, non superare l'applicazione cumulativa di 28 kg di rame per ettaro nell'arco di 7 anni. Si raccomanda di rispettare il quantitativo applicato medio di 4 kg di rame per ettaro all'anno”, cui non siamo riusciti a identificare quale informazione aggiuntiva abbia fornito alla dicitura riportata sul provvedimento comunitario (“Sono autorizzati esclusivamente gli impieghi che comportano un'applicazione totale non superiore a 28 kg di rame per ettaro nell'arco di 7 anni”), perché se non posso distribuire più di 28 kg di rame/ha in 7 anni, vuol dire che contemporaneamente non si può superare la media di 4 kg/ha all’anno. Ma nel Belpaese, patria di poeti, santi e navigatori, la matematica (anzi l’aritmetica) non è molto popolare, e quindi la puntualizzazione aveva un suo perché.

Ma non è questo il punto: la Commissione Ue, se avesse dato retta all’agenzia di Parma, non avrebbe dovuto rinnovare l’approvazione dei rameici nemmeno per sette minuti, altro che per sette anni. Nella “Peer review of the pesticide risk assessment of the active substance copper compounds copper(I), copper(II) variants namely copper hydroxide, copper oxychloride, tribasic copper sulfate, copper(I) oxide, Bordeaux mixture” preparata dall’Efsa, a parte due pagine fitte fitte di “Data Gaps”, non è stato identificato nessun uso sicuro, tra quelli rappresentativi (vite, pomodoro e cucurbitacee), sia per problemi tossicologici (rischio inaccettabile per i vendemmiatori su vite, valutazione del rischio per il consumatore non risolta) che ambientali (rischio non accettabile per uccelli, mammiferi e organismi acquatici).
Tuttavia alcuni piccoli particolari hanno convinto la Commissione che forse i notificanti qualche ragione l’avevano nel rifiutarsi di accettare che la concentrazione massima per non compromettere gli organismi acquatici fosse inferiore alla quantità normalmente presente nelle acque (il rame è ubiquitario e proviene da diverse fonti, di cui quella dall’uso come fungicida è nettamente minoritaria) e che il grido di allarme dell’Efsa che nella sua “Review of the existing maximum residue levels for copper compounds according to Article 12 of Regulation (EC) No 396/2005” segnalava un rischio inaccettabile per il consumatore e proponeva la cancellazione della vite e della lattuga dalle etichette dei fungicidi rameici (riconoscendo allo stesso tempo che il rame assunto dai consumatori attraverso la dieta solo per circa il 25% proviene da uso fitoiatrico) era un tantinello infondato.
 

Tutto è bene quello che finisce bene

Infatti sappiamo come è andata a finire e l’Efsa è stata incaricata dalla commissione Ue di “fare i compiti a casa” preparando un documento dove dovrà indicare le modalità di valutazione dell’impatto ambientale dei prodotti come il rame, che con le attuali linee guida, pensate per molecole organiche, forniscono risultati inaffidabili. La scadenza per questo tipo di attività è prevista per l’anno 2021.
Altra incongruenza che probabilmente verrà sanata a breve è la valutazione del rischio del consumatore dove sembra siano state identificate le anomalie che portavano a risultati così palesemente infondati. Nella riunione tenutasi a Bruxelles il 26-27 settembre sono infatti state discusse ipotesi per migliorare la valutazione del rischio per il consumatore: si va dall’utilizzo di dati di monitoraggio più aggiornati, alla revisione dell’endpoint tossicologico (ADI), all’uso di dati di biomonitoraggio del rame che saranno disponibili entro l’anno, per poi essere seguiti da un modello ad hoc entro maggio 2020.
 

Approfondimenti per studiosi, addetti ai lavori o semplicemente curiosi

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