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Dove e come nasce l'interazione tra piante e microrganismi?

Le prime lezioni di Biosolution Academy, il corso di alta formazione sulla difesa sostenibile delle piante

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Il triangolo della malattia ha come vertici il patogeno, l'ospite e l'ambiente (Foto di archivio)

Fonte immagine: © 994yellow - Adobe Stock

Come comunicano e interagiscono le piante con l'ambiente che le circonda? Se ci si sofferma in particolare sull'interazione che nasce tra le piante e gli organismi si possono ottenere delle informazioni importanti che hanno implicazioni pratiche nel campo del controllo biologico delle malattie delle piante e non solo.

È di questo che si è parlato durante le prime lezioni del corso di alta formazione "Biosolution Academy": le sfere d'interazione tra gli organismi, ma soprattutto i microrganismi, e la pianta. Le lezioni sono state tenute da Vittorio Rossi, professore di Patologia vegetale all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza (Ucsc) e direttore del corso, da Tito Caffi, professore di Patologia vegetale all'Ucsc e da Edoardo Puglisi, professore di Microbiologia agraria all’Ucsc.


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Nel corso delle lezioni è stato fondamentale chiarire alcuni termini che racchiudono concetti fondamentali del discorso fitopatologico. Per cominciare, quando una pianta e un organismo entrano in contatto tra loro il risultato può essere una interazione positiva, neutrale o negativa.

Le interazioni positive come il mutualismo (ogni organismo ottiene benefici dall’associazione) e il commensalismo (tutti gli organismi in associazione sono reciprocamente avvantaggiati) possono rappresentare una grande opportunità: gli organismi coinvolti possono promuovere la crescita delle piante, indurre resistenza agli stress abiotici o rendere più resistente la pianta a una malattia.

Le interazioni negative riguardano, invece, la competizione, l'antagonismo, il parassitismo e la predazione. Sono utili da conoscere non solo perché possono stressare e danneggiare le piante coltivate ma anche perché possono incidere negativamente su un trattamento fatto con agenti biologici.

Nel caso di interazioni negative la pianta può essere danneggiata o può ammalarsi. Un esempio di danno è la perdita di porzioni di tessuto vegetale, l'argomento in questo caso non rientra nella Patologia vegetale ma interessa l’Entomologia agraria, la Nematologia agraria e la Zoologia agraria.

Per malattia, invece, si intende una condizione di sofferenza persistente dovuta all'alterazione dei normali processi fisiologici della pianta. Si parla di malattie infettive o parassitarie quando trasmissibili da una pianta malata ad una sana. Gli organismi interessati sono considerati dei patogeni. Sono eterotrofi e dipendono cioè da una fonte esterna di elementi nutritivi che in questo caso è la pianta: funghi, oomiceti, batteri, attinomiceti, fitoplasmi, spiroplasmi, piante parassite. A questi si aggiungono virus e viroidi che utilizzano sia gli elementi nutritivi della cellula ospite che i suoi processi metabolici attraverso l'imposizione del proprio materiale genetico.


Interazione parassita pianta

Nel corso di una malattia lo stato di sofferenza della pianta può essere più o meno accentuato in funzione di tre variabili: la suscettibilità dell'ospite cioè la sua predispostone a contrarre la malattia, la virulenza del patogeno cioè la sua capacità di determinare la malattia e le condizioni ambientali (fisiche, chimiche e microbiologiche). È il cosiddetto triangolo della malattia con vertici il patogeno, l'ospite e l'ambiente. A questa complessità si aggiungono gli interventi antropici che manipolano le piante.

Un patogeno si nutre generalmente di sali minerali, fonti di carbonio (amido, zuccheri), proteine, lipidi (grassi e oli), ecc. Da dove e come li prende? I nutrienti si trovano nel floema e nello xilema, i due vasi vascolari della pianta, e nelle cellule: la composizione varia in rapporto al tipo di tessuto vegetale. Per assorbirli i patogeni devono entrare nella pianta e a questo scopo hanno sviluppato con l'evoluzione degli adattamenti ecologici per superare le barriere vegetali.

Le fasi del ciclo infettivo prevedono: l'inoculazione, la colonizzazione, la penetrazione, l'invasione, l’azione trofica, la comparsa di lesioni e l'evasione. In queste fasi il patogeno deve quindi attraversare diverse sfere di interazione.

Le sfere in cui piante e organismi possono interagire sono: la fillosfera, l'endosfera, la caulisfera e la rizosfera. A queste può essere aggiunta la sfera dei residui vegetali che nonostante non possano essere parassitizzati perché tessuti vegetali morti, giocano un ruolo chiave come fonti di inoculo sia di organismi benefici che di patogeni.

Come avviene il contatto tra pianta e microrganismo? L'azione può essere di tipo attiva, passiva o veicolata da un vettore. Nel primo caso è il microrganismo che si muove autonomamente nella direzione dell'ospite o penetra nella pianta utilizzando strutture specializzate in grado di aggredire i tessuti della pianta. Un microrganismo può raggiungere l'ospite passivamente attraverso le correnti d'aria (air borne) o attraverso gli schizzi di acqua (splash borne).


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Le fasi del ciclo infettivo
(Fonte foto: Biosolution Academy)


La fillosfera

É l'ambiente delle superfici vegetali epigee (che sono fuori dal terreno) non lignificate: foglie, fiori, frutti, seme e steli.

La sottile pellicola che si interfaccia direttamente con l'ambiente esterno è l'epidermide ed è rivestita da uno strato di cere idrofobico e dalla cuticola che riduce le perdite di acqua e protegge la pianta. È come se fosse una barriera all'ingresso per i patogeni.

I patogeni però possono entrare nella pianta dalla fillosfera in diversi modi: attraverso aperture naturali (stomi, lenticelle, idatodi, ecc.), aperture occasionali (ferite) o aperture fisiologiche (ferite di uscita delle radichette, ecc.).

L'habitat sulla fillosfera è difficile. Gli organismi si ritrovano direttamente esposti alle variabili ambientali (raggi ultravioletti, luce solare, rapide variazioni di temperatura e umidità). L'ambiente, inoltre, è molto povero di elementi nutritivi: la cuticola riduce l'evaporazione dell’acqua e favorisce la lisciviazione dei metaboliti delle piante, quindi le risorse sono scarse e fluttuanti.

L'ambiente è aerobico quindi i microrganismi che popolano la fillosfera sono aerobici e molto adattati agli stress. Si parla di 103 e 104 microrganismi per centimetro quadrato di foglia. Tra queste ci sono specie fungine cromogene i cui pigmenti proteggono dai raggi ultravioletti (Saccharomyces aspergillus e Alternaria microsporia) e batteri con meccanismi molto efficienti di riparazione dei danni dai raggi ultravioletti (Pseudomonas, Agrobacterium, Burkholderia).


La rizosfera

La rizosfera è uno dei più complessi spazi sulla terra: è la parte di suolo influenzata dalla presenza delle radici ed è caratterizzata da interazioni strette e dinamiche tra pianta, suolo e microbioma.

La rizosfera è un ambiente relativamente stabile e ricco di sostanze nutritive, il contrario della fillosfera. Gli essudati rilasciati dalla pianta contengono carboidrati, amminoacidi, acidi organici, steroli, nucleotidi, vitamine ed enzimi, utilizzati come fonte nutrizionale dal microbioma rizosferico. Le mucillagini rilasciate dall'apice delle radichette sono composte da polisaccaridi, proteine e fosfolipidi.

Il suolo rizosferico è perciò caratterizzato da un maggior numero di microrganismi rispetto alla fillosfera e al suolo lontano dalle radici (la densità di microrganismi diminuisce all’aumentare della distanza dalla radice): in 10 grammi di suolo ci sono 106 funghi, 108 attinomiceti, 109 batteri, 1010 protozoi e 1010 alghe.

Tra questi ci sono microrganismi benefici, commensali e patogeni. I primi possono promuovere la crescita delle piante aumentando la disponibilità di nutrienti o proteggere le piante dai patogeni, per esempio, attraverso l'induzione di meccanismi di resistenza. Tra questi ricordiamo i batteri azoto fissatori, le micorrize e i Plant growth promoting bacteria (Pgpb).

Una frontiera di ricerca interessante in questo ambito è quella dei Voc, sostanze volatili prodotte dai microrganismi del suolo che si diffondono e inducono resistenza nelle parti aeree della pianta.

Le stesse radici comunque possono lavorare nella selezione dei microrganismi presenti nella rizosfera: non solo l'ambiente è acido e anaerobico ma possono essere prodotte sostanze antimicrobiche, ad esempio i glucosinolati, gli acidi cianidrici e gli agenti fungistatici, che inibiscono la crescita di alcuni microrganismi del suolo.


La caulisfera e l'endosfera

La caulisfera è la sfera dei tessuti legnosi. Il sughero è lo strato più esterno che protegge la pianta ed è formato da cellule morte che ricoprono tutte le parti legnose sia del fusto che delle radici.

Il sughero rappresenta una barriera insuperabile per molti microrganismi e solo le lenticelle, le cicatrici e le ferite rappresentano i punti di passaggio tra l'interno e l'esterno. La superficie esterna del legno è spesso anche sede di espressioni sintomatologiche ed evasioni.

L'endosfera è l'insieme dei tessuti interni della pianta in cui possono vivere gli organismi endofiti. Qui ci sono poche fonti nutritive: nel tessuto xylematico si muove l'acqua quasi completamente pura e nei vasi floematici si muovono gli zuccheri.

Il microbiota è composto prevalentemente da funghi e batteri che provengono per lo più dal suolo. Sono endofiti e possono essere sia benefici che patogeni. I secondi invadono e colonizzano i tessuti interni causando marciumi molli, necrosi, giallumi e alterazioni ormonali come le ipertrofie, le iperplasie, il rosettamento, la filloptosi, il gigantismo, gli scopazzi.

Esistono delle componenti, nella pianta, che limitano i microrganismi endofiti. Possono essere difese precostituite che non dipendo dalla presenza del patogeno o difese indotte dalla presenza di uno o più patogeni. A livello morfologico possono modificare lo spessore o la composizione delle pareti cellulari; a livello biochimico producono sostanze inibitrici come proteine antimicrobiche (Pr protei, fitoalessine, ecc.).


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Le sfere di interazione
(Fonte foto: Biosolution Academy)


I residui vegetali

Nonostante non ci sia una vera interazione patogenetica che riguarda i residui vegetali, è una sfera molto importante soprattutto a livello epidemiologo, per studiare il ciclo vitale dei patogeni ed effettuare il biocontrollo.

Nei seminativi i residui vegetali sono i materiali che non vengono asportati ma lasciati in campo dopo la raccolta: steli, stoppie, foglie, radici e residui del seme. Nei sistemi arborei invece sono le foglie abscisse, i frutti caduti, i rami e le branche, le radici morte e i materiali che vengono lasciati sulla pianta dopo la gestione colturale.

La decomposizione dei residui dipende da fenomeni chimici, fisici e biologici che riguardano sia le variabili ambientali che la componente del microbiota e del macrobioma. Varie popolazioni di organismi si succedono per lavorare un residuo. Grassi, zuccheri semplici e proteine vengono degradati velocemente da organismi non specializzati. Dopo vengono degradate le emicellulose e le cellulose. Polifenoli e lignina sono particolarmente resistenti alla decomposizione e sono degradati prevalentemente dalla popolazione fungina. Gli organismi decompositori come mammiferi, anellidi, millepiedi, collemboli, acari, nematodi e protozoi esercitano un’azione di frammentazione fisica della lettiera aumentando la superficie esposta all’attacco microbico.

I residui vegetali possono rappresentare una fonte di conservazione e di inoculo dei patogeni. Nel primo caso la degradazione della lettiera comporta l'inattività dell'inoculo perciò solo in questo caso ha senso impostare una strategia di difesa, con un'agente di biocontrollo, che degrada la lettiera.

La peronospora attraverso le sfere d'interazione

Per enfatizzare il passaggio del patogeno tra le diverse sfere di interazione sono stati fatti alcuni esempio nel corso delle lezioni. Uno in particolare ha permesso di osservare il passaggio tra residui colturali, fillosfera e endosfera della Plasmopara viticola durante il ciclo infettivo.

La peronospora della vite è una malattia provocata dalla Plasmopara viticola, parassita fungino obbligato che vive solo e soltanto sulla vite.

La sopravvivenza di Plasmopara viticola in assenza dei tessuti dell'ospite è assicurata dalle oospore che vivono nei residui colturali. Dopo un periodo di maturazione le oospore germinano attraverso un macrozoosporangio che libera le zoospore.

Le zoospore sono munite di flagelli che in presenza di acqua possono muoversi autonomamente. Nuotano nei fili d'acqua per terra e con gli schizzi di pioggia raggiungono la fillosfera. Si muovono verso gli stomi dove si incistano e germinano mediante emissione di un tubo germinativo.

Nell'endosfera si forma un micelio intercellulare dal quale si dipartono gli austori che servono per assorbire gli elementi nutritivi. Il sintomo più evidente è la clorosi, sulla superficie inferiore della foglia c'è il patogeno sotto forma di rami sporangiofori. Da qui esce esattamente da dove è entrato, cioè dagli stomi.


Biosolution Academy è il corso per la formazione di esperti di alto livello nello sviluppo di alternative ai prodotti chimici di sintesi per la difesa delle piante dagli organismi dannosi (biosolution). È organizzato dall'Università Cattolica del Sacro Cuore e si rivolge a dipendenti di aziende che producono e commercializzano biosolution, agronomi, consulenti e studenti.

Obiettivo di Biosolution Academy è quello di formare una nuova figura professionale, che guarda alle biosolution con una conoscenza profonda e trasversale. L'Academy sarà organizzata tramite una didattica innovativa ed esperienziale, con la collaborazione delle aziende del settore, delle migliori competenze dalla ricerca universitaria e dal mondo professionale.

Per informazioni ed iscrizioni visita la pagina del corso.

AgroNotizie è media partner del corso.

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