2022
26

Glifosate nel latte umano? Facciamo il punto

Una ricerca brasiliana avrebbe rivelato tracce di glifosate nel latte materno. Per gli autori stessi dello studio non vi sono rischi per la salute dei neonati, ma l'allarmismo chemofobico non si è fatto aspettare

latte-by-kubais-adobe-stock-750x500.jpeg

Latte umano: tracce di glifosate, tonnellate di allarmismo

Fonte immagine: © kubais - Adobe Stock

Cercare glifosate un po' ovunque è divenuto il gioco preferito di ogni associazione che prosperi di donazioni e di finanziamenti delle lobby eco-bio. Basti pensare ai test "choc" sulle urine realizzati in Francia, tema sul quale si è già scritto su AgroNotizie, rinviando per maggiori approfondimenti all'articolo dell'epidemiologo Geoffrey Kabat.


Leggi l'approfondimento
Dangerous levels of glyphosate in urine? Junk science paper based upon a large-scale anti-GMO testing campaign 
 

In sostanza, una montagna di fango generata da chi è sotto processo in Francia per danneggiamenti e ha rastrellato centinaia di migliaia di euro dalle tasche di chi, abilmente spaventato, si è voluto sottoporre alle analisi. Analisi effettuate peraltro da un laboratorio non certificato che, stranamente, fornisce sempre risultati prossimi al 100% di presenza quando si tratti di glifosate. 


Quando tali campagne denigratorie non vengono organizzate direttamente dalle associazioni, possono comunque essere sfruttate ricerche pubblicate su riviste scientifiche, spesso travisandone contenuti e significato. Oggi tocca al latte materno.

 

Per chi ha fretta:

  • Una ricerca svolta in Brasile rivela presenza di glifosate nel latte umano.
  • I livelli rinvenuti vengono reputati non pericolosi per i bambini dagli stessi autori della ricerca.
  • Associazioni come Us Right to Know, americana, cavalcano la ricerca per attaccare l'erbicida, citando effetti disastrosi sulla salute che di fatto non si verificano.
  • Le differenze di impiego, diffusione ed esposizione a glifosate sono enormemente differenti fra le aree rurali del Brasile e quelle europee, garantendo livelli di sicurezza per i cittadini enormemente più elevati.

 

Per chi vuole approfondire:

Di seguito, l'analisi dettagliata degli avvenimenti e dei dati pubblicati.


Fra le molte campagne anti chimica agraria oggi è il turno di quella scatenata da Us Right to Know, associazione americana che sostiene di difendere il diritto dei cittadini a "sapere", ricevendo per contro denaro dalle industrie del settore biologico. Ovvio che glifosate sia preda ghiotta, data la visibilità che l'erbicida si è ritrovato addosso suo malgrado.


Ultimo assalto della serie, almeno per ora, quello incentrato sul latte umano. Secondo una serie di analisi effettuate su alcune neo mamme brasiliane in fase di allattamento, il 100% dei campioni di latte avrebbe rivelato tracce di glifosate. Prevedibili gli affondi di Gary Ruskin, di Us Right to Know, il quale ha subito avanzato illazioni su fantomatiche infiammazioni del cervello dei neonati, foriere di futuri disordini neurovegetativi. Ovviamente, i residui di glifosate nel latte sono stati definiti da Ruskin "significativi". Vedremo in seguito cosa ciò significhi nei fatti.


Immediata quindi la diffusione su web di alcuni meme che accusano Monsanto, oggi Bayer, di aver prodotto l'ennesima "menzogna" affermando che il glifosate viene rapidamente escreto dal corpo umano senza accumularvisi. Ciò è tutt'altro che una menzogna, al contrario di quanto asserito dal meme, poiché a dimostrare l'assenza di accumulo nei tessuti animali sono prove di laboratorio svolte con la sostanza attiva radiomarcata. Prove grazie alle quali si evince come l'erbicida tutto faccia tranne che accumularsi in organi e tessuti. E a concludere ciò non è stata Monsanto, bensì un report dei Jmpr (1).

 

Ma a parte tale evidenza, può glifosate giungere al latte umano? In teoria sì, poiché essendo fortemente idrofilo può seguire l'acqua necessaria alla produzione lattea. Acqua che, al pari delle sostanze nutritive, deriva dal sangue delle madri, opportunamente "lavorato" dalle ghiandole mammarie. Ergo, se c'è una traccia di glifosate nel sangue, una parte di questa non è escluso finisca nel latte. Sì, ma quanto?

 

La ricerca brasiliana

Lo studio(2) che ha dato la stura al vaso di Pandora di Us Right to Know è stato svolto nel 2018 in Brasile. 67 campioni di latte sono stati raccolti da donne in corso di allattamento, residenti a Francisco Beltrão, in Paraná. Di queste 26 vivevano in aree urbane e 41 in aree rurali. Il campionamento è stato effettuato in corrispondenza del picco di applicazione di glifosate nelle colture di mais e soia della regione, ove l'erbicida rappresenta circa un terzo di tutti gli agrofarmaci impiegati, dato in linea con le statistiche d'uso del Paese. 


Per determinare i livelli dell'erbicida glifosate è stato utilizzato un kit commerciale di test di immunoassorbimento enzimatico (test Elisa) e il valore medio rinvenuto è stato di 1,45 µg/L (microgrammi per litro). Inoltre, glifosate è stato rilevato anche in campioni di acqua potabile dell'area urbana e nelle acque derivate da pozzi artesiani nelle aree rurali della regione, mostrando valori medi di 0,001 e 0,802 µg/L rispettivamente. Circa il latte materno non sarebbero emerse differenze statisticamente significative tra le categorie testate. 


Espandendo il dato su di un lasso temporale di sei mesi, secondo gli autori della ricerca la quantità media di glifosate trasferita complessivamente ai neonati con il latte sarebbe di 255,6 microgrammi. Per quanto tale valore sia reputato "significativo" dagli autori (palla al balzo subito presa da Gary Ruskin), essi stessi ricordano come questa dose non rappresenti livelli che possano dare effetti tossici, neanche quando considerata cumulativamente.

 

L'Adi per glifosate, ovvero l'Acceptable Daily Intake, è infatti pari a 0,5 mg/kg/giorno. In pratica, la dose stimata per un'assunzione in sei mesi è solo una frazione di quanto già risulta sicuro in un solo giorno. Dettaglio che l'attivista di Us Right to Know si è guardato bene dal condividere, vagheggiando al contrario terribili effetti neurologici sugli infanti. Effetti immaginari, ovviamente, ma che hanno ottenuto lo scopo di spaventare i cittadini in generale e le madri in particolare. 


Dal Brasile all'Europa

Come già visto in molteplici articoli precedentemente pubblicati, l'esposizione umana a glifosate è al massimo di pochi milligrammi l'anno, questo in Paesi occidentali come per esempio l'Italia e altri Paesi europei. Tradotto in giorni, un valore di una dozzina circa di microgrammi/die, ipotizzando una dose ingerita pari a 5 milligrammi/anno.

 

Di questi, due terzi restano nell'intestino e vengono evacuati con le feci (Jmpr dixit) e solo un terzo circa entra in circolo salvo poi essere smaltito prevalentemente con il processo urinario. Si parla cioè di 3-4 microgrammi circolanti in un corpo umano che conta su circa cinque litri di sangue. Non essendo soggetto ad accumulo nei grassi e nei tessuti, l'erbicida può seguire passivamente l'acqua presente nel flusso ematico e farsi quindi trovare nelle urine oppure nel latte, come nel caso in questione.

 

La produzione giornaliera di latte varia a seconda della persona e della fase di allattamento, partendo da poco meno di mezzo litro intorno al 5° giorno di vita del neonato, arrivando dopo un mese a 750 millilitri di latte al giorno, dato medio. 


Secondo una revisione della letteratura disponibile(3), l'assunzione di latte giornaliera sarebbe stata stimata in un volume medio pari a 152,6 millilitri al giorno per chilo di peso corporeo del lattante. Quindi non tutto il latte prodotto dalla madre viene ingerito dai figli. 


Anche ipotizzando però che tutto il latte venga assunto dal neonato e che la ripartizione sangue/latte sia omogenea, si arriverebbe a meno di un microgrammo al giorno di glifosate (0,5-0,6 microgrammi/die). E ciò a fronte di un'assunzione di cinque milligrammi all'anno, cifra che si posiziona molto in alto rispetto alla media dei Paesi europei, generalmente di 1-2 milligrammi/anno. In sostanza, le concentrazioni teoriche di glifosate nel latte potrebbero spaziare da poche decine a poche centinaia di nanogrammi per litro. Dal punto di vista tossicologico, il nulla. Anche per un infante. 


Inoltre, le dinamiche del corpo umano sono diverse da quelle di una spugna o di un mero circuito idraulico, quindi anche la distribuzione dell'erbicida non è omogenea. Vale a dire che i conti teorici sopra esposti potrebbero rivelarsi addirittura sovrastimati per prudenza.


I limiti delle analisi sul latte

Spesso vi sono stati accesi dibattiti sui metodi analitici impiegati per la misurazione di glifosate nelle matrici liquide, dal momento che test Elisa e cromatografia abbinata alla spettrometria di massa hanno sovente dato risultati molto diversi, con il primo metodo che pare sovrastimare le concentrazioni, rischiando anche di dare falsi positivi


In tal senso, una ricerca specifica(4) svolta su latte umano e urine ha dimostrato come sia molto difficile scendere alla minima soglia di rilevabilità quando si operi su latte. Ciò perché i metodi più affidabili, come la cromatografia liquida abbinata alla spettrometria di massa, arrivano a un solo microgrammo per litro. Di più non scendono, a patto di voler mantenere attendibili i risultati.

 

In sostanza l'erbicida, anche in caso fosse davvero presente, lo sarebbe a concentrazioni così basse da non poter essere rilevato in modo certo. Non a caso, gli autori della ricerca, pubblicata su The American Journal of Clinical Nutrition, hanno definito insussistenti le accuse al glifosate di arrecare eventuali danni ai lattanti. Peraltro, hanno concluso che “Nessuna differenza è stata trovata nelle concentrazioni di glifosato nelle urine e Ampa tra i soggetti che consumano cibi biologici rispetto a quelli coltivati in modo convenzionale o tra le donne che vivono in o vicino a una fattoria/ranch e quelle che vivono in un'area non agricola, urbana o suburbana”.

 

Un duro schiaffo a persone come Gary Ruskin e alla sua Us Right to Know.

 

Conclusioni

Come spesso accaduto in passato, anche in questo caso le fazioni anti-glifosate, tutt'altro che indipendenti dal punto di vista ideologico ed economico, hanno attaccato glifosate in base a una ricerca che di fatto nulla dimostra dal punto di vista tossicologico e quindi sanitario.

 

Le dosi che si stima siano assunte dagli infanti nel Paranà sono infatti molto al di sotto della soglia di prima attenzione per la salute dei bambini. 

 

Inoltre, per Paesi come l'Italia tali ricerche hanno significato pressoché nullo, vista l'esposizione all'erbicida molto inferiore rispetto ad aree rurali sudamericane ove l'erbicida viene applicato massicciamente con gli aerei.


Quindi, sempre tardi sarà quando si smetterà di prendere a riferimento le classiche montagne che partoriscono topolini. E poi li allattano pure.

 

Bibliografia

(1) The Joint FAO/WHO Meeting on Pesticide Residues (2004), "Evaluation 2004 – Part II – Toxicological”. Pag. 96 – 105.
(2) M. Camiccia et al (2022), “Determination of glyphosate in breast milk of lactating women in a rural area from Paraná state, Brazil”,Braz J Med Biol Res, Vol. 55.
(3) Yeung CHT, Fong S, Malik PRV, Edginton AN (2020), “Quantifying breast milk intake by term and preterm infants for input into paediatric physiologically based pharmacokinetic models”, Matern Child Nutr 2020; 16: 1–33.
(4) Michelle K. McGuire et al (2016), “Glyphosate and aminomethylphosphonic acid are not detectable in human milk”, The American Journal of Clinical Nutrition, Volume 103, Issue 5, May 2016, Pages 1285–1290.

In questo articolo

Suggerimenti? Pensi che le informazioni riportate in questa pagina siano da correggere? Scrivici per segnalare la modifica. Grazie!

I nostri Partner

I partner sono mostrati in funzione del numero di prodotti visualizzati su Fitogest nella settimana precedente

Fitogest® è un sito realizzato da Image Line®
® marchi registrati Image Line srl Unipersonale (1990 - 2024)

Utilizzare i prodotti fitosanitari con precauzione. Prima dell'uso leggere sempre l'etichetta e le informazioni sul prodotto. Si raccomanda di porre la dovuta attenzione alle frasi ed ai simboli di pericolo che compaiono nell'etichetta ministeriale.