Malattia diffusa da lungo tempo nei Paesi nordici, successivamente rilevata anche nelle zone della fascia temperata. Risulta particolarmente dannosa sulle colture di pomodoro coltivate in serra. Può inoltre colpire melanzana, lattuga, peperone e altre piante, cagionando comunque meno evidenti.
E' un fungo presente in natura in forma sterile, caratterizzato da un micelio grigio, che talvolta produce microsclerozi, dall'accrescimento molto lento.
Il micelio è formato da ife chiare (fascicolate e rettilinee), da ife scure (di diametro superiore e spesso settate) e da cellule dalla forma sferoidale (talvolta addensate formando dei microsclerozi).
Sui tessuti vegetali può differenziare picnidi ostiolati, dotati di setole, dalla dimensione irregolare, contenenti conidiofori, con conidi ialini, unicellulari, dalla forma elissoidale e delle dimensioni di circa 4,5 x 1,2 micron.
Il fungo è caratterizzato da biotipi con diverse esigenze termiche: alcuni si sviluppano meglio a 14 piuttosto che a 26°C, altri a entrambe le temperature, altri ancora progrediscono meglio a 30°C.
L'alta dannosità in coltura protetta è inoltre legata alla continua ripetizione della coltura, in assenza di opportune rotazioni (il potenziale di inoculo della crittogama aumenta di anno in anno in assenza di rotazioni e disinfezioni del suolo di coltivazione). Il parassita sembra in grado di conservarsi nell'ambiente per diversi anni, anche in assenza dell'ospite primario.
I miceli si possono conservare nel terreno per varie settimane, a seconda che si tratti di ceppi più o meno dotati di clamidospore, con sopravvivenza prolungata in terreni sufficientemente umidi.
In condizioni normali, la conservazione è assicurata in particolar modo dal micelio presente nelle radici residuate nel terreno alla fine del ciclo colturale.
Recenti studi hanno evidenziato inoltre una spiccata capacità di ricolonizzare velocemente anche i terreni sterilizzati con vapore (poco più di due anni dal trattamento).
P. lycopersici attacca l'apparato radicale, più di rado la base del fusto. A seguito dell'infezione tessuti corticali delle radici vanno gradualmente incontro a suberificazione, fessurandosi in maniera irregolare in senso longitudinale, assumendo una pigmentazione scura e rugosa; infine assumono un'aspetto che ricorda quello di una vecchia corteccia d'albero.
Sulla radice si alternano porzioni suberificate, di qualche centimetro di lunghezza, ad altre di apparenza normale.
Le piante infette reagiscono ai danni all'apparato radicale emettendo radici avventizie, andando poi incontro ad un progressivo deperimento.
Al culmine del decorso della malattia, l'apparato radicale risulta molto ridotto, con radici secondarie estesamente distrutte e per questo non più in grado di nutrire la pianta. Le piante colpite sviluppano limitatamente, tendendo poi ad appassire durante le ore più calde fino al disseccamento delle foglie basali.
Le perdite di produzione possono arrivare fino al 40-50%.
Adottare varietà resistenti o tolleranti ed evitare i ristagni idrici. Distruggere le piante colpite ed i residui della coltura precedente. Ricorrere alla solarizzazione del terreno.
indipendentemente dalla coltura
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