Curculionide diffuso in gran parte dell'Europa e comunemente ritrovabile in tutta Italia. Compie la sua attività trofica prevalentemente ai danni dell'erba medica, attaccando anche papilionacee dei generi Astragalus spp., Lathyrus spp., Lotus spp., Phaseolus spp., Trifolium spp., Vicia spp. e lino.
Adulto di colore bruno o grigio-biancastro; pronoto più largo che lungo dotato di tre bande longitudinali più chiare, sovente indistinte, delle quali quella mediana più stretta. Dimensioni: 4-6 mm di lunghezza.
Uovo oblungo, prima di colore giallo brillante, poi bruno nella fase finale dello sviluppo embrionale, delle dimensioni di 1 x 0,5 mm.
Larva di colore verde chiaro con linea dorsale bianca, spesso bordata di rosa, che a maturità raggiunge 8-10 mm di lunghezza.
Bozzolo sferoidale con rada struttura sericea reticolata di colore bianco.
H. variabilis fa la sua comparsa nei medicai precocemente, in marzo-aprile, quando le temperature superano i 12°C. Le femmine del curculionide risultano assai prolifiche, deponendo mediamente 600-800 uova, arrivando a picchi di 2000. Queste ultime sono collocate in gruppi di 3-15 elementi p in maniera isolata negli steli delle piante; alternativamente vengono incollate all'esterno degli stessi finendo poi per cadere sul terreno. Dopo un'incubazione di circa 15 giorni emergono le larve. Queste restano attive per tutto il mese di maggio e anche oltre, completando lo sviluppo nell'arco di 4 stadi. A maturità raggiunta creano un rado bozzolo sferoidale adeso alle foglie o agli steli delle piante danneggiate, impupandosi e generando nuovi adulti nel volgere di una quindicina di giorni. I nuovi adulti si cibano per tutta l'estate sulle foglie senza compiere ulteriori accoppiamenti. Ad inizio autunno riparano nel terreno per superare i rigori invernali.
H. variabilis compie la sua attività trofica a spese di steli, foglie e germogli. A carico delle foglie gli adulti compiono erosioni internervali allungate; le larve minano dapprima i germogli per poi portarsi all'interno della vegetazione dell'apice della pianta erodendo le giovani foglie e su quelle appena dispiegate divorandole in massima parte, nervature comprese. La giovane vegetazione risulta spesso totalmente scheletrizzata cagionando in questo la qualità del foraggio ottenuto. Danni possono essere riscontrati su medicai sia di pianura che di collina.
indipendentemente dalla coltura
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