Il virus del mosaico della soia appartiene al gruppo tassonomico dei Potyvirus; sembra abbastanza specifico della soia e le infezioni naturali sono state riscontrate solo su questa specie. Segnalato in Italia per la prima volta nel 1984 inizialmente nelle regioni del settentrione e in un secondo momento nell’Italia centrale. Può arrecare elevati danni produttivi alle coltivazioni.
Il mezzo più efficiente che determina la diffusione di questo virus tra diverse aree geografiche è la trasmissione per seme.
Inoltre, più di 30 specie di afidi contribuiscono alla diffusione in natura del patogeno, tra cui i più importanti sono risultati Macrosiphum euphorbiae, Aphis craccivora, Rhopalosiphum maidis, R. padi e Myzus persicae.
Il virus viene trasmesso con modalità “non persistente”: sono richiesti pochi secondi per l’acquisizione e la successiva trasmissione ad un’altra pianta.
I sintomi caratteristici derivanti dalla trasmissione per seme, sono riscontrabili a livello delle foglie unifogliate che presentano il tipico mosaico, deformazioni della lamina e portamento ricurvo. La pianta mostra crescita stentata, internodi accorciati e le successive trifogliate risultano più piccole della norma, con accentuato mosaico e arricciamento dei margini.
In alcune cultivar è possibile riscontrare necrosi che talvolta portano ad un esito letale. Diversamente, se l’infezione è veicolata dagli afidi, i sintomi che si osservano sono deformazioni fogliari, bollosità e mosaico. Inoltre, la pianta infetta mostra fioritura ridotta e scarsa attitudine alla fecondazione. Alle volte anche i semi possono manifestare sintomi di infezione con una pigmentazione del tegumento simile a due ali che partono dall’ilo.
Tenendo conto degli aspetti epidemiologici del virus, la lotta è essenzialmente di tipo preventivo.
E’ di primaria importanza impiegare seme virus-esente, attuare il controllo degli insetti vettori e procedere all’eliminazione delle piante infette.
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