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Ossido di etilene: ospite prevedibile, ma indesiderato

La presenza di ossido di etilene è stata rinvenuta in molteplici prodotti alimentari. Vediamo di cosa si tratta, da dove proviene e perché

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Agricoltura, ambiente e salute: il caso ossido di etilene

Una delle molecole più semplici che ci siano, l'ossido di etilene. Questo gas mostra infatti un peso molecolare molto basso, pari a 44, dovuto ai soli due atomi di carbonio che lo compongono, unitamente a quattro di idrogeno e uno di ossigeno. Impiegato dall'industria chimica come intermedio di diverse reazioni, trova anche spazio in usi particolari. Per esempio, ne viene sfruttata in campo medico e chirurgico l'azione battericida e antifungina, permettendo di sterilizzare alcune attrezzature che si mostrino termolabili e quindi non sottoponibili a trattamenti termici. Interessanti anche gli usi per il restauro di libri, tessuti e manufatti di legno.

Nel settore agroalimentare trova invece impiego nella disinfestazione di magazzini in cui siano contenute derrate alimentari soggette a molteplici attacchi parassitari.

La sostanza attiva ha però un profilo tossicologico poco gradevole, mostrandosi nocivo per inalazione e avendo mostrato in laboratorio effetti cancerogeni su cavie, soprattutto a livello epatico. Per la Iarc l'ossido di etilene va posto in Gruppo 1 (sicuramente cancerogeni).

Se ciò crea poca o nulla preoccupazione per i trattamenti medico-sanitari (l'ossido di etilene non arriva comunque ai pazienti), il discorso appare diverso per i restauratori, maggioremente esposti a questo gas, ma anche per gli alimenti. Nel giugno 2021 furono infatti ritirate diverse partite di prodotti contaminati da ossido di etilene, oggi proibito in Europa, con il sesamo grande accusato all'epoca. Oggi sono infatti molteplici i marchi coinvolti e gli specifici prodotti ritirati dal commercio.

L'importazione di sesamo dall'estero implicava infatti l'arrivo in Italia di intere partite di prodotto da alcuni Paesi in cui la molecola è ancora ampiamente utilizzata. Quindi trovarne residui non è cosa affatto strana.

Ora, al di là che è sempre la dose che fa il veleno, quindi meglio sarebbe non scatenare allarmi ingiustificati e isterie collettive, qualche osservazione in merito può essere pur fatta. Per esempio i controlli, come si vede, funzionano e quindi la salute dei cittadini ben difficilmente verrà messa a rischio da eventuali e sporadiche tracce di questo contaminante. Fatto salvo ciò, l'ossido di etilene non dovrebbe esserci proprio se vogliamo che le partite di cibo siano conformi alle leggi europee.

Il caso ossido di etilene apre quindi una porta (e qualche dubbio) sul futuro del Vecchio Continente, il quale pare orientato a sposare sempre più forme di agricoltura meno intensiva che le permettano quindi di vantare un miglior profilo ambientale interno, ma che diminuiranno di concerto le rese. Così facendo si dovranno giocoforza ampliare le importazioni di merci dall'estero, con tutte le presenze poco gradevoli del caso. Perché di molecole proibite in Europa, ma ammesse nel resto del mondo, ve ne sono diverse e per quanto i Paesi produttori di derrate si sforzino di non inviarle nei membri Ue, quindi anche in Italia, non sempre ciò sarà possibile. A conferma che dipendere dagli altri non è mai buona cosa. Per lo meno, dipendere più di quanto si potrebbe fare in realtà.

Meglio sarebbe quindi calcolare già oggi l'aumento di importazioni di cibo da qui al prossimo decennio, al fine di meglio comprendere se le attuali scelte continentali sono azzeccate oppure no. E non solo relativamente al tema residui, bensì anche in termini di emissioni su scala planetaria, perché tutto ciò che non si produrrà più qui dovrà essere importato dall'estero, ove si emetterà ancora di più gas serra e dove verranno a lungo utilizzate molte sostanze attive sgradite all'Europa. Ossido di etilene incluso.

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