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Mezzi tecnici di biocontrollo, focus di Ibma a Macfrut 2022

Cosa sono, come possono essere utilizzati e quali sono i fattori che ne limitano le possibilità di arrivo sul mercato

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I mezzi di biocontrollo sono suddivisi in quattro categorie (Foto di archivio)

Fonte immagine: © jarun011 - Fotolia

I mezzi tecnici di biocontrollo come alleati per raggiungere gli obiettivi stabiliti dalle strategie europee Green Deal, Farm to Fork e della Biodiversità: si è parlato anche di questo all'incontro organizzato dall'International Biocontrol Manufacturers Association (Ibma), in collaborazione con la Confederazione Italiana Agricoltori (Cia), all'ultima edizione di Macfrut, conclusasi da poco a Rimini.

 

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In vista dell'obiettivo fissato al 2030 di riduzione del 50% dei prodotti fitosanitari e di quello di espandere l'agricoltura biologica al 25% della Superficie Agricola Utilizzata (Sau) europea, i mezzi di biocontrollo sicuramente possono dare un aiuto all'imprenditore agricolo che, anno dopo anno, vede venire meno molecole che fino a poco prima considerava fondamentali.

 

Innanzitutto cosa sono i mezzi di biocontrollo? Sono suddivisi in quattro categorie: microrganismi, quindi funghi, batteri, virus; macrorganismi, predatori, parassitoidi, nematodi; semiochimici, ovvero sostanze o miscele di sostanze naturali emesse da piante, animali o altri organismi per comunicare; sostanze naturali ottenute da fonti biologiche con lo scopo di controllare parassiti e malattie.

 

I mezzi tecnici di biocontrollo, ha voluto sottolineare durante l'incontro Andrea Bosi, parte del Consiglio Direttivo di Ibma Italia, possono essere utilizzati in diverse strategie di difesa e sono complementari agli agrofarmaci. Risultano utili in strategie di lotta integrata, in programmi a basso impatto ambientale e in strategie di lotta biologica oltre che in regime di biologico.

 

Approfittando dell'incontro al Macfrut di Rimini, proprio a Bosi di Ibma abbiamo voluto porre qualche domanda.

 

Chi fa parte di Ibma in Italia?

"L'Italia è uno dei Paesi a Dna più green, il biologico, le superfici integrate e a residuo zero sono molto estese (Ndr: superfici a biologico, oltre 2 milioni di ettari, dato 2021). In Italia, Ibma non comprende solo le realtà produttive di mezzi di biocontrollo ma anche centri di saggio e consulenti. L'Italia è un Paese molto attivo, sul territorio non operano solo i grandi colossi ma anche piccole e medie imprese di proprietà italiana che investono per portare sul mercato soluzioni tecniche innovative e sostenibili".

 

Cosa sta facendo Ibma Italia per dare impulso al settore dei mezzi tecnici di biocontrollo e quali sono i fattori che ne limitano le possibilità di arrivo sul mercato?

"A livello nazionale e internazionale siamo presenti sui tavoli istituzionali per presidiare e agevolare a livello normativo lo sviluppo del settore. Stiamo cercando di creare canali preferenziali, ci interfacciamo con le istituzioni per agevolare gli investimenti delle aziende di Ibma, ma non è semplice. Il problema della burocrazia che di fatto ostacola la registrazione di nuovi prodotti di difesa non è solo italiano, è ampiamente diffuso in Europa. Ad oggi per portare il prodotto registrato sul campo ci vogliono sei, sette anni, ci sono studi molto lunghi, iter molto lunghi".

 

"Ciò che influenza di più i tempi di burocrazia sono le comunicazioni fra Stati membri e ministeri della Salute e dell'Ambiente. Il processo registrativo è rallentato. Abbiamo necessità di creare percorsi privilegiati per queste categorie di prodotti, ci vuole un organismo di controllo che renda più veloce la loro entrata sul mercato perché gli agricoltori ne hanno necessità. Stiamo lavorando per creare degli iter registrativi paralleli, sono sostanze naturali, a basso impatto ambientale e quindi non possono essere valutati dagli stessi gruppi tecnici e reparti ministeriali che valutano un prodotto di sintesi. L'Ue chiede una riduzione drastica del chimico e ci sono già soluzioni valide e sostenibili ma la burocrazia frena il processo. Da qui al 2030, se va bene, con queste tempistiche, un'azienda può portare sul mercato, al massimo due prodotti".

 

E questo cosa comporta?

"Il 2030 è praticamente dopodomani. Oggi un'azienda che vuole registrare un agrofarmaco naturale ha lo stesso iter di un agrofarmaco chimico di sintesi, ma impatto ambientale e profilo tossicologico sono diversi. Con questi iter se un'azienda impiega sei anni per un prodotto sarà difficile raggiungere gli obiettivi che ci chiedono. Il mercato è veloce, le esigenze sono veloci e ci dobbiamo adeguare a qualcosa di imprevedibile: il cambiamento climatico cambia le carte in tavola. Come azienda produttrice investi per rispondere a una problematica di oggi, ma quando arriva sul mercato il prodotto, la problematica potrebbe non essere più così attuale".

 

Gli agricoltori hanno capito di avere un nuovo alleato e sanno come utilizzare questi mezzi tecnici di biocontrollo? Sono innovativi e diversi dall'agrofarmaco tradizionale.

"Stiamo lavorando assieme a Cia a un progetto di training che coinvolge tecnici e agricoltori. Sono già un centinaio le aziende agricole coinvolte. Il progetto è strategico perché l'approccio ai mezzi tecnici di biocontrollo è innovativo, spesso gli agricoltori non sanno come utilizzare questi prodotti, quando usarli e quali".

 

"Il programma messo in piedi con la Cia serve a creare professionisti che potranno poi fare consulenza. La finalità è fare capire all'agricoltore caratteristiche e finalità del singolo prodotto che poi va inserito in strategia, assieme all'agrofarmaco tradizionale. L'idea è creare un network di tecnici specializzati che abbiano il knowhow. L'imprenditore agricolo ha capito che questi mezzi tecnici sono importanti, ma non capisce perché se da un lato gli vengono tolte le armi chimiche allo stesso tempo non si possa usare un'alternativa che c'è ma che è ferma a livello burocratico".

 

Se tutti i prodotti di biocontrollo pronti andassero in commercio in tempi rapidissimi, centreremmo gli obiettivi al 2030?

"I nostri associati nazionali e internazionali hanno le soluzioni, ci sono una molteplicità di soluzioni efficaci, ma sono bloccate. C'è poi da considerare che quando inserisci sul mercato una nuova soluzione occorre ancora un tempo tecnico, quello che occorre all'agricoltore e agli operatori del settore per capire come usare questi prodotti. Se tutte le soluzioni venissero registrate e immesse sul mercato, ci sarebbe un grande aiuto per risolvere i problemi creati dall'eliminazione di certe molecole dal mercato".

 

"Gli obiettivi al 2030 non si raggiungono solo con i mezzi di biocontrollo, chimica e biocontrollo sono complementari. Va cambiato il modo di fare difesa in agricoltura. La sostenibilità economica per l'agricoltura però è importante, l'agricoltura deve essere produttiva. Raggiungere i livelli produttivi storici è fondamentale se si tiene conto che la popolazione aumenta. Dovremmo produrre di più con la pressione dei cambiamenti climatici e con meno risorse idriche a disposizione".

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