Mais Bt: quando la genetica unì resa e difesa
Oltre ad essere un ibrido altamente produttivo, questo cereale è resistente alla piralide. Un viaggio sui vantaggi e limitazioni di questo organismo geneticamente modificato e l'impatto dell'ingegneria genetica sulla maidicoltura globale

La piralide è un lepidottero che attacca diverse colture, prime fra tutte il mais di cui è il principale fitofago (Foto di archivio)
Fonte immagine: © Bigc Studio - Adobe Stock
Si sa, il mais (Zea Mais spp. mays L.) è uno dei cereali più coltivati al mondo ed è apprezzato per gli ibridi altamente produttivi che ne hanno reso possibile la coltivazione intensiva.
Il miglioramento genetico ha reso questa coltura più produttiva anche grazie alla resistenza agli insetti fitofagi. Stiamo parlando del famoso mais Bt, una pianta transgenica che ha come peculiarità un'elevata resistenza alla piralide (Ostrinia nubilalis) e si ottiene introducendo nel genoma target i geni esogeni del batterio Bacillus thuringiensis tramite l'ingegneria genetica.
Ma prima un po' di chiarezza sui termini facendo riferimento alle definizioni della Treccani:
Ingegneria genetica: "Insieme di tecnologie che permettono la manipolazione in vitro di molecole di Dna, in modo da provocare cambiamenti predeterminati nel genotipo di un organismo".
Pianta transgenica: "Si tratta di piante in cui sono stati inseriti in modo mirato uno o più geni estranei (i cosiddetti transgeni), che servono a produrre proteine normalmente assenti in quella specie vegetale e sono in grado di conferirle caratteristiche agronomiche o qualitative desiderate".
Gene esogeno: "Nel campo della biologia e della medicina il termine esogeno viene attribuito a qualsiasi fattore o sostanza, biologica o meno, che ha origini esterne all'organismo considerato".
Questa tipologia di mais geneticamente modificato ha portato agli agricoltori diversi vantaggi, favorendone così la coltivazione prima negli Stati Uniti e poi in altri areali del mondo a partire dal 1996.
È bene ricordare che in Italia dal 2013 non è possibile coltivarlo per fini commerciali, mentre in altri paesi europei sono previste delle misure organizzative appropriate per ogni fase della filiera dalla coltivazione fino allo stoccaggio.
Pochi attacchi da piralide, ma occhio alle resistenze
Come scritto all'inizio dell'articolo si è prima isolato e poi introdotto un gene del batterio Bacillus thuringiensis responsabile della produzione di una particolare proteina detta 'Bt'.
Questa è una proto tossina, ovvero una proteina che diventa tossica solamente quando è ingerita dall'insetto patogeno. Grazie a questa caratteristica il B. thuringiensis viene da molti anni usato come insetticida biologico, perché considerato poco o non tossico nei confronti dei nemici naturali degli insetti dannosi.
Nel mais transgenico la proteina Bt viene espressa in quantità elevate in ogni organo della pianta e per tutto il suo periodo di sviluppo. Le larve di piralide, quindi, non riescono a nutrirsi né degli stocchi né delle foglie. L'auto protezione della coltura poi si è dimostrata molto elevata nelle prime fasi di accrescimento, mentre tende a diminuire dopo la fioritura, motivo per cui la difesa con prodotti insetticidi non va del tutto abbandonata.
La costituzione di questo mais ha portato diversi benefici agronomici ed economici. Innanzitutto, una riduzione del numero di interventi con i prodotti di sintesi con un risparmio sui costi aziendali e un minor impatto ambientale.
Anche, un contenimento efficace delle popolazioni di piralide di prima e di seconda generazione, con un controllo anche su altre popolazioni di lepidotteri commensali.
E infine, un controllo maggiore delle contaminazioni da parte di virus e funghi e un minor sviluppo di micotossine nella granella transgenica rispetto a quella non transgenica. Questo perché la riduzione degli attacchi di piralide diminuisce la penetrazione di Fusarium, un genere di funghi che producono fumonisine, che sono pericolose micotossine carcinogene.
Per quanto vantaggioso, ci possono essere degli effetti negativi sull'ambiente che vanno indagati caso per caso.
La monosuccessione di mais Bt per esempio può portare alla selezione di insetti resistenti alla tossina riducendo così nel tempo l'efficacia dell'ingegneria genetica. Esistono tuttora però linee guida specifiche che, se applicate correttamente, possono prolungare l'efficacia della tecnologia.
Dal batterio alla pianta in campo
Ma come si fa a trasferire i geni desiderati di B. thuringiensis (da adesso geni Bt) nel genoma del mais?
È bene dire che in ingegneria genetica ci sono più metodi che si possono impiegare per raggiungere lo stesso risultato (ma con tempistiche diverse).
Uno di questi metodi è l'utilizzo di Agrobacterium tumefaciens, un batterio presente nel terreno che grazie a un meccanismo infettivo provoca in molte specie tumori al colletto e alle radici. In laboratorio questo parassita viene modificato e i suoi geni originari vengono sostituiti con quelli di interesse per i genetisti. In poche parole, viene disattivata la parte genetica responsabile della formazione del tumore, difatti questi vettori di trasformazione vengono detti "disattivati". Vediamo brevemente come si utilizza questo metodo.
I geni Bt vengono inseriti nel batterio, in particolare in uno specifico plasmide circolare (piccoli frammenti di Dna) chiamato Ti. Il batterio poi viene successivamente coltivato in vitro assieme a pezzi di tessuto vegetale lesionato che in queste condizioni viene infettato: il parassita così trasferisce i geni di resistenza nel Dna delle cellule vegetali usando il suo plasmide Ti.
A questo punto le cellule ospiti infettate si moltiplicano e vengono selezionate e tenute solo quelle che effettivamente possiedono la mutazione genetica, quindi solo quelle transgeniche.
I germogli mutati una volta cresciuti e radicati vengono poi sottoposti sempre in vitro ad altri step fino ad ottenere una vera e propria pianta.
Le piante transgeniche ottenute in laboratorio non hanno le stesse caratteristiche delle varietà agronomicamente utili; pertanto, non sono adatte alla coltivazione in pieno campo. Questo però non è un problema perché la pianta geneticamente modificata viene incrociata con varietà di pregio o linee selezionate.
Il risultato finale? Una progenie ibrida agronomicamente performante che ha ereditato la resistenza al patogeno.
Sottolineiamo che la trasformazione genica è stata applicata non solo in mais ma anche a tante altre colture.
Esempi molto famosi sono la soia transgenica resistente agli erbicidi, la papaia resistente al virus della maculatura anulare e il riso arricchito con proprietà nutrizionali (Golden Rice).
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