Mancozeb reloaded? Parte II - Tossicologia
La revoca di mancozeb è basata su test di laboratorio in cui sono stati rilevati gravi effetti nocivi sulle cavie. Dosi e somministrazioni irrealistiche, come sempre, alla base dei risultati
Per produrre questo articolo diverse ricerche a sfondo tossicologico sono state estratte dal vasto panorama bibliografico esistente su mancozeb. Da oltre 40 anni il fungicida e il suo principale metabolita, l'etilen-tiourea (Etu), vengono infatti testati in laboratorio e in alcune specifiche aree geografiche del mondo.
Alcune di queste ricerche si sono rivelate particolarmente significative, toccando proprio gli aspetti che hanno portato alla revoca europea di mancozeb. Su di esse è stato quindi sviluppato uno specifico approfondimento scaricabile in pdf alla cui lettura si rimanda.
Scarica l'approfondimento su mancozeb
Per completezza di informazioni, sono anche disponibili i seguenti articoli, il primo sul ricorso vinto dalla Task Force che difende la molecola in Europa, il secondo sulle conseguenze che la revoca di mancozeb ha avuto sui programmi di difesa:
- Voci dall'Europa. Mancozeb! Una sentenza può farlo ritornare. Quanto c'è di vero?
- Mancozeb reloaded? Part I - Un riassunto
Per chi ha fretta
Per chi non avesse tempo o voglia di leggere le 11 pagine del documento sviluppato sul tema, di seguito sono riportati i punti salienti:
- Mancozeb ed Etu presentano una tossicità acuta (LD50) molto modesta che a seconda delle fonti spazia dalle centinaia alle migliaia di milligrammi per chilo di peso corporeo. Ciò permette di salire molto con le dosi nei test di laboratorio, anche in quelli di lungo o lunghissimo periodo, rendendo alquanto probabile che qualche effetto avverso alla fine pur si verifichi.
- La lunghezza dei test di laboratorio su roditori è spesso di 12 o addirittura di 24 mesi, coprendo praticamente l'intera vita delle cavie, iniziando talvolta in fase fetale.
- Le dosi impiegate, in vivo o in vitro, sono sempre altissime (decine, centinaia o migliaia di milligrammi), sia quando espresse come milligrammi per chilo di peso corporeo delle cavie, sia quando intese come concentrazione nel mangime di allevamento (ppm).
- L'esposizione umana per ingestione è stato possibile calcolarla grazie a uno studio di Ivano Camoni dell'Istituto Superiore di Santà (1997), ottenendo un valore di Edi (estimated daily intake) per tutti i ditiocarbammati di soli 0,716 µg/chilo bw/giorno, espressi però come mancozeb.
- Ciò permette di stimare un'assunzione con la dieta di 15,7 milligrammi annui per una persona di 60 chili. Nota: i dati relativi alle analisi residui del 1997 è quasi certo siano oggi molto inferiori, visto il calo negli usi di agrofarmaci, specialmente di ditiocarbammati. Per lo meno sino alla loro revoca. Quindi l'esposizione umana per via orale realizzata all'epoca è da considerarsi ampiamente sovrastimata.
- Confrontando le dosi somministrate alle cavie con la stima di assunzione da parte dei cittadini si ottengono valori di laboratorio che si pongono migliaia, decine di migliaia o addirittura centinaia di migliaia di volte al di sopra del dato reale per gli esseri umani.
- Gli studi epidemiologici significativi, con riscontri dell'esposizione sulla popolazione, derivano spesso da aree geografiche ove mancozeb è impiegato molto frequentemente, per lunghi periodi, con gli aerei, senza particolare attenzione alla popolazione sottostante. Condizione questa molto lontana dalla realtà europea.
- La revoca di mancozeb in base ai criteri di "cut-off" applicati in Europa ("tossico per la riproduzione - Cat. 1b") è stata basata soprattutto su una ricerca del 1980, eseguita sulla Etu, non in glp e con dosi altissime. Nuovi studi sarebbero però disponibili oggi per elaborare una nuova stima del rischio affidabile: bene sarebbe quindi riaprire la valutazione della sostanza attiva alla luce delle più recenti evidenze.