2025
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Rnai, la nuova frontiera contro i patogeni

Il silenziamento genico basato sull'uso dell'Rna offre potenzialità interessanti per ottimizzare la difesa fitosanitaria. Alcuni esempi di come può ridurre l'infezione da Sharka e da Fusarium, rispettivamente su drupacee e cereali

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L'Rna Interferente (Rnai) sfrutta il meccanismo immunitario naturalmente presente all'interno delle cellule. Questa biotecnologia consente di bloccare a monte l'espressione di un gene, non facendolo tradurre in proteina (Foto di archivio)

Fonte immagine: © InfiniteStudio - generata con Ia - Adobe Stock

L'insorgenza di nuovi stress biotici e la diminuzione dei mezzi tecnici per contrastarli stanno rendendo complessa la difesa fitosanitaria, sia per le colture arboree che erbacee. Si stanno perciò valutando nuove soluzioni biotecnologiche che permettano la protezione dei raccolti, ma senza usare i convenzionali agrofarmaci.

 

La genetica offre l'opportunità di contenere virus, funghi, batteri, nematodi e insetti patogeni studiando le potenzialità dei filamenti di Rna, in particolare dell'Rna Interferente (da adesso Rnai).

 

In questo articolo si approfondisce il meccanismo d'azione di questa biotecnologia, mettendone in luce opportunità e criticità.

 

Rnai, biotecnologia per colture più resistenti

L'Rnai sfrutta il meccanismo immunitario naturalmente presente nelle cellule. I protagonisti di questo meccanismo sono piccoli frammenti di Rna interferenti (siRna) che regolano in maniera negativa l'espressione di geni target del patogeno.

 

Questi piccoli siRna derivano da un doppio filamento chiamato "double stranded Rna" (dsRna), che entra in gioco quando la cellula ospite viene attaccata, e una volta creati si legano e dividono in maniera specifica l'Rna messaggero (mRna) del patogeno. Rompendo l'mRna bersaglio si impedisce la sua traduzione in proteina e quindi l'infezione della cellula ospite.

 

Questo avviene perché nelle cellule i geni vengono trascritti al momento del bisogno in Rna. Questo Rna in seguito esce dal nucleo e viene tradotto in una proteina, che svolge una determinata funzione. L'Rnai, nello specifico, agisce bloccando il passaggio di traduzione in proteina: blocca a monte l'espressione di un gene.

 

Questo meccanismo d'azione è quindi diverso dai convenzionali agrofarmaci: non agisce sulla struttura proteica, ma ne colpisce direttamente la produzione. Il risultato finale però è lo stesso perché si mantiene in salute la coltura senza perdite in resa.

 

Questa biotecnologia si può applicare con 2 modalità:

  • per via endogena, cioè un silenziamento genico indotto dall'ospite (Higs - Host Induced Gene Silencing), che prevede l'espressione endogena di dsRna in piante transgeniche che mirano a specifici geni del patogeno target;
  • per via esogena, cioè un silenziamento genico indotto da spray (Sigs - Spray Induced Gene Silencing), che prevede l'applicazione del dsRna sulle piante, riducendo la crescita del patogeno target senza bisogno di modifiche genetiche.

La prima modalità porta alla creazione di nuove piante; la seconda modalità trasforma l'Rna stesso in uno strumento di lotta attiva potenzialmente applicabile come un agrofarmaco. Tuttavia, per essere efficace vanno rispettate delle condizioni minime: il patogeno deve possedere tutti i componenti Rnai funzionanti e deve possedere la capacità di assorbire le molecole dell'agrofarmaco. Inoltre, bisogna capire a monte quale tipo di sequenza utilizzare e quali sono i nucleotidi più efficaci.

 

Perciò quando si studiano questi meccanismi è importante avere a mente il ciclo di vita del patogeno. Informazioni queste che sono facilmente reperibili per malattie "mondiali", ma che non sono altrettanto disponibili per malattie presenti in territori più circoscritti.

 

Sharka in albicocco: il ruolo dei portainnesti transgenici

Il Potyvirus Plum Pox Virus (Ppv), noto anche come Sharka, è la malattia più grave che colpisce le specie del genere Prunus. Infatti, si conoscono 10 ceppi in grado di infettare diverse specie di albicocco, pesco, nettarine, susino, mandorlo e ciliegio.

 

Contro la Sharka l'uso sperimentale dei portainnesti transgenici, basati sul silenziamento genico, ha mostrato risultati significativi. Questa biotecnologia consentirebbe di ottimizzare la resistenza della marza, perché sembrerebbe che i siRna si possano trasmettere fra le cellule vicine, oppure tramite il sistema vascolare (dalle radici alla chioma).

 

Uno studio ha valutato l'influenza del portainnesto transgenico tollerante su una varietà di albicocca suscettibile. Senza entrare troppo nei dettagli tecnici, vediamo com'è stato svolto l'esperimento e le considerazioni finali.

 

Il team di ricerca ha usato 4 linee transgeniche di susino (Prunus domestica) ottenute tramite la trasformazione genica in laboratorio, e con diversi livelli di resistenza al Ppv (linee St5'-1 e St5'-9 altamente resistenti, linea St5'-6 tollerante, linea St5'-7 suscettibile). Mentre come marza ha usato gemme della cultivar di albicocco Canino.

 

I susini transgenici dal vitro sono stati acclimatati in serra e trapiantati in vaso, per consentire un buon sviluppo delle radici. Dopo 2 anni, gli alberi erano pronti per essere innestati.

 

Nell'ambito dello stesso esperimento si sono applicati 2 approcci.
Nel primo approccio si sono innestate le gemme della Canino di tipo selvatico (wild type) con chiari sintomi di Sharka sui susini transgenici. Gli alberi hanno passato un periodo di inverno artificiale, e dopo il risveglio vegetativo le gemme sono state sottoposte alla valutazione genetica per la resistenza al virus.

 

Nel secondo approccio si sono innestate 2-3 gemme sane della Canino sui susini transgenici. Dopo il risposo vegetativo e la germogliazione delle gemme le marze sono state inoculate con nuovi germogli di pesche GF305 infette da Ppv, tramite l'innesto a chip-budding. Gli alberi poi sono stati trasferiti in camera fredda per simulare il periodo invernale, e anche in questo caso le gemme sono state valutate geneticamente per la resistenza nel ciclo successivo (quindi al secondo anno).

 

Le analisi condotte hanno messo in luce che i portainnesti transgenici di susino possono conferire resistenza al Ppv nei nesti di albicocco wild type, con un'efficacia che migliora nel tempo. 

In particolare, nel primo approccio il 75% delle marze su St5'-9 e il 40% su St5'-1 sono risultate esenti dall'infezione, mentre il virus è stato rilevato su tutti i nesti su portainnesti suscettibili (St5'-7).
Nel secondo approccio, dopo un inverno artificiale e la germinazione in serra, la resistenza è stata nuovamente valutata: il 48% delle marze su St5'-9 e il 23% delle marze su St5'-7 non hanno presentato infezione da Ppv. Poi alcuni nesti inizialmente positivi sono diventati negativi, e questo suggerisce un progressivo recupero dall'infezione virale.

 

L'evoluzione della resistenza è stata osservata anche nei cicli successivi. Dopo quattro cicli di crescita, la percentuale di infezione nelle marze wild type innestate sulle linee altamente e mediamente tolleranti si è ridotta notevolmente, confermando che la resistenza aumenta progressivamente. Al contrario, il 95,5% delle piante su St5'-7 è rimasto infetto, dimostrando la scarsa efficacia di questo portainnesto nel contrastare il virus.

 

Inoltre, ulteriori analisi hanno evidenziato che a seconda della tolleranza o della suscettibilità del portainnesto varia l'accumulo relativo del virus nelle marze di albicocco. Quindi l'apparato radicale transgenico può influenzare anche questo aspetto.

 

Nel complesso, questi risultati sottolineano che il silenziamento genico potrebbe essere efficace nel ridurre progressivamente la patologia e risanare le piante da un'infezione. L'uso di portainnesti transgenici dunque apre prospettive interessanti per la futura difesa fitosanitaria, ma è bene sottolineare che sono ancora in fase di studio e valutazione, perciò non attualmente in commercio.

 

Inoltre, per le piante legnose è necessario approfondire i meccanismi che inducono il silenziamento, e il trasferimento di informazioni dalla radice transgenica alla marza. In quanto per alcune specie i risultati sono ancora contraddittori.

 

Fusariosi nei cereali: il controllo con l'Rnai spray

Quella dell'Rnai può essere una strategia promettente anche per il controllo delle malattie nei cereali. In particolare contro i funghi micotossigeni, come quelli appartenenti ai generi Aspergillus, Fusarium e Penicillium. Questi, infatti, producono sostanze tossiche, ovvero micotossine, pericolose per la salute umana e di grande impatto economico per il settore agricolo.

 

Attualmente, molti di questi funghi patogeni hanno sviluppato resistenze nei confronti dei fungicidi sistemici rendendo urgente la ricerca di strategie alternative. Dunque l'applicazione di Rnai offre un’alternativa concreta all'uso dei fungicidi chimici, riducendo il rischio di resistenza fungina e limitando l'impatto ambientale.


Sui cereali sono stati svolti diversi studi applicando l'Rnai sia in maniera endogena (Higs) sia in maniera esogena (Sigs).

 

Uno studio su orzo ha permesso il silenziamento dei geni CYP51 di Fusarium graminearum ovvero l'agente della fusariosi della spiga, impedendone efficientemente la crescita e lo sviluppo.

 

Uno studio simile ha poi dimostrato anche l'efficacia della tecnica del silenziamento genico indotto da spray (Sigs). Attraverso la nebulizzazione sulle foglie di orzo di un dsRna con 791 nucleotidi (CYP3-dsRna) ha ridotto l'infezione da F. graminearum.

Per testare l'attività antifungina di questo dsRna, e dei suoi derivati siRna, è stato fatto un test fogliare che ha permesso di valutare la crescita fungina sia nei segmenti fogliari locali (cioè quelli direttamente spruzzati), sia nei segmenti distali (cioè quelli non spruzzati).

Con questo approccio si è dimostrato che il dsRna inibitorio e i siRna sono stati trasferiti tramite il sistema vascolare della pianta, e sono stati assorbiti dal patogeno fungino target.


In un altro studio è stato valutato il controllo di F. graminearum su grano. Questo ha interessato i geni Chs7, Gls e Pkc su cui poi sono stati selezionati dei costrutti Rnai, rispettivamente: 4 da Chs7, 3 da Gls e 1 da Pkc.
Questi costrutti hanno ridotto significativamente la crescita del micelio e la sua patogenicità. In particolare, i dsRna di 3 costrutti selezionati (Chs7Rnai-4, GlsRnai-6, PkcRna-5) hanno inibito la crescita fungina in vitro e ridotto le lesioni sulle foglie di grano trattate con spray. L'applicazione di dsRna sulle spighe ha diminuito il numero di spighette infette, confermando quindi l'efficacia del silenziamento.

 

Vantaggi e sfide della biotecnologia in agricoltura

Indipendentemente da come vengono applicati gli Rna inibitori la loro applicazione nel mondo della protezione delle piante rappresenta un'alternativa promettente all'uso degli agrofarmaci convenzionali.

 

Questo perché tale biotecnologia è caratterizzata da:

  • specificità, poiché agisce su geni specifici senza influenzare altri processi cellulari;
  • selettività, poiché può essere utilizzato per colpire solo i patogeni o gli insetti bersaglio, riducendo l'impatto sugli organismi non target;
  • naturalità, poiché si tratta di un meccanismo naturale, che riduce il rischio di effetti collaterali rispetto ai trattamenti chimici tradizionali;
  • flessibilità, poiché può essere applicata anche per il controllo di virus e di insetti dannosi, migliorando così la sostenibilità agricola.

Le preoccupazioni legate agli Organismi Geneticamente Modificati (Ogm) hanno favorito l'interesse verso l'applicazione di Rnai spray tramite nebulizzazione fogliare, trattamento dei semi e irrigazione, che sono soluzioni efficaci e a basso costo.

 

Ci sono comunque alcuni limiti nella tecnica, perché come qualsiasi tecnica di controllo esiste il rischio che i patogeni o gli insetti sviluppino resistenza ai trattamenti nel tempo.

 

Per esempio, all'interno di diverse specie di insetti ci sono risposte variabili al trattamento esogeno, che rendono necessario un lavoro di sperimentazione mirata per identificare i giusti geni e ottenere risultati costanti.

 

Inoltre, c'è il rischio di effetti off target, in cui i siRna possono colpire un Rna messaggero (mRna) con sequenze simili a quelle bersaglio, e quindi silenziare involontariamente geni non bersaglio.

Inizialmente infatti si pensava che bastasse una singola mutazione nella sequenza bersaglio per impedire il silenziamento, ma studi successivi hanno dimostrato che anche sequenze con complementarità parziale possono essere colpite.
Per ridurre quindi gli effetti off target è essenziale progettare siRna con alta specificità, utilizzando analisi bioinformatiche per confrontare le sequenze bersaglio con i trascrittomi noti. Tuttavia, questi strumenti hanno limitazioni, poiché molti genomi vegetali e di organismi non bersaglio non sono ancora completamente sequenziati.

 

Infine, i dsRna possono degradarsi facilmente in ambiente naturale, e questo limita la loro efficacia nel tempo. Tuttavia, l'uso di nanoparticelle può migliorare la stabilità e la persistenza di queste molecole sulla superficie delle foglie.

 

In Europa poi le piante ingegnerizzate sono soggette a restrizioni legislative, che possono includere anche i prodotti basati sull'RNAi se considerati Ogm. E manca una regolamentazione specifica per i biopesticidi basati su questa tecnologia, che rallenta la loro adozione.

 

Per concludere è perciò essenziale una comunicazione efficace tra i vari attori coinvolti: ricercatori, produttori, distributori e agricoltori per sensibilizzare il pubblico sui vantaggi e i limiti dell'Rnai. E serve un'informazione trasparente, con dati scientifici affidabili, per garantire un'adozione consapevole di queste nuove tecnologie.

 

A cura di Chiara Gallo e Vittoriana Lasorella, giornaliste di AgroNotizie®

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