2025
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Fitofarmaci, a tu per tu con il vicepresidente di Agrofarma

Abbiamo incontrato Massimo Scaglia all'edizione 2025 di Coltivato: "La sfida più grande? Dare agli agricoltori soluzioni sostenibili anche dal punto di vista economico"

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Focus su protezione delle colture, cambiamento climatico, intelligenza artificiale e modifiche di etichette (Foto di archivio)

Fonte immagine: © gunzexx png and bg - generata con intelligenza artificiale - Adobe Stock

"Guardando all'evoluzione del settore difesa delle colture nei prossimi dieci anni è molto probabile che parte degli investimenti che fino a ieri erano quasi al 100% dedicati alla sintesi chimica si sposteranno verso soluzioni che ottimizzano l'impiego degli agrofarmaci. Si va verso il cambiamento del paradigma per offrire all'agricoltore un insieme di soluzioni che consentano di portare a termine una coltura mantenendo la sua redditività, rispettando l'ambiente, continuando a produrre qualcosa di sicuro per la salute umana".

 

Così Massimo Scaglia, vicepresidente di Agrofarma - Federchimica durante una lunga intervista che ci ha concesso.

 

Lo abbiamo incontrato a margine di Coltivato 2025, festival torinese che ha ospitato a marzo scorso oltre quaranta ore di dibattiti, laboratori, spettacoli che hanno coinvolto agronomi, biologi, nutrizionisti, imprenditori ed esperti di vari settori. Scaglia è stato protagonista di un incontro con la professoressa Maria Lodovica Gullino, responsabile scientifico di Coltivato, dal titolo "Perché gli agrofarmaci non sono veleni".

 

Massimo Scaglia, vicepresidente di Agrofarma - Federchimica e Maria Lodovica Gullino, responsabile scientifico di Coltivato

Massimo Scaglia, vicepresidente di Agrofarma - Federchimica e Maria Lodovica Gullino, responsabile scientifico di Coltivato

(Fonte foto: Andrea Guermani)

 

Il nostro incontro con Massimo Scaglia è stato l'occasione per parlare di protezione delle colture in un tempo in cui le regole si fanno sempre più restrittive, di sfide che il cambiamento climatico pone allo sviluppo di nuovi principi attivi, di intelligenza artificiale applicata al mondo degli agrofarmaci e di modifiche di etichette. Le imprese associate ad Agrofarma, trentuno in totale, investono oltre 30 milioni di euro all'anno, circa il 3% del fatturato in ricerca e sviluppo, con particolare attenzione al settore dell'agricoltura biologica.

 

C'è una spinta forte che viene da Bruxelles per una diminuzione dell'uso degli agrofarmaci, oltre al numero di molecole disponibili agli agricoltori si chiede anche la riduzione delle quantità. Dall'altro lato abbiamo il cambiamento climatico e l'arrivo di nuovi patogeni. Qual è il lavoro che sta facendo l'industria sui principi attivi naturali?

"L'Unione Europa spinge per la riduzione dell'uso degli agrofarmaci e ciò ha portato l'industria a investire in innovazione per avere prodotti in grado di rispondere a tutte le esigenze, comprese quelle dell'agricoltura biologica. C'è però una discrepanza fra la necessità e la volontà di ridurre e la capacità di portare innovazione anche attraverso prodotti di ispirazione naturale perché i tempi sono lunghi. Noi la sfida l'abbiamo accettata e già oggi il 20% circa dei prodotti registrati è impiegabile anche in agricoltura biologica. Si stima che tali prodotti possano arrivare in qualche anno al 30%. L'industria sta rispondendo in maniera chiara, il punto è che la forte riduzione, anche per motivi ideologici, del numero delle molecole presenti sul mercato ha portato alla recrudescenza di alcuni patogeni che sono poi difficili da regolare. La mancanza di soluzioni valide, sostenibili e a basso impatto è un grave problema.

 

Fra i temi più importanti ci sono i tempi di registrazione in Europa di nuove molecole, ciò rappresenta una criticità importante. Vale sia per i prodotti di origine naturale sia per gli agrofarmaci di sintesi. Oggi registrare un nuovo prodotto, qualunque esso sia, richiede dieci anni di tempo e si possono superare anche i 200 milioni di dollari di investimento. In Europa, rispetto al resto del mondo, le regole sono più restrittive e i tempi di registrazione non sono mai certi, quindi l'investimento diventa ancora più oneroso e rischioso. A volte investire in altre geografie è meno rischioso. È un grave danno per l'agricoltura, si sottrae innovazione a causa di ragioni burocratiche e non tecnico scientifiche. Un approccio che risulta poco giustificato, soprattutto se si guardano i risultati della nostra agricoltura. Le nostre derrate sono sicure.

 

Guardando all'Italia, il Ministero della Salute da molti anni analizza campioni di derrate per monitorare il rispetto dei limiti massimi di residui. Solo una quantità fra lo 0,5 e l'1% contiene residui fuori legge. Il residuo massimo ammesso è fissato per legge, segue principi di precauzione. Al di sotto di questo residuo la derrata è sicura, non ci sono rischi né per la salute, né per l'uomo" (L'ultimo rapporto del Ministero della Salute è relativo all'anno 2020 ed è consultabile in questa pagina, Ndr).

 

Relativamente agli agrofarmaci per il biologico, ritiene sia utile una formazione specifica per gli agricoltori sul loro corretto utilizzo?

vero, i prodotti di origine naturale spesso sono molto specifici, soprattutto nel caso del biocontrollo. Sono magari a base di microrganismi, l'utilizzo segue regole particolari. Serve certamente formazione specifica, servono persone sul territorio, organizzazioni e tecnici che aiutino e portino il messaggio. C'è uno sforzo maggiore dell'industria nel promuovere l'impiego di questi prodotti".

 

A proposito del biocontrollo, a che punto siamo rispetto alla definizione della normativa per il termine "biocontrollo"?

"Stiamo lavorando con le altre associazioni di settore e fra queste c'è Federbio, con la quale abbiamo siglato di recente un accordo, con lo scopo anche di trovare una definizione comune di biocontrollo che non lasci spazio ad ambiguità. Non è infatti chiaro, ad oggi, quali mezzi possono essere considerati di biocontrollo.

 

L'obiettivo ultimo è chiedere all'Ue una modifica della normativa attuale affinché i prodotti di origine biologica abbiano un processo di registrazione più rapido. Le soluzioni possono essere due: modificare la legislazione esistente oppure crearne una ad hoc. In Europa al momento ci sono due anime, noi privilegiamo la soluzione più rapida. Modificare l'esistente può avere tempi più veloci e magari l'attuale Governo Ue può portare a termine il lavoro. Certo, una normativa ad hoc sarebbe l'ideale, ma forse i tempi sono troppo lunghi e ciò non risponde alle esigenze dell'agricoltura moderna. In generale comunque non intendiamo i prodotti di origine naturale come qualcosa di altro e diverso rispetto ai prodotti di sintesi. Cerchiamo di integrare nei protocolli di difesa delle colture le soluzioni con minor impatto ambientale, considerando però la loro efficacia. Succede allora che si può usare la chimica all'inizio dello sviluppo della pianta, perché questi prodotti proteggono meglio e poi si può passare ai naturali in fasi più vicine alla raccolta. Non si tratta di prodotti alternativi, ma che vanno integrati tra loro il più possibile".

 

Quali sfide pone il cambiamento climatico allo sviluppo di nuovi principi attivi?

"Parlando di agrofarmaci in senso stretto, il problema è che devi reagire in fretta e devi avere i prodotti giusti per controllare patogeni che si sviluppano proprio a causa di cambiamenti climatici importanti. Ci sono sempre più patogeni che si presentano anche grazie alla globalizzazione e allo scambio di merci".

 

L'industria sta facendo un grande sforzo in innovazione per dare agli agricoltori i mezzi tecnici per reagire, quali sono gli ostacoli da superare perché si possa continuare ad offrire agli agricoltori la possibilità di difendere le colture?

"Una precisazione, gli agrofarmaci più moderni non hanno più niente a che fare con quelli di quaranta, cinquanta anni fa. In particolare, solo un 1% degli agrofarmaci presenti sul mercato in Italia risale a prima del 2000. C'è uno sforzo verso la sintesi di molecole che siano più rispettose dell'ambiente, che abbiano un profilo tossicologico adeguato e in generale siano più sicure, se opportunamente applicate.

 

L'innovazione oggi cerca di trovare soluzioni alternative a quelle che l'Ue ha revocato. Nel settore biologico in particolare si stanno sviluppando prodotti con un'efficacia simile a quella dei prodotti chimici. Da questo punto di vista velocizzare le registrazioni potrebbe anticipare l'immissione sul mercato di prodotti con maggiore efficacia. Un'altra area importante per l'ottimizzazione è quella dell'agricoltura digitale. Noi oggi abbiamo strumenti di rilevazione di dati che consentono l'impiego ottimale dei prodotti in modo che questi vengano impiegati solo quando e dove necessario e nelle dosi adeguate. È possibile infatti capire dove è necessario il trattamento e dove no. Solo che, se il parco macchine disponibile è oggi al 70% moderno e in grado di applicare l'agricoltura di precisione, l'adozione di questi strumenti al momento è solo l'8%.

 

Guardando avanti, l'obiettivo è lavorare sui protocolli per colture, che includano anche la nutrizione e l'utilizzo di strumenti digitali. Questo è un lavoro che, chiaramente, non possiamo fare da soli, ma con la filiera".

 

Intervista ad Agrofarma

 

L'intelligenza artificiale ha un ruolo da giocare nello sviluppo di nuove molecole?

"Con l'intelligenza artificiale l'industria sta lavorando per ridurre i tempi di scoperte di nuove soluzioni e per la produzione dei dati a supporto del dossier registrativo. Oggi l'intelligenza artificiale consente di disegnare, sulla base delle esperienze fatte, delle molecole chimiche che abbiano un profilo che incontra le necessità dell'agricoltura moderna come efficacia, ma che, anche dal punto di vista regolatorio, siano molecole in grado di non avere problematiche sotto il profilo tossicologico ed ecotossicologico. Con l'intelligenza artificiale oggi costruiamo il percorso a ritroso, ovvero come avere una molecola che funzioni e che eviti contemporaneamente problematiche regolatorie".

 

Come avviene la rietichettatura di tutti quei prodotti che ogni anno hanno piccole variazioni di etichetta ed usi essenziali "temporali". Come vengono avvertiti gli agricoltori?

"Noi seguiamo le linee guida del Ministero della Salute. Queste linee suggeriscono delle soluzioni che variano a seconda del tipo di modifica dell'etichetta. Se sono delle modifiche sostanziali che possono mettere a rischio la salute dell'uomo o dell'ambiente, sono necessari interventi più drastici. In altri casi, invece, inviamo una copia dell'etichetta nuova a tutti i clienti, i quali poi forniscono la nuova etichetta agli agricoltori. Oggi c'è un grande lavoro sulla digitalizzazione delle etichette. Stiamo infatti cercando di attrezzarci perché l'etichetta digitale sia effettivamente disponibile a tutti gli agricoltori perché questa consente un aggiornamento immediato".

 

Cosa ne pensa quindi Agrofarma dell'etichettatura elettronica degli agrofarmaci? Integra o è alternativa alla cartacea?

"Per il Ministero fa fede ancora l'etichetta cartacea presente sulla confezione del prodotto perché deriva da un decreto firmato dal Ministero della Salute. Come Agrofarma stiamo lavorando anche livello Ue per una digitalizzazione delle etichette. Tuttavia per essere davvero efficaci e introdurre un cambiamento è necessario un intervento normativo da parte delle autorità competenti".

 

Abbiamo rilevato che gli ispettori sono sempre più attenti nel controllo analitico del rispetto delle prescrizioni di etichetta. Cosa consigliare agli agricoltori che usano mezzi a basso volume o irroratori con recupero che, ovviamente, riducono il quantitativo di soluzione somministrata per ettaro?

"La tecnologia avanza rapidamente, uno dei temi importanti è che, al momento dell'irrorazione, una parte del prodotto dalle foglie finisce nel terreno. C'è quindi contaminazione del terreno. L'industria dei mezzi tecnici si è adoperata per limitare questo fenomeno. Ci sono macchine, appunto, che riescono a recuperare questa parte di soluzione irrorata. Ciò, in teoria, rende possibile applicare il prodotto a dosi inferiori rispetto a quelle indicate in etichetta.

 

Mano a mano che questa tecnologia va avanti, vanno adeguate le etichette e l'espressione dei dosaggi al loro interno in modo tale che l'ispettore acquisisca anche formalmente e burocraticamente le nuove informazioni e non sanzioni applicazioni che, in realtà, sono virtuose. Purtroppo però, ad oggi, la normativa dice che le indicazioni contenute in etichetta sono obbligatorie, compreso il dosaggio. Se verranno introdotte nuove regole, l'etichetta potrà contenere informazioni differenziate, a seconda della macchina utilizzata".

 

Qual è la sfida più grande per l'industria di agrofarmaci da qui a dieci anni?

"La sfida più importante è portare agli agricoltori soluzioni che siano sostenibili dal punto di vista ambientale ed anche economico. Oggi si chiede agli agricoltori uno sforzo che rende la loro azienda non sostenibile dal punto di vista economico. La sfida sarà quella di portare soluzioni con un costo sostenibile che consentano non solo la salvaguardia della salute del consumatore e ambientale, ma anche il mantenimento della produttività".

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