2025
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Insetti utili: 10 cose da sapere su una biofabbrica

Bioplanet alleva 28 specie tra insetti e acari utili destinati alla lotta biologica dei fitofagi dannosi. Oggi conta un centinaio di dipendenti, 3 sedi estere ed esportazioni in oltre 30 paesi nel mondo. Ecco come produce miliardi di insetti l'anno

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Bioplanet comprende 35 serre da 600 metri quadri ciascuna e un centinaio di celle climatizzate per allevamenti in condizioni controllate

Fonte immagine: Bioplanet

A Bioplanet si allevano circa 3 miliardi di insetti l'anno, destinati principalmente alla difesa integrata in 30 paesi nel mondo. Una cifra che dà subito l'idea dell'importanza crescente della lotta biologica nel panorama agricolo moderno. Ma cosa si intende davvero per insetti utili? E come funziona una biofabbrica?


Gli insetti utili servono a contenere le popolazioni di fitofagi. Questo accade spontaneamente in natura e ha ispirato il concetto di lotta biologica, intesa come impiego di predatori, parassitoidi o patogeni specifici per gestire in modo sostenibile gli organismi dannosi. Un mezzo di controllo che, se ben applicato, è selettivo, efficace nel lungo periodo e consente di ristabilire un equilibrio ecologico.


Ci sono diverse tecniche di lotta biologica: quella classica prevede l'introduzione di specie esotiche; quella inondativa funziona come un trattamento curativo perché gli insetti vengono rilasciati in massa; quella inoculativa consiste nel rilascio periodico degli ausiliari; infine, quella conservativa punta a creare ambienti favorevoli agli antagonisti già presenti in campo, con pratiche agronomiche pensate ad hoc.

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A supporto della lotta biologica sono nate le biofabbriche, veri e propri centri di produzione su larga scala di insetti antagonisti. Un esempio è Bioplanet, azienda romagnola situata a Cesena, che oggi fa parte del gruppo CBC, dove da anni allevano insetti destinati a serre, frutteti e coltivazioni in pieno campo.


Abbiamo intervistato Stefano Foschi, socio fondatore di Bioplanet e beneficials supervisor di BIOGARD®, divisione di CBC Europe. In questo articolo raccontiamo le 10 cose che abbiamo imparato durante la nostra visita alla biofabbrica.


Uno: da progetto di ricerca a parte di una multinazionale

Tutto è iniziato negli anni Ottanta, con la ricerca di alternative all'uso massiccio dei fitofarmaci di sintesi per la difesa delle piante: "Il territorio di Cesena, una volta caratterizzato per lo più da frutticoltura e dalla coltivazione della fragola, è oggi centro di lavorazione della frutta e sede di molti magazzini", racconta Stefano Foschi e continua. "L'uso particolarmente elevato dei prodotti chimici portò ad un'incidenza importante di malattie tumorali nell'ambito della popolazione agricola. Nasce perciò un processo di ricerca nel territorio, a cui aderì il mondo politico, quello imprenditoriale e agricolo locale e gli istituti di credito. Insieme collaborarono alla realizzazione di un laboratorio che si chiamava Biolab volto a fare ricerca e sperimentare, ma anche informare tecnici e agricoltori su pratiche alternative o integrative alla difesa chimica".

 

"Si puntò molto sull'utilizzo degli insetti utili - spiega Foschi - e quando alla fine degli anni Novanta il progetto si concluse, una parte dei dipendenti di Biolab decisero di fare dell'allevamento sperimentale degli insetti un'attività di tipo imprenditoriale. Costituirono una società cooperativa e crearono Bioplanet che divenne un'impresa privata che si sosteneva del proprio lavoro: produzione e vendita di insetti ed acari utili da destinare all'agricoltura, agli hobbisti e al settore del verde pubblico".

 

Bioplanet oggi conta un centinaio di dipendenti, 3 sedi estere - in Spagna, Francia e Grecia - ed esportazioni in oltre 30 paesi nel mondo.

 

Ma l'evoluzione di Bioplanet non finisce qui: "Nel 2023 abbiamo cominciato a guardare ancora di più nel lungo termine pensando a qualcuno che avesse interesse a portare avanti questa attività anche dopo di noi. La realtà che più ci ha stimolato è stata il gruppo CBC, una multinazionale giapponese conosciuta in Europa con il marchio BIOGARD®. Questa azienda si occupa della vendita e della commercializzazione di prodotti per la confusione sessuale, prodotti a base di microrganismi ed estratti vegetali. Gli mancava il tassello dei macro organismi, perciò dopo che CBC ha acquistato Bioplanet ha costruito, di fatto, un'azienda con un pacchetto completo a servizio degli agricoltori".

 

Due: si producono miliardi di insetti l'anno

Possiedono 28 specie a catalogo e nel complesso producono tra i 2,5 e i 3 miliardi di insetti l'anno.

 

"La maggior fonte di fatturato per noi è rappresentata dalla lotta agli acari, in particolar modo quella al ragnetto rosso con la produzione del Phytoseiulus persimilis. Si tratta di un acaro predatore specifico sul quale abbiamo investito gran parte della nostra superficie aziendale e ne produciamo un miliardo l'anno".

 

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Phytoseiulus persimilis

(Fonte: Bioplanet)


Segue la difesa a tripidi, mosche bianche, afidi, cocciniglie e cimici. A ogni fitofago corrisponde una squadra di antagonisti:

  • predatori di acari: Amblyseius andersoni e Phytoseiulus persimilis;
  • predatori di tripidi: Aeolothrips intermedius, Neoseiulus cucumeris, Orius laevigatus e Orius majusculus;
  • predatori di aleurodidi: Amblyseius swirskii, Delphastus catalinae e Macrolophus pygmaeus;
  • predatori di afidi: Adalia bipunctata, Aphelinus abdominalis, Aphidius colemani, Aphidoletes aphidimyza, Chrysoperla carnea, Exochomus quadripustulatus, Propylea quatuordecimpunctata;
  • predatori di psille: Anthocoris nemoralis;
  • predatori di cocciniglie: Cryptolaemus montrouzieri, Exochomus quadripustulatus, Nephus conjunctus;
  • predatori di Tuta absoluta: Macrolophus pygmaeus;
  • predatori terricoli: Stratiolaelaps scimitus;
  • parassitoidi di cocciniglie: Anagyrus vladimiri;
  • parassitoidi di cimici: Anastatus bifasciatus, Trissolcus basalis;
  • parassitoidi di afidi: Aphidius ervi;
  • parassitoidi di Liriomyza: Diglyphus isaea;
  • parassitoidi di lepidotteri: Trichogramma brassicae;
  • parassitoidi di aleurodidi: Encarsia formosa, Eretmocerus eremicus;
  • parassitoidi di Drosophila suzukii: Trichopria drosophilae;
  • bombi impollinatori;
  • nematodi entomopatogeni: Heterorhabditis bacteriophora, Steinernema carpocapsae, Steinernema feltiae.

Il numero di insetti a catalogo però è in continua evoluzione grazie all'attività di ricerca interna dell'azienda, che ha l'obiettivo non solo di migliorare l'efficienza delle produzioni, ma anche di individuare nuovi antagonisti per quei fitofagi emergenti che sempre più spesso arrivano nei nostri agroecosistemi.

 

"Essendo un'azienda privata, la nostra ricerca è ovviamente autofinanziata e ha scopi legati all'attività di impresa. Per cui, quando arrivano insetti dannosi nuovi nel nostro territorio, noi cerchiamo di lavorare per conto nostro su potenziali antagonisti già presenti nel nostro territorio. Se vediamo che può esserci una valenza tecnica, cioè se l'insetto è allevabile e il suo rilascio dà risposte positive, può essere considerato una possibilità di business e diventa un prodotto a catalogo", spiega Stefano Foschi.

Leggi anche: Insetti utili contro i fitofagi: le specie più importanti

Tre: in prima fila l'agricoltura integrata

Chi pensa che la lotta biologica sia collegata esclusivamente all'agricoltura biologica commette un errore. "L'agricoltura biologica per noi è meno del 10% del fatturato" - sottolinea Stefano - "È l'agricoltura convenzionale che oggi fa largo uso di insetti e acari utili, così come è sempre più attenta a tutti gli altri mezzi tecnici a basso impatto ambientale".

 

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Propylea quatuordecimpunctata

(Fonte: Bioplanet)


Il contesto normativo, con l'Ue che continua a ritirare principi attivi dal mercato, spinge nella stessa direzione. "Una volta c'erano prodotti ad ampio spettro, oggi restano pochi fitosanitari molto specifici che non sono comunque utilizzabili con continuità perché gli insetti dannosi, con cicli riproduttivi brevissimi, possono sviluppare resistenza", spiega Foschi. A questo si aggiungono le richieste di mercato: sempre di più la Gdo chiede prodotti a residuo zero o fortemente ridotto, anche senza richiedere esplicitamente il biologico. "Quindi i nostri prodotti sono diventati fondamentali non solo per produrre biologico, ma per produrre in generale".


Il mercato italiano, pur essendo storicamente più lento rispetto ad altri paesi, oggi sta crescendo, anche in settori inaspettati: "Uno dei mercati più interessanti per noi al momento è il controllo della cocciniglia della vite, sia su uva da tavola che su uva da vino. Questo discorso è nato più che altro da una esigenza di mercato, quella di non volere nelle produzioni di vino determinati principi attivi che, pur legali, non dovevano essere presenti in alcuni mercati internazionali".


Oltre alla difesa, si lavora anche sull'impollinazione. I bombi, tradizionalmente utilizzati nel pomodoro, stanno trovando spazio anche in colture da frutto come albicocco, susino, pero e soprattutto kiwi. "I bombi sono degli organismi con una buona rusticità, che in alcuni momenti stagionali sono anche più efficienti delle api. I bombi volano anche con pioggia, nuvole e quando le temperature non sono particolarmente elevate. Oggi sono un prodotto industrialmente molto facile da reperire, per cui hanno dei costi nettamente più accettabili rispetto a 10 anni fa", spiega Stefano Foschi.


Quattro: si producono e si vendono tutto l'anno

Fino a qualche anno fa il mercato degli insetti utili era soprattutto una questione estera. "Nei paesi del Nord Europa come Olanda, Danimarca e Finlandia, l'utilizzo degli insetti utili era già una realtà consolidata, tant'è che inizialmente il mercato estero era per noi decisamente più importante in termini quantitativi rispetto al mercato italiano".

 

"Poi nel 2007 - continua Foschi - l'esportazione di prodotti ortofrutticoli dalla Spagna, in particolare da Almeria, città a Sud caratterizzata da circa 30mila ettari di serre, fu ridimensionata a causa di una elevata presenza di residui chimici nei prodotti. Così, in poco tempo, la Spagna divenne uno dei maggiori acquirenti di insetti utili a livello europeo. Questo ha dato un grosso stimolo alla nostra crescita e ci ha consentito di poter produrre e vendere tutto l'anno".

 

Cinque: solo insetti autoctoni

Le biofabbriche, per legge, possono allevare solo insetti che risultano già presenti sul territorio: "Il che non vuol dire che tutti gli insetti siano autoctoni e quindi originari del nostro paese. Ci sono, infatti, moltissimi insetti che vengono rilasciati ormai dall'inizio del secolo scorso e sono quindi considerati naturalizzati". Un esempio è quello del Cryptolaemus montrouzieri, una coccinella di origine australiana introdotta nel nostro territorio già tra la fine del 1800 e l'inizio del 1900, ormai diventata parte della nostra biodiversità.

 

Diverso è il discorso per specie più recenti, come la cosiddetta vespa samurai (Trissolcus japonicus), un parassitoide esotico della cimice asiatica (Halyomorpha halys). "La vespa samurai non può essere allevata nelle biofabbriche, allevamento e rilascio sono consentiti solo all'interno di programmi pubblici".

 

Sei: sistemi di allevamento innovativi

I sistemi di allevamento di Bioplanet possono essere di 2 tipologie a seconda dell'insetto utile.

 

I parassitoidi necessitano della loro preda o del loro ospite per essere allevati: "Di conseguenza - spiega Stefano Foschi - noi siamo costretti ad allevare anche il fitofago e a coltivare una pianta. In questo caso il ciclo di produzione può durare diverse settimane o addirittura mesi, perché partiamo dalla semina di una piantina che può essere infestata solo quando raggiunge il giusto grado di sviluppo. Poi, quando anche la popolazione del fitofago raggiunge a sua volta un certo grado di sviluppo è pronta per essere inoculata con l’insetto utile. Il ciclo si conclude con la raccolta di quest'ultimo. Tutto questo normalmente viene fatto in serra".


Gli insetti e gli acari predatori invece possono essere allevati in condizioni totalmente artificiali, quindi in una cella climatizzata: "L'allevamento è in scatola e noi diamo il substrato su cui deporre e un alimento. In questo caso il ciclo di produzione è legato esclusivamente al ciclo dell'insetto utile. L'Orius laevigatus è un insetto simbolo di questo tipo di allevamento. Cresce infatti in scatola su un substrato vegetale (un frutto, un legume, una foglia o una certa essenza vegetale) su cui depone le uova. Come nutrimento gli diamo delle uova di Ephestia kuehniella, che è la tignola della farina, che acquistiamo".

 

"Al momento la nostra azienda è composta da 35 serre, di dimensioni varie, coltivate in fuori suolo, e da un centinaio di celle climatizzate per allevamenti in condizioni totalmente artificiali, per un totale di circa 2 ettari di superficie coperta".

 

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Le celle climatiche per l'allevamento in condizioni artificiali

(Fonte: Bioplanet)

 

Dopo di che questi insetti vanno raccolti e confezionati: "Al momento - ci spiega Stefano - non esistono sul mercato macchine per fare questo lavoro. Noi però abbiamo meccanizzato la gran parte delle operazioni con macchine che ci costruiamo da soli. Progettiamo dei prototipi che poi vengono sviluppati, magari con aziende che lavorano per altri settori".

 

Sette: non basta rilasciare insetti nell'ambiente

La lotta biologica si è sviluppata inizialmente soprattutto in serra: "Si tratta di coltivazioni ad alto reddito, con delle problematiche che sono esaltate", afferma Foschi.

 

"Ma oggi la situazione è diversa e gli insetti utili vengono abbondantemente utilizzati sulle colture estensive anche grazie all'ausilio di droni che consentono di fare introduzioni su ampie superfici in poco tempo".

 

In pieno campo la lotta biologica funziona anche meglio, perché è più facile ricreare degli equilibri soprattutto nel lungo periodo. Ma servono delle accortezze: "È molto efficace, per esempio, lasciare che delle essenze vadano a fiore. Il polline e il nettare di cui sono ricce, può attirare parassitoidi glicifagi (che si nutrono prevalentemente di sostanze zuccherine), che così saranno già in campo quando arriverà il fitofago. Queste piante possono anche attirare afidi diversi da quelli dannosi, ma capaci di attirare comunque coccinelle che poi mangeranno anche gli afidi sulla coltura". Un patrimonio di biodiversità che a lungo andare crea un equilibrio.

 

Otto: ogni insetto ha la sua "carta d'identità"

Le biofabbriche non possono allevare tutto ciò che vogliono. Anche le specie autoctone, prima di essere prodotte e vendute, devono essere identificate geneticamente: "Devono avere una patente genetica", spiega Stefano Foschi e per ogni insetto, bisogna documentare l'origine, dalla cultura agricola alla regione geografica.


Un passaggio essenziale, soprattutto per l'esportazione: "Dobbiamo produrre un certificato che attesti la veridicità delle specie che abbiamo in allevamento, e serve anche come garanzia di introduzione di una specie che è consentita. In questo modo abbiamo un'ulteriore conferma che stiamo introducendo in un'area un animale che è compatibile con l'ambiente".


Uno degli aspetti più delicati è poi il mantenimento delle performance produttive attraverso il rinnovamento, con una certa continuità, dei ceppi di allevamento. "Dopo molte generazioni, il rischio è il decadimento genetico: meno fertilità, più malattie, minore efficacia in campo. Per cui c'è un continuo arrivo programmato di insetti ed acari utili da nostri colleghi esterni che vengono analizzati geneticamente, sottoposti a test di performance veri e selezionati a seconda di caratteristiche per noi ottimali". Per questo, a Bioplanet c'è un laboratorio di biologia molecolare.

 

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Il laboratorio di biologia molecolare di Bioplanet

(Fonte: AgroNotizie®)

 

Nove: obiettivo competitività

La qualità non basta. Perché un insetto utile possa essere davvero adottato su larga scala, deve anche essere economicamente accessibile. "La principale sfida - spiega Foschi - è avere un prodotto che sia competitivo in termini di costo con qualsiasi altro mezzo tecnico. E sono stati fatti progressi enormi in questo senso.

Oggi molti agricoltori si sorprendono scoprendo che i costi di un rilascio mirato con insetti utili sono spesso inferiori a quanto immaginato. Questo perché negli anni siamo riusciti a migliorare le performance produttive e a ridurre i costi di produzione".


"Potremmo avere il miglior insetto al mondo, ma se non è allevabile e non ha un costo sostenibile per l'agricoltore allora non possiamo sfruttarlo", afferma Stefano Foschi per concludere.

 

Dieci: ci vogliono competenze

Gli insetti utili non sono prodotti da scaffale: non si conservano, non si stoccano, e devono essere rilasciati in campo entro 24 ore dall'arrivo in azienda. Ecco perché servono le giuste competenze per utilizzarli in campo.


"Gli insetti non sono come un prodotto chimico - spiega Foschi - il loro utilizzo richiede programmazione e competenze tecniche".

 

Il consiglio? "Affidarsi a delle persone o a delle strutture con competenze tecniche che possono insegnare ad osservare meglio. Per esempio, se in campo ci sono delle piante infestate dal ragnetto rosso e l'agricoltore riconosce solo quello, pensa subito di dover trattare. Ma se gli viene insegnato a guardare come con una lente più da vicino, potrebbe notare delle uova o degli adulti di Phytoseiulus persimilis. Questo vuol dire che in campo c'è un percorso che sta avvenendo che l'agricoltore probabilmente non avrebbe visto".

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