Questa malattia è molto pericolosa per i danni che provoca alle produzioni di mele di zone collinari e montane del nord Italia, anche se la sua diffusione è in espansione. Il responsabile di questa malattia è il fitoplasma Candidatus Phytoplasma mali, appartenente allo stesso gruppo degli agenti responsabili del “pear decline” e del “giallume europeo delle drupacee”. Questo patogeno è sottoposto a norme di quarantena nell’Unione europea (Direttiva 2000/29/ce) e di lotta obbligatoria su tutto il territorio nazionale (decreto ministeriale 23/02/2006); data la pericolosità della malattia e l’obbligo di lotta gli agricoltori, o altri, devono avvertire subito i propri Servizi Fitosanitari Regionali (SFR) in caso di sintomi sospetti negli impianti.
L’epidemiologia della malattia è identica a quella di altre fitoplasmosi, la diffusione avviene tramite moltiplicazione vegetativa e vettori (insetti). In campo la malattia si può diffondere attraverso insetti vettori, è stata dimostrata la capacità di trasmissione da parte di due psille, Cacopsilla melanoneura e C. picta, che sono le maggiori responsabili della diffusione del fitoplasma in Italia ed Europa; è stato dimostrato che anche una cicalina, Fiebeirella florii, è in grado di veicolare la malattia anche se la sua presenza è solo sporadica nei meleti. La malattia si può trasmettere da una pianta all’altra anche tramite fusione di radici di piante adiacenti e tramite l’innesto. La diffusione a lunga distanza avviene tramite il materiale di moltiplicazione vivaistico. Tutte le varietà di melo coltivate sono suscettibili alla malattia, tra le più soggette vi sono: Golden Delicious, Red Delicious, Gala, Granny Smith, Jonathan, Renetta del Canada. Molto sensibili sembrano essere le varietà resistenti alla ticchiolatura, derivate dagli incroci con Malus floribunda come Florina, Prima e Priscilla. Portinnesti poco vigorosi (EM9) riducono i sintomi sulla chioma.
Le piante affette da questo fitoplasma presentano vegetazione affastellata per la presenza di rami in cui si sono sviluppati germogli formatisi dalla schiusura anticipata delle gemme quiescenti e ascellari, ciò è dovuto alla perdita di dominanza apicale; tali rami hanno l’aspetto di scope. I germogli colpiti vanno incontro a ripresa vegetativa anticipata. Le foglie si presentano più piccole, più lunghe, con i margini seghettai e i piccioli raccorciati; spesso sono clorotiche e formano una rosetta sull’apice dei germogli. Le stipole (espansioni fogliformi alla base del picciolo) sono ingrossate e sono 4-6 per foglia. A fine estate vi sono degli arrossamenti fogliari accompagnati spesso da una tipica colorazione bronzea. I fiori appaiono deformati e con un numero maggiore di petali, a volte virescenti (di colore verde); il peduncolo è allungato e il corimbo può presentare proliferazioni. Il danno più grave avviene sui frutti, questi rimangono piccoli, poco colorati, insapori e con il picciolo molto allungato. All’inizio solo pochi rami presentano i sintomi, mentre con il tempo sempre più rami diventano sintomatici. Le piante colpite diventano più suscettibili ad oidio e a Phytophthora (al colletto). Le piante giovani reagiscono all’infezione con l’emissione di ricacci basali dal tronco e i sintomi possono apparire su tutta la chioma, mentre sulle piante adulte i sintomi si possono manifestare solo su poche branche. Dopo alcuni anni i sintomi tendono ad attenuarsi ed in alcuni casi vi è la scomparsa.
La lotta è esclusivamente preventiva; è importante usare materiale sano certificato, estirpare le piante infette, evitare interventi che inducano le piante alla vigoria, come abbondanti concimazioni e potature energiche; scegliere portinnesti poco vigorosi. È molto importante avvisare i propri Servizi Fitosanitari in caso di sintomi sospetti in campo.
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