N. galligena (forma ascofora) e C. mali (forma conidica) sono gli agenti di una malattia che, pur provocando i danni maggiori sul melo, può infettare anche il pero e diverse altre piante arboree. Diffuse in un'area geografica molto vasta, risultano particolarmente pericolose nei climi temperati e umidi.
Le fruttificazioni sessuate di N. galligena si presentano in forma di periteci rotondeggianti, visibili a occhio nudo, di colore rosso vivo, di solito localizzati lungo i cancri formatisi nelle annate precedenti. Tali fruttificazioni iniziano generalmente a differenziarsi in autunno, raggiungendo la maturità in primavera.
Le fruttificazioni agamiche di C. mali si manifestano nei mesi primaverili ed autunnali, in presenza di alti valori di umidità, anche in corrispondenza di cancri relativamente giovani; si presentano in forma di masse biancastre di conidiofori (sporodochi) dai quali si liberano conidi ialini, cilindrici, leggermente ricurvi e pluricellulari (con 3-5 setti trasversali).
Il fungo si propaga attraverso ascospore e conidi, percorrendo grazie al vento, alla pioggia e ad altri vettori anche grandi distanze. Forte umidità e temperatura favorevole (optimum 18-24°C, con minime di 5°C e massime di 30°C) consentono al patogeno di germinare producendo un promicelio che penetra nella pianta ospite attraverso lesioni di qualsiasi natura (ferite da grandine, da gelo, dal distacco dei peduncoli fogliari, ecc.) o attraverso le lenticelle. Le infezioni più gravi si registrano in autunno, periodo in cui le lesioni causate dalla caduta delle foglie, non ancora cicatrizzate, costituiscono una via preferenziale di inoculo della malattia. I sintomi dell'infezione si manifesteranno a fine inverno, in concomitanza della ripresa vegetativa. Attacchi di considerevole intensità si possono verificare anche in primavera su piante danneggiate dal freddo.
L'infezione si manifesta in primis sugli organi legnosi con piccole tacche leggermente depresse, di colore bruno, localizzate principalmente alla base di un giovane rametto o attorno ad una precedente ferita. In un secondo tempo, in corrispondenza delle citate tacche, la corteccia necrotizza e tende a fessurarsi e distaccarsi; attorno si forma un cercine cicatriziale in rilievo che viene a sua volta infettato dal fungo. Il progredire dell'infezione porta ogni lesione ad assumere la consistenza di un cancro vero e proprio, con bordi in rilievo e slabbrati, al cui centro si evidenzia una necrosi che interessa le parti più profonde dell'organo colpito. Il patogeno, sulle piante più sensibili, progressivamente lede i tessuti legnosi dei rami in accrescimento. I rami colpiti da cancri tendono a spezzarsi sotto sollecitazione del vento e di altri fattori esterni. Nei casi più estremi la lesione può recingere completamente la circonferenza del ramo, cagionando il disseccamento dell'intera porzione distale.
I frutti risultano assai meno soggetti all'attacco del patogeno, tranne che negli ambienti molto umidi.Questi se infettati evidenziano, in fase di raccolta e immagazzinamento, tacche brunastre, posizionate soprattutto nell'area calicina, che si ricoprono di piccoli cuscinetti conidici di colore biancastro.
Prediligere per i nuovi impianti terreni asfittici. Curare particolarmente il drenaggio prevenendo ristagni idrici. Evitare concimazioni azotate eccessive. Asportare i rami infetti e, laddove non sia possibile eliminare l'intera branca, procedere alla rimozione 'chirurgica' delle masse cancerose, trattando poi tali tagli con una soluzione cuprica molto concentrata.
indipendentemente dalla coltura
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