La maculatura bruna è considerata la più grave malattia fungina del pero; causata dall’agente fungino S. vesicarium, forma asessuata dell’ascomicete Pleospora allii. Per anni è stata conosciuta come “alternariosi del pero” col fatto che l’agente responsabile sembrava essere il fungo Alternaria alternata. Stemphylium vesicarium, con un suo ceppo (patotipo), attacca anche l’asparago causando la “stemfiliosi dell’asparago”.
S. vesicarium sverna attraverso gli pseudoteci (corpi fruttiferi) presenti sui residui della vegetazione del pero e sui residui vegetali del cotico erboso. Gli pseudoteci maturano in un periodo compreso tra dicembre e maggio, con una concentrazione tra metà marzo e metà aprile. In concomitanza di eventi piovosi avviene il rilascio delle ascospore (spore prodotte dagli ascomiceti), quelle rilasciate in inverno e inizio primavera vanno a depositarsi sui resti del cotico erboso; su questo, S. vesicarium vive come saprofita (cioè a spese di materiale organico in decomposizione) e lo colonizza; da li, durante tutta la stagione, vi è la produzione dei conidi che genereranno le infezioni sul pero. La produzione dei conidi avviene solo con condizioni di prolungata bagnatura, elevata umidità relativa e temperature comprese tra i 15 e i 28 °C, per questo la produzione dei conidi avviene solo raramente sulla vegetazione del pero in quanto non si creano le condizioni ambientali idonee. I conidi, arrivati sul pero, richiedono per la germinazione condizioni di bagnatura, umidità molto elevata (98-100%) e temperature di 20-30 °C. La malattia è quindi influenzata dalle condizioni climatiche (in particolare dall’umidità) ma anche dalla fase fenologica (foglie e frutti in accrescimento sono molto suscettibili) e dalle varietà. Varietà molto sensibili sono Abate Fétel, Decana del Comizio, Conference e Passa Crassana, mentre varietà poco suscettibili sono William, Max Red Burlet, Santa Maria, Spadona, ecc. Quindi i punti chiave del ciclo di questa malattia sono il cotico erboso, l’acqua e la suscettibilità varietale.
La pericolosità di S. vesicarium deriva dalla sua capacità di produrre tossine (tossine ospite-specifico) fin dalle prime fasi di germinazione dei conidi, producendo così le lesioni, rendendo la difesa molto difficile.
La malattia è particolarmente presente in quei frutteti situati in zone umide, con terreni pesanti e poco drenati ed è favorita da impianti particolarmente fitti, irrigazioni soprachioma e su piante già debilitate.
La malattia è capace di colpire tutti gli organi verdi della pianta ma i danni più gravi avvengono sui frutti, dove ne possono essere colpiti anche oltre il 90 % causando perdite ingentissime.
Sulle foglie compaiono delle maculature necrotiche che col tempo si allargano interessando buona parte della superficie fogliare e assumendo una forma irregolare e dal colore bruno-scuro. Anche piccioli e rametti allo stato erbaceo possono essere colpiti con lo sviluppo di macule simili a quelle fogliari. In genere i primi sintomi fogliari compaiono già da fine aprile. Sui frutti il sintomo è costituito inizialmente da piccole tacche necrotiche di pochi millimetri, depresse e dal colore bruno scuro; con l’accrescimento del frutto anche queste aumentano di superficie diventando delle vere maculature necrotiche rotondeggianti, molto spesso circondate da un tipico alone rossastro. In genere le maculature sono presenti nella zona calicina o sulla superficie rivolta verso l’esterno della pianta. Il danno sul frutto non è solo superficiale perché con l’avvicinamento della maturazione si sviluppa un marciume molle della polpa con un andamento a cuneo verso la zona interna del frutto; spesso questo marciume è un’ottima via di penetrazione per altri microrganismi agenti di marciume che accelerano il processo disgregativo. Le prime infezioni sui frutti compaiono da maggio per continuare fino alla raccolta (periodo di massima sensibilità insieme al periodo di fine primavera-inizio estate).
I primi interventi possibili sono quelli rivolti a evitare condizioni favorevoli al patogeno: scelta di terreni non troppo umidi, favorire il drenaggio, evitare irrigazioni soprachioma e evitare che la vegetazione sia troppo fitta, specialmente negli ambienti con elevata umidità relativa. Altri interventi possono essere rivolti a diminuire il potenziale d’inoculo (la quantità di patogeno in campo) come: eliminazione dei frutti infetti, interrare le foglie e distribuire urea per accelerare la loro decomposizione.
indipendentemente dalla coltura
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