Presente ormai in tutti gli areali di coltivazione della barbabietola in maniera più o meno diffusa, è in grado di sopravvivere su numerose piante, sia coltivate (cavolo, broccolo, ravanello, ecc.) che spontanee.
Tuttavia gli ospiti principali risultano essere barbabietola e colza, sui quali riesce a compiere uno sviluppo più rapido.
H. schachtii riesce a compiere dalle 2 alle 4 generazioni all’anno nel Nord Italia in funzione di parametri fondamentali per lo sviluppo quali temperatura superiore ai 10°C (temperature inferiori agli 8-10°C ne bloccano lo sviluppo).
Si conserva nel suolo in strutture chiamate cisti le quali al loro interno portano le larve del nematode. Con l’innalzamento delle temperature e grazie alle sostanze chimiche rilasciate dalle radici le larve vengono stimolate ad uscire dalle cisti.
er chemiotassi e veicolate dall’acqua si muovono verso le radici dove penetrano all’interno raggiungendo il tessuto vascolare.
Dalla lisi delle cellule della radice si origina una tasca che consente alle larva di nutrirsi.
Le femmine fissate alle radici tramite lo stiletto, di forma limoniforme vengono fecondate dai maschi (filiformi), liberi di muoversi nel terreno, producono dalle 100 alle 300 uova all’interno dell’ovisacco che rimane all’esterno della radice entro le quali si originano le larve al primo stadio di sviluppo.
Trascorso il primo stadio, dopo alcune settimane passano al secondo stadio fuoriuscendo dall’uovo.
A questo punto penetrano nelle radici e iniziano a nutrirsi. Raggiunto il terzo stadio cominciano ad ingrossarsi e, attraverso la muta giungono al quarto in cui diventa evidente il dimorfismo sessuale, dando inizio, se le condizioni ottimali permangono ad un ciclo successivo.
Il nematode provoca alterazioni alle cellule radicali con funzione assorbente, determinando degli squilibri nutrizionali tali da causare notevoli perdite di produzione.
Inoltre si assiste a un minor sviluppo vegetativo, con conseguente afflosciamento e ingiallimento delle foglie nelle ore calde della giornata.
Per la diagnosi in campo è necessario estirpare alcune piante nella zona del campo che manifesta afflosciamenti fogliari; se si osserva con attenzione è possibile vedere a livello delle radichette le tipiche cisti biancastre di forma limoniforme.
L’analisi del terreno assume una valenza di elevata importanza in quanto permette di quantificare la popolazione del parassita presente e pertanto permette al coltivatore di decidere se coltivare bietola o di eventualmente allungare il periodo di rotazione o di impiegare varietà tolleranti.
Visto l’elevato impatto ambientale ed economico dell’impiego dei fumiganti, questa pratica è oramai del tutto abbandonata.
In aiuto per il controllo del parassita vengono le pratiche agronomiche:
- Ampie rotazioni (quadriennali/quinquennali);
- Eliminazione delle malerbe durante tutta la rotazione (Amaranthus retroflexus, Ammi majus, Anagallis arvensis, Atriplex patula, Capsella bursa pastoris, Chenopodium album, Fallopia convolvulus, Polygonum persicaria, Portulaca oleracea, Raphanus raphanistrum, Rumex acetosella, Sinapis alba, Solanum nigrum, Stellaria media); Evitare di coltivare piante ospiti (Cavolo, Colza, Pomodoro, Ravanello, Ravizzone, Spinacio e conseguente utilizzazione di colture non ospiti: Erba medica, Fagiolino, Frumento, Girasole, Mais, Orzo, Patata, Soia, Sorgo, Tabacco; Buone pratiche di coltivazione (sistemazioni idrauliche, impiego di attrezzature pulite etc.);
- Ricorrere alla semina anticipata per sfalsare il ciclo tra la coltura e il parassita;
- Anticipo della raccolta su terreni particolarmente infestati e con varietà particolarmente sensibili;
- Riguardo al controllo biologico del parassita, l’impiego del sovescio di brassicacee fornisce un interessante contributo.
Per le rotazioni si utilizzano generalmente varietà biocide di rafano e di senape in cui il nematode non riesce a completare il suo ciclo biologico con l’effetto finale di riduzione del livello di infestazione nel suolo.
indipendentemente dalla coltura
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