2019
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Api: insetticidi nel mirino in Nordamerica - Parte I

Ondata di proteste in Usa contro le autorizzazioni di emergenza di alcuni insetticidi, mentre il Canada muove verso il bando di clothianidin e thiametoxam. Ma le api come stanno?

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Api e insetticidi: cosa sta succedendo in Nordamerica

Fonte immagine: © Matteo Giusti - AgroNotizie

L'hanno battezzata "Bee-pocalypse", ovvero l'apocalisse delle api, e da una dozzina di anni è il fulcro della comunicazione, ma anche della disinformazione, su media e social. Il dito accusatore, come facilmente prevedibile, è sempre puntato contro l'agricoltura in generale e contro gli insetticidi in particolare. Ancora fresco in tal senso risulta infatti il caso methiocarb in Friuli, ove l'insetticida usato come conciante venne accusato di aver fatto strage di api, salvo poi scoprire che trattavasi di accuse false.

L'acrimonia chemofobica giunge poi ai massimi livelli se gli insetticidi appartengono alla famiglia dei neonicotinoidi o similari. Se infatti in alcune aree del Globo continuano a essere utilizzati normalmente, in altre pare ormai inarrestabile la loro caduta in disgrazia, come avvenuto recentemente in Francia.

Tra i diversi casi emblematici a disposizione, da usare quali veri e propri case history, se ne ravvisano in particolar modo due recentemente osservati in Usa e in Canada.
Negli Stati Uniti, nel 2019, in nome delle api si sono infatti levate le proteste per la decisione della Environmental protection agency di autorizzare sulfoxaflor per usi eccezionali su 14 milioni di acri di terreni agricoli. In Canada, nel 2018, ci si è mossi invece verso il bando di chlotianidin e thiamethoxam, sempre brandendo come argomento la salvezza delle api. Una salvezza che peraltro non pare sia messa in discussione, visti i dati Fao sulle api allevate che darebbero le colonie mondiali in aumento del 45% nell'ultimo mezzo secolo.

Da mesi impazzano quindi i media e i siti di stampo ambientalista, ora tuonando contro l'Epa americano, rea secondo loro di aprire la strada ai "killer delle api", ora plaudendo all'iniziativa delle Autorità canadesi, seppur brontolando per la lentezza con la quale esse stanno procedendo al bando stesso. Per trattare i due casi si sono quindi predisposti specifici articoli, il primo dei quali è dedicato al caso americano.
Cosa dicono infatti i numeri, sia degli insetticidi, sia delle api?


Esenzioni e polemiche

In questa prima parte dell'approfondimento si analizzerà il caso delle esenzioni di emergenza che l'Epa ha emesso nel 2019, scatenando le ire degli ecologisti. Fra le sostanze attive esentate compare infatti l'insetticida sulfoxaflor, il quale è stato autorizzato in 12 stati per controllare alcuni specifici parassiti del cotone e della canna da zucchero. Stati che salgono a 14 per il sorgo. Le esenzioni hanno di fatto autorizzato l'insetticida per un periodo ben definito e in aree geografiche altrettanto definite all'interno di ciascuno Stato considerato. Una serie di deroghe quindi molto mirate per target e limitate nel tempo e nello spazio.

Per esempio in Alabama, su sorgo, è stata concessa l'autorizzazione per 45mila acri, attaccati dall'afide della canna da zucchero. Altri 75mila acri di cotone si sono aggiunti per contrastare Lygus lineolaris, salendo a 420mila acri in Arkansas. E così, via, stato per stato, coltura per coltura, acro per acro, parassita per parassita. In totale sono stati contabilizzati 14 milioni di acri toccati da tali autorizzazioni per usi emergenziali. Da qui l'accusa mossa all'Epa di aver aperto la strada a un eccidio di impollinatori, lasciato a intendere di proporzioni bibliche, quasi che tale ecatombe avrebbe riguardato praticamente tutto il Paese. Le cose però, come spesso accade, non stanno affatto come sono state raccontate.
 

Le esenzioni in numeri

Un acro equivale a poco più di 0,4 ettari. In sostanza, 14 milioni di acri corrispondono a cinque milioni e 665mila ettari circa. Potrebbe sembrare un'enormità adottando i criteri italiani, dato che tutta la nostra superficie agricola nazionale è di poco superiore ai 12 milioni di ettari. Ma gli Stati Uniti sono ben più grandi e di acri coltivati ne annoverano più di 900 milioni, equivalenti a quasi 370 milioni di ettari. La superficie autorizzata per gli usi di emergenza è quindi solo l'1,5% del totale agricolo americano e poco più dello 0,5% dell'intero territorio statunitense.

Dura quindi sostenere che tali autorizzazioni emergenziali possano avere un impatto significativo sugli impollinatori a stelle e strisce. Anche perché tali autorizzazioni sono state rilasciate su aree già di per sé ampiamente trattate con diverse sostanze attive per la protezione delle colture, quindi non certo paragonabili a realtà geografiche di alto valore ambientale come possono essere i parchi nazionali di Yellowstone o Yosemite.

Scarica il parere di Epa su sulfoxaflor
 

Api e miele negli Usa

Bene sarà quindi analizzare i dati sulla produzione di miele americana degli ultimi vent'anni, la quale ha mostrato un andamento altalenante in funzione soprattutto delle condizioni climatiche, ma tendenzialmente in calo dal 1998 fino al 2012, partendo da un valore iniziale intorno ai cento milioni di tonnellate, diminuito poi fino ai circa 63 milioni nel 2012.

Alcuni anni hanno mostrato inversioni di tendenza, come il 2008 (in piena "Bee-pocalypse"), risalito a 74 milioni di tonnellate dopo un 2007 con soli 67 milioni. Ancora, il 2010 ha segnato circa 80 milioni di tonnellate contro i 66 milioni del 2009. Nel 2006, prima dell'allarme per la cosiddetta Colony collapse disease, la produzione di miele era già calata a soli 70 milioni di tonnellate, segnando un -30% rispetto al record ventennale del 1998, ripetutosi poi nel 2000. Quindi qualcosa non andava nell'apicoltura statunitense già da diversi anni.

Dopo il 2012, però, la produzione di miele ha ripreso a salire toccando i 68 milioni di tonnellate nel 2013 e gli 81 milioni circa nel 2014. Negli anni successivi ha invece ripreso a scendere, con il 2017 che si è poi riportato sui valori di dieci anni prima, con circa 67 milioni di tonnellate. Un andamento in su e in giù che ben poco pare abbia a che vedere con gli usi di insetticidi in America.

Ciò che perplime è che infatti l'uso di agrofarmaci in Usa abbia toccato un picco nel 1981, decrescendo progressivamente soprattutto per quanto riguarda gli insetticidi, calati questi per lo più grazie all'avvento delle colture geneticamente modificate per resistere agli insetti, cotone e mais in primis, contraendosi vistosamente rispetto agli usi ben più massicci rilevatisi negli anni '60 e '70.

Se per esempio negli anni '80 veniva trattato più del 40% della superficie a mais, già nel 2007-2008 (anni del caso "Bee-pocalypse") tale percentuale era scesa a circa il 18%, cioè più che dimezzata. Nel cotone si è scesi dall'83% del 1999 al 62% del 2008. Un trend in calo notevole, se si pensa ai trattamenti a tappeto effettuati nei decenni passati con esteri fosforici, piretroidi e carbammati, anch'essi tossici per le api. Senza parlare degli usi cospicui di Ddt negli anni 60'.

In sostanza, il "caso api", nato soprattutto nel quadriennio 2007-2010, parrebbe scoppiato durante una fase storica in cui gli insetticidi in America stavano calando progressivamente negli usi. Un trend che ricorda da vicino quello italiano, per il quale gli insetticidi sono di fatto dimezzati nelle tonnellate impiegate dal 2000 al 2015. Ciò nonostante, è stato per lo più su di essi che si sono concentrati gli attacchi mediatici, quasi che il loro utilizzo fosse "sempre più massiccio", espressione molto cara a chi abbia fatto dell'allarmismo una professione.

A dispetto di ciò, l'analisi dei dati storici lascia invece intuire come il ruolo degli insetticidi sia da considerare marginale nell'altalena numerica sia di colonie, sia di produzioni di miele, che si è mostrata in America negli ultimi vent'anni. E forse qualche dubbio dovrebbe finalmente iniziare a farsi largo anche in Italia, visti i trend vistosamente in calo di tale famiglia di agrofarmaci.

Nella prossima puntata, come detto, si analizzerà la situazione canadese. Perché anche nel Paese degli aceri le istanze abolizioniste pare dicano cose diverse dai dati ufficiali sulle api e sul miele.

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