2025
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Pesco: tra cambiamenti climatici e biosoluzioni

A Macfrut 2025 si è parlato del calo delle superfici coltivate a pesco in Italia ma anche di soluzioni tecniche innovative per far fronte ai cambiamenti climatici e alle problematiche fitosanitarie. Uno sguardo alle biosoluzioni per la difesa sostenibile

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Di cosa si è parlato al congresso sul pesco e le biosoluzioni?

Fonte immagine: © Agronotizie

Negli ultimi 20 anni le superfici in Italia dedicate alla coltivazione del pesco hanno subito un calo del 20%. Quali sono le cause principali di questa flessione? E quali strategie si possono mettere in campo per invertire la rotta e ridare valore alla filiera?


A questa domanda si è cercato di rispondere durante il convegno "Quali biosolutions per pesche di qualità?", che si è tenuto il 7 maggio a Macfrut 2025, organizzato da Agri 2000 Net.


Le biosoluzioni sono strumenti innovativi che stanno guadagnando sempre più spazio nella produzione ortofrutticola, con l'obiettivo di rispondere in modo sostenibile alle esigenze di difesa, nutrizione e biostimolazione. Il convegno è stato un'occasione per approfondire soluzioni tecniche e di mercato, mettendo a confronto le necessità della filiera e le proposte dell'industria.


Pesco in Italia: dalla crisi di mercato alla crisi di produzione

Una volta si parlava di crisi commerciale per il mercato delle pesche, caratterizzata principalmente da sovrapproduzione, concorrenza mediterranea (in primis la Spagna) e qualità spesso mediocre del prodotto.

 

Oggi il panorama è cambiato. Se da un lato l'offerta è decisamente migliorata grazie soprattutto all'introduzione di nuove varietà - precoci, a basso fabbisogno in freddo e con frutti di forma e colorazione più uniforme e attraente - dall'altro si assiste a una vera e propria crisi produttiva.


Nel 2003 in Italia si contavano 64.553 ettari coltivati a pesco, con il 21,8% localizzato in Emilia Romagna e il 26,4% in Campania. Nel 2024 gli ettari sono scesi a 36.692, con solo il 6,6% in Emilia Romagna e un 38,8% in Campania. Il baricentro produttivo si è spostato al Sud, ma le problematiche rimangono comuni: cambiamenti climatici, nuove fitopatie, aumento dei costi (impianti, energia, mezzi tecnici) e difficoltà nel reperire manodopera specializzata.

 

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(Fonte: Carmelo Mennone - Alsia Basilicata)

 

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(Fonte: Carmelo Mennone - Alsia Basilicata)


I cambiamenti climatici, tra gelate tardive, alluvioni e ondate di calore, impongono l'uso di sistemi di prevenzione e protezione, come impianti antibrina o antigrandine. Ma non sempre è possibile visto l'alto investimento economico che richiedono.


Sul fronte fitosanitario ci sono meno principi attivi disponibili e la lotta alle avversità diventa più complessa. Per questo si punta sempre più sul biocontrollo, sulle biotecnologie e su nuovi genotipi resilienti.

 

Le biosoluzioni risultano efficaci, per esempio, contro tripidi (come Taeniothrips meridionalis, Thrips spp., Frankliniella occidentalis) grazie ad antagonisti naturali (rincoti, antocoridi e acari fitoseidi) oppure contro Anarsia lineatella e Cydia molesta, per le quali si possono usare tecniche di confusione sessuale, disorientamento o il Bacillus thuringiensis.


Oltre agli interventi diretti, è fondamentale agire anche in modo indiretto. Si moltiplicano infatti i segnali di degrado dell'agroecosistema, con casi di degenerazione dei peri, disseccamento del kiwi, danni preoccupanti su meli, peschi e ciliegi. Una delle cause principali è il progressivo impoverimento del suolo, spesso trascurato nonostante l'intensificazione colturale. Infatti, la crescente intensificazione delle coltivazioni con sesti di impianto più stretti e una maggiore densità di alberi per ettaro, si traduce in spazi aerei e radicali limitati. Questo, a sua volta, riduce la crescita vegetativa e favorisce un inizio precoce della produzione.

 

L'agroecosistema risultante diventa delicato e fragile, con radici che faticano a trovare nicchie adeguate per l'assorbimento dei nutrienti; si ostacola così la loro plasticità e la loro adattabilità a condizioni esterne ostili.


La salute dell'apparato radicale è fondamentale: più sta bene più la pianta è resiliente e tollerante. Per far fronte a questa problematica bisogna in primis favorire la biodiversità. L'impiego di coperture vegetali sottofila in un frutteto come potentilla, fragoline di bosco o acetosella, può aiutare a mitigare l'impatto della meccanizzazione e contribuire a creare ambienti più resilienti, prevenendo anche il fenomeno della stanchezza del terreno.


Le biosoluzioni

Durante il convegno "Quali biosolutions per pesche di qualità?", diverse aziende hanno presentato soluzioni innovative per affrontare le principali avversità che colpiscono il pesco.


Bayer Crop Science ha illustrato il funzionamento di Vynyty Pro Press, una soluzione in gel basata sulla confusione sessuale per il controllo di Grapholita molesta, la tignola orientale del pesco. È un prodotto a base di feromoni che vengono rilasciati lentamente e in modo graduale. ll gel è costituito da materiali biodegradabili di origine naturale come olio di girasole e cera.


Ascenza ha presentato la Linea Blexia e in particolare i due prodotti Valesco® e Prev-Am® Plus.

Il primo, efficace contro gli afidi, è a base di estratto di ortica e può agire sia direttamente sul patogeno sia indirettamente stimolando le difese naturali della pianta. Il secondo, invece, è un olio essenziale di arancio dolce con effetto insetticida, fungicida e acaricida. Agisce per contatto disseccando la cuticola di insetti a esoscheletro molle (come mosche bianche, tripidi e cicaline) e le pareti cellulari dei patogeni fungini.

 

Gowan Italia ha infine presentato Remedier®, agrofarmaco biologico contenente Trichoderma asperellum e Trichoderma gamsii. Utilizzabile su drupacee per la prevenzione di cancri rameali, questo prodotto agisce attraverso 3 meccanismi: competizione per spazio e nutrienti, parassitismo diretto con degradazione delle pareti cellulari dei patogeni, e formazione di una barriera fisica che impedisce la penetrazione dei funghi patogeni.

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