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Popillia japonica, facciamo chiarezza: nuovi avvistamenti, danni e controllo

Dal Parco del Ticino alle nuove aree di insediamento il coleottero giapponese avanza. Ma parlare di invasione è sempre corretto? Ne parliamo con Davide Venanzio del Settore Fitosanitario della Regione Piemonte

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Popillia japonica è una specie aliena invasiva estremamente vorace che può danneggiare oltre 300 specie vegetali tra piante agricole e ornamentali

Fonte immagine: Servizio Fitosanitario Regione Piemonte

Luglio è il mese in cui si raggiunge il picco massimo di esemplari adulti di Popillia japonica. È per questo che il coleottero giapponese è tornato a far parlare di sé, spesso anche con toni allarmistici.


Dopo l'arrivo in Italia nel 2014, l'insetto si è ormai stabilizzato in molte province della Lombardia e del Piemonte. Nelle ultime settimane però si è parlato anche di nuovi avvistamenti in altri comuni e regioni del Nord Italia.


Si tratta di una specie aliena invasiva estremamente vorace: può danneggiare oltre 300 specie vegetali tra piante agricole e ornamentali. Il ciclo di vita dell'insetto dura un anno: le uova vengono deposte nei prati, nelle zone incolte e nelle aree verdi; le larve si sviluppano in inverno e primavera e si nutrono delle radici delle piante erbacee danneggiando così giardini pubblici e campi sportivi; gli adulti compaiono in estate e si nutrono di foglie, fiori e frutti anche di colture frutticole e vigneti.


Se da un lato l'allarme è giustificato dalla natura altamente invasiva della specie, dall'altro non vuol dire che la situazione sia fuori controllo o che non esistano strumenti per gestire i nuovi focolai. Anzi, i servizi fitosanitari regionali sono a lavoro e stanno attuando piani di contenimento ad hoc.


Ne abbiamo parlato con Davide Venanzio del Settore Fitosanitario della Regione Piemonte che si occupa di Popillia japonica dal primo ritrovamento dell'organismo nel 2014.


L'articolo è un botta e risposta che ha l'obiettivo di raccontare i rischi reali, il lavoro che le regioni stanno facendo per arginare i danni, le strategie di controllo a disposizione degli agricoltori, il ruolo dei cambiamenti climatici e del perché le trappole a feromone peggiorano la situazione, attirando più insetti di quanti ne catturano.

 

Un approfondimento utile anche in vista del convegno nazionale dedicato interamente alla Popillia japonica, organizzato dal Crea e in programma il 10 settembre a Firenze. L'evento ha già raggiunto il numero massimo di iscritti, quindi ci auguriamo che tra i partecipanti ci siate anche voi.


Evoluzione dell'insediamento in Italia e il significato dei recenti avvistamenti

Come si è evoluta negli anni la diffusione di Popillia japonica in Italia?

"II primi adulti di Popillia japonica sono stati trovati intorno alla metà di luglio del 2014, nel Parco del Ticino, al confine tra Piemonte e Lombardia. Qui l'insetto ha trovato una zona perfetta per la sua biologia e quindi per l'insediamento. Si tratta di una zona ricca di piante adatte all'alimentazione degli adulti e di prati irrigui - come quelli tipici della filiera del gorgonzola - ideali per lo sviluppo degli stadi giovanili (uova e larve). Così l'insetto ha trovato condizioni ideali per compiere l'intero ciclo biologico e moltiplicarsi rapidamente. Quando la popolazione è cresciuta, ha iniziato a espandere l'areale di conquista nel giro di una decina d'anni in tutte le direzioni".

 

In quali regioni e province è attualmente presente Popillia japonica?

"Al momento, facendo riferimento al focolaio italiano ufficiale, la Popillia japonica si trova in Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna (provincia di Piacenza) e Valle d'Aosta. C'è inoltre un piccolo focolaio in Friuli Venezia Giulia.

 

In Veneto è stata segnalata invece una sospetta presenza e si è in attesa di analisi di conferma".


Qui è possibile trovare l'ultima delimitazione ufficiale di novembre 2024, in Piemonte, di Popillia japonica.

 

Si è parlato di "invasione" e "catastrofe": sono definizioni corrette?

"Spesso le informazioni che vengono veicolate possono essere fuorvianti. Questo complica la vita di noi tecnici perché a volte dobbiamo rincorrere la notizia per correggerla, anche se ormai è diventata di dominio pubblico.

Ad ogni modo, di fatto ci troviamo di fronte ad una colonizzazione da parte di questo insetto. C'è un motivo se Popillia japonica è inclusa tra i 20 organismi nocivi da quarantena prioritari per l'Unione Europea. È grazie alla sua biologia, alla sua capacità di adattarsi e colonizzare i territori rapidamente e alla sua capacità di fare danni. Quindi è vero che l'insetto sta colonizzando sempre di più i nostri areali e che ne nuovi territori le popolazioni stanno aumentando.

 

Ciò che si osserva è che nelle aree di recente insediamento, nei primi 2-3 anni, le popolazioni crescono gradualmente ma in maniera abbastanza esponenziale, inizialmente si osservano un po' di individui ma la situazione sembra contenuta. Dal terzo o quarto anno, però, le popolazioni possono aumentare fortemente, favorite anche da annate umide. È il caso della zona del Canavese (zona a Nord di Torino) dove quest'anno, a causa della precedente estate molto piovosa, si è assistito a un'elevata presenza del coleottero che ha creato defogliazioni alle viti rendendo la gestione del vigneto particolarmente complessa rispetto agli anni precedenti. Inoltre, l'insetto in queste zone non era ancora molto conosciuto quindi l'agricoltura era meno preparata rispetto alle zone di più vecchia introduzione come quelle del Novarese dove, del corso degli anni abbiamo elaborato efficaci strategie per gestire le infestazioni".

 

Tra danni e complessità

Quanto e come si sposta Popillia japonica?

"Lo spostamento attivo dell'insetto, quello che avviene tramite il volo, è mediamente di 10-15 chilometri l'anno ma ci sono degli studi che sostengono che in alcuni casi possa spostarsi anche di più. Poi c'è il trasporto passivo cioè quello attraverso i mezzi di trasporto (auto, treno, nave, aeri) che causa un spostamento su lunghe distanze. In Italia, infatti, è arrivata presumibilmente attraverso un volo dagli Stati Uniti, che prima di noi sono stati colonizzati".

 

Quali colture colpisce maggiormente?

"Indicativamente le specie che predilige sono 300. Però, bisogna spiegare una cosa: biologicamente questo insetto ha un forte istinto gregario, perciò dove arriva un certo numero di adulti è facile che la loro presenza ne attiri molti altri. Per questo motivo, ci sono delle piante estremamente appetibili per Popillia, come i ciliegi, che a volte non vengono toccate perché gli insetti si trovano tutti da un'altra parte. E questo è casuale, perché l'anno dopo può ripetersi la stessa cosa ma al contrario".

 

I cambiamenti climatici potrebbe favorire ulteriormente lo sviluppo della Popillia japonica?

"Non so rispondere a questa domanda.

Le estati umide favoriscono lo sviluppo delle larve perché mantengono l'umidità del terreno. Gli anni siccitosi, al contrario, possono contenere le popolazioni. Due anni fa c'è stata una forte siccità che ha sfavorito la Popillia; gli ultimi 2 anni invece sono stati molto umidi e infatti abbiamo osservato delle popolazioni molto elevate.

Quindi, se per cambiamento climatico si intende l'aumento delle temperature associato alla siccità, la Popillia potrebbe persino essere sfavorita e al contrario viene favorita la cimice asiatica. Se, invece, si dovessero verificare annate in cui aumentano i fenomeni piovosi rispetto alla media, questi possono favorire la Popillia".

 

Ha senso paragonare la Popillia alla cimice asiatica?

"Sono entrambi insetti che creano problemi e che vanno presi in considerazione nei programmi di difesa.

Come Servizio Fitosanitario regionale stiamo portando avanti una serie di sperimentazioni rivolte ad elaborare le migliori strategie di difesa per le colture. Queste strategie, elaborate per Popillia, a volte ci tornano utili anche per altri insetti, come per esempio la cimice asiatica.

Le reti antinsetto possono essere utili per contenere i danni di Popillia a luglio e per contenere i danni della cimice asiatica più verso la fine dell'estate. Ahimè tra qualche anno ci potranno essere utili per qualche altro insetto. Perciò l'associazione è in parte sensata, perché quando difendo la coltura da un problema, posso difenderla anche dall'altro.

 

Un altro esempio è quello del fitoplasma della flavescenza dorata della vite veicolato dalla cicalina Scaphoideus titanus. Una delle strategie di contenimento di Popillia japonica, che stiamo sperimentando nei vigneti, ha proprio tenuto in considerazione i trattamenti obbligatori che si fanno sullo Scaphoideus. Si cerca di sfruttare l'azione collaterale di questi trattamenti per colpire anche Popillia japonica nel suo momento di maggior presenza. In questo modo si colpiscono più organismi nocivi contemporaneamente ottimizzando gli interventi, facendo un grosso favore all'ambiente e anche all'azienda che spende meno soldi".

 

Strategie di contenimento: cosa si sta facendo, cosa fare e cosa non fare

Come si gestisce un'intercettazione di Popillia japonica in un territorio ancora indenne?

"In questi casi l'Europa prevede il monitoraggio degli organismi nocivi come la Popillia anche nelle regioni dove l'insetto non è ancora presente. Vengono fatti con delle trappole a feromone. Se la trappola di monitoraggio cattura uno o più insetti vuol significare che in quel territorio l'organismo è arrivato. Allora si procede intensificando la densità di trappole per catturare più insetti possibili. Inoltre si possono eventualmente effettuare dei trattamenti al terreno per eliminare le larve nate dalle uova deposte dai primi coleotteri giunti nella zona. Questo, ahimè, è l'unico sistema, abbinato ai controlli sul campo dei tecnici specializzati".

 

E nelle aree già infestate?

"Noi stiamo lavorando su due fronti: da una parte dove l'infestazione è già presente da molti anni e dall'altra parte nelle recenti aree dove le popolazioni sono in aumento. Nel periodo di volo dell'insetto posizioniamo, su una parte di territorio infestato, delle trappole attract and kill che attirano l'insetto con il feromone e lo uccidono attraverso una rete impregnata di insetticida.

 

Queste trappole sono frutto di uno studio durato diversi anni fatto in collaborazione con il Crea, il Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l'Analisi dell'Economia Agraria. Le trappole non vengono posizionate in maniera uniforme su tutto il territorio infestato, ma vengono installate con maggior densità nella aree di recente espansione in maniera da creare un fronte compatto per frenare la crescita esponenziale delle popolazioni.

 

Oltre a contenere le popolazioni, queste trappole hanno anche lo scopo di frenare all'avanzata dell'insetto affinché non conquisti troppo in fretta zone indenni. Questo serve a farci guadagnare del tempo, al fine di portare avanti le nostre sperimentazioni ed elaborare le strategie migliori di difesa.

 

Abbiamo anche attività legate al monitoraggio e alla gestione dei siti di diffusione passiva. Ovvero di quelle aree non produttive a rischio di proliferazione e diffusione passiva dell'insetto come ad esempio stazioni ferroviarie, grandi parcheggi o aeroporti. Qui vengono fatti interventi di sensibilizzazione dei fruitori di questi luoghi e attività di eliminazione la vegetazione appetibile e attrattiva".

 

Quali sperimentazioni state portando avanti come Servizio Fitosanitario?

"L'insetto può essere veicolato dal commercio di piante. Per esempio, in Piemonte c'è una grossa zona di coltivazione di piante ornamentali che vengono spostate con la zolla di terra in inverno. Noi dobbiamo garantire, come Regione infestata, che quando una pianta viene spostata al di fuori della zona infestata, non deve contenere larve di Popillia.

 

Per questo stiamo facendo delle sperimentazioni per stabilire quali sono le tecniche migliori che i vivaisti possono utilizzare affinché la commercializzazione delle zolle avvenga senza il rischio di veicolare l'insetto.

 

Un'altra sperimentazione che abbiamo fatto per diversi anni è legate alla viticoltura e si basa sullo studio delle soglie di danno sulla vite. Al momento abbiamo stabilito una soglia di circa il 30%. Questo vuol dire che se una pianta di vite viene attaccata, il 30% di defogliazione è la percentuale massima di foglia che può perdere senza che l'uva abbia danni.

 

Parallelamente, sempre su vite ma anche su fruttiferi, abbiamo condotto prove che avevano la finalità di testare l'efficacia di insetticidi sia naturali sia di sintesi e di prodotti fagodeterrenti.

 

Facciamo sperimentazioni anche con i droni per individuare le aree della coltura maggiormente infestate e razionalizzare così il trattamento fitosanitario. In futuro faremo delle sperimentazioni legate anche all'utilizzo delle reti antinsetto per la difesa dei frutteti anche per comprendere come si comportano le colture al di sotto di questa barriera protettiva.

 

In cosa consiste il Piano d'Azione 2025 della Regione Piemonte?

"Tutti gli anni aggiorniamo quello che è il Piano d'Azione, cioè l'elenco delle attività che noi faremo durante l'anno nel territorio, al fine di contenere la Popillia japonica. Nel Piano d'Azione si parla, per esempio, delle 1200 trappole attract and kill di cui parlavo prima. Non solo, c'è la gestione della filiera vivaistica e la gestione dei siti di diffusione passiva. Ci sono tutte quelle azioni che noi come Regione abbiamo l'obbligo di mettere in campo ai fini dell'applicazione di un regolamento europeo inerente proprio a Popillia japonica e un piano di emergenza nazionale che recepisce il regolamento europeo".

 

Scarica il Piano d'Azione 2025.

 

Quali sono le maggiori criticità che incontrate nella gestione della Popillia?

"La più grande difficoltà è legata alle trappole.

 

Le trappole attract and kill che usiamo in Piemonte e Lombardia, sono utilizzate dai servizi fitosanitari a livello sperimentale. Queste trappole ad oggi non possono essere messe in commercio, quindi non possono nè essere vendute, né acquistate.

Parallelamente, ci sono le trappole a feromone che sono di libera vendita.

 

Ciò che abbiamo sperimentato negli anni (e che hanno sperimentato anche negli Stati Uniti) è che le trappole a feromone attirano tantissimi insetti, ma ne catturano pochi. Perciò, posizionare la trappola per difendere la coltura o il giardino è un grosso errore. Gli insetti, infatti, vengono attirati ma non riescono ad essere catturati, così rimangono in zona, arrecando danni ancor maggiori.

 

Spesso ci chiamano privati dicendo che hanno il giardino completamente defogliato, nonostante hanno messo la trappola. E l'errore è proprio quello.

Ovviamente non è che senza le trappole i danni Popillia non li fa, ma la trappola peggiora la situazione. Per questo nel materiale che diffondiamo scriviamo sempre che le trappole non vanno utilizzate.

 

È molto importante questo aspetto perché è qui che risiede l'informazione sbagliata.

 

Un'altra criticità riguarda sicuramente la biologia dell'insetto che è tale da renderlo potenzialmente distruttivo. Negli Stati Uniti sono 100 anni che lo combattono in maniera veramente agguerrita. Le difficoltà sono legate al fatto che mancano specifici organismi antagonisti. Nei paesi di origine vi sono molti limitatori che contengono l'insetto, ma da noi, essendo Popillia un insetto alloctono, non vi sono limitatori specifici. Così non c'è la possibilità di creare un equilibrio.

 

Negli anni, però abbiamo osservato una cosa molto interessante nelle aree di prima colonizzazione, che racconta come animali e organismi piano piano si adattano a predare l'insetto. Abbiamo trovato, infatti, delle larve parassitizzate da un nematode. Grazie al Crea abbiamo spedito queste larve negli Stati Uniti, ad un esperto di nematodi di quel genere, che ci ha detto che si trattava di una specie nuova, mai classificata prima.

 

È evidente che bisogna dare un po' il tempo all'ambiente per reagire al nuovo organismo, così forse in futuro un equilibrio ci sarà, ma non possiamo pensare che si raggiunga in soli 10-15 anni. Ce ne vogliono di più".

 

Quali sono i metodi più efficaci (chimici, fisici e biologici) per il controllo?

"Le strategie riguardano trattamenti insetticidi e magari si può cercare il momento più opportuno per riuscire a controllare più organismi nocivi contemporaneamente. Alcuni dei principi attivi registrati su Popillia japonica sono acetamiprid, deltametrina e clorantraniliprole. Quest'ultimo può essere utilizzato per abbattere le larve ed evitare così che mangino le radici delle zolle erbose e le facciano seccare. Infatti, il principio attivo clorantraniliprole è molto utilizzato per proteggere i tappeti erbosi dei campi da calcio e da golf.

 

Un'altra strategia molto importante per la difesa dei prati è quella dell'uso di agenti di controllo biologico come la specie di nematodi entomoparassita Heterorhabditis bacteriophora, che ha una buona azione larvicida. Questi nematodi vanno distribuiti bagnando bene il terreno, per favorire la loro sopravvivenza e il loro movimento.

 

Invece per la difesa delle piante, dove è possibile, consigliamo vivamente le reti antinsetto, soprattutto nei mesi di picco dei voli (da metà giugno a metà luglio).

 

Visto che i prodotti insetticidi possono essere utilizzati solo da persone in possesso del patentino fitosanitario, l'utilizzo dei nematodi o delle reti antinsetto è possibile anche per i privati che vogliono mantenere in salute i loro giardini. Non dimentichiamo che per piccole piante anche la raccolta manuale è efficace. In questi casi basta spiegare semplicemente che l'insetto è innocuo, non punge e non crea problemi per la salute, perciò si può prendere in mano e lo si può uccidere. Rassicurare i privati in questo modo aiuta".

 

Per maggiori informazioni sull'argomento Popillia japonica potete scriverci all'email di redazione oppure contattare i tecnici del Servizio Fitosanitario della Regione Piemonte.

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