Vespa velutina, cos'è e come funziona il metodo Z
Abbiamo intervistato la dottoressa Laura Bortolotti del Crea Agricoltura e Ambiente che ha seguito la sperimentazione di questa modalità innovativa di lotta al calabrone asiatico
Un esemplare di Vespa velutina in volo (Foto di archivio)
Fonte immagine: Eastolany - Wikipedia
Tra i vari metodi di lotta usati contro Vespa velutina ce n'è uno che spesso torna a far parlare di sé, ma che non è ancora molto conosciuto: il metodo Z.
Ideato da Fabrizio Zagni, apicoltore del Ponente Ligure che ormai da più di dieci anni è alle prese con il calabrone asiatico, e brevettato dalla Mohos & Zagni Gbr, questo metodo sfrutta i calabroni per far portare delle piccole, ma letali, dosi di insetticida direttamente nel loro stesso nido, portando a morte la colonia.
Una tecnica che ha il doppio vantaggio di essere mirata e di non avere la necessità di ricercare attivamente i nidi dei calabroni per abbatterli.
Ma come funziona nella pratica? Che potenziali ha e perché non è ancora molto sviluppata?
Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Laura Bortolotti del Crea Agricoltura e Ambiente che ha seguito una sperimentazione per valutare l'efficacia di questo metodo.
Dottoressa Bortolotti, al di là del principio di base spiegato sopra, in cosa consiste esattamente il metodo Z e come funziona?
"Il metodo Z è una tecnica di neutralizzazione dei nidi che rientra nei cosiddetti 'metodi del cavallo di troia', i quali sfruttano vespe vettori per portare una molecola biocida al nido, senza la necessità che il nido stesso venga trovato nell'ambiente. Nel metodo Z, le vespe vengono catturate durante l'attività di foraggiamento e contaminate esternamente con una minima dose di principio attivo.
Saranno le vespe stesse, una volta tornate al nido, a introdurvi la molecola, che sarà distribuita tra le compagne mediante grooming e trofallassi. In una prospettiva futura è stata prevista anche la realizzazione di un dispositivo automatico selettivo, dotato di un sistema di riconoscimento di immagine, in grado di catturare le vespe e trattare solo la specie target, rilasciando le altre".
Quando e come è stato sperimentato dal Crea?
"Il metodo è stato sperimentato dal Crea, in collaborazione con la Mohos & Zagni Gbr nell'ambito di due progetti di ricerca. Il primo, il Progetto VeSPa, finanziato dalla Regione Liguria, si è svolto su diversi apiari della provincia di La Spezia nel 2020. Il secondo progetto, denominato 'L'avanguardia tecnologica difende le api da Vespa velutina', finanziato dal Masaf e coordinato dall'Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta, ha coinvolto cinque apiari situati in tre zone differenti della provincia di Imperia e si è svolto tra il 2022 e il 2024".
Cosa è venuto fuori da questa sperimentazione?
"La sperimentazione ha dimostrato l'efficacia del metodo nel ridurre il livello di predazione davanti agli alveari e portare alla neutralizzazione dei loro nidi attraverso la contaminazione di operaie catturate davanti agli alveari. Nei casi in cui la posizione del nido era nota, infatti, abbiamo potuto verificare in tempo reale il declino della popolazione del nido via via che venivano effettuati i trattamenti alle operaie di vespa presso gli alveari".
Quali sono i suoi vantaggi e i suoi svantaggi rispetto ad altre tecniche di controllo di Vespa velutina?
"Il vantaggio principale di usare un metodo come questo è che non è necessario trovare i nidi per eliminarli. Poiché Vespa velutina costruisce nidi sugli alberi, questi sono molto difficili da individuare nell'ambiente, se non alla caduta delle foglie. Inoltre, anche una volta individuati, questi nidi sono molto difficili da raggiungere, perché si trovano anche a 20-30 metri di altezza. Infine, la procedura di ricerca e neutralizzazione dei nidi richiede tempo, ricorso a personale specializzato e attrezzature costose; pertanto un sistema che neutralizza i nidi in maniera indiretta risulterebbe certamente molto più semplice ed economico".
Perché oggi non è ancora molto utilizzato?
"Perché la molecola biocida utilizzata, un insetticida della classe dei neonicotinoidi, e la modalità con la quale questa viene impiegata nel metodo Z non sono registrate ufficialmente per l'uso contro Vespa velutina. Se l'efficacia del metodo è ormai nota, occorrono però anche prove che dimostrino la sua innocuità per l'ambiente e per le specie non target, al fine di ottenere l'autorizzazione all'uso.
Questa procedura autorizzativa deve essere realizzata da una compagnia che produce e commercializza biocidi e le prove sperimentali devono essere validate da un centro di saggio. Per quanto utili alla sua comprensione, i risultati dei progetti di ricerca non bastano ad autorizzare ufficialmente l'uso del metodo".
Cosa ci si può aspettare per il futuro?
"Purtroppo l'avanzata di Vespa velutina non è arrestabile con i sistemi attualmente in uso. La ricerca e neutralizzazione dei nidi dimostra la sua efficacia solo nel caso di nuovi focolai, dove è importante eliminare i primi nidi che si insediano; al contrario, nelle zone ad alta infestazione, la sua efficacia risulta molto limitata nel contenere la popolazione del calabrone.
Sarebbe quindi auspicabile ottenere l'autorizzazione ad un sistema di lotta come il metodo Z, che permetterebbe un contenimento molto più semplice ed economico alla diffusione del calabrone.
Per chi teme che questo sistema possa risultare impattante per l'ambiente, faccio notare che le quantità di molecole utilizzate sono infinitesimamente minori di quelle contenenti gli stessi principi attivi, che vengono usate in agricoltura. Inoltre, nella lotta a Vespa velutina stiamo assistendo in Italia, così come in altri Paesi europei, a un frequente ricorso al fai da te da parte degli apicoltori, che rischia di diffondere nell'ambiente molecole ben più tossiche e in modo non controllato. Per quanto io sia d'accordo che l'uso della chimica vada ridotto al minimo, ritengo che in questa situazione il ricorso al metodo Z ne consentirebbe un impiego attento e controllato".