2017
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La guerra dei vent'anni

A Padova il ventennale del Gire, acronimo di Gruppo italiano resistenza erbicidi. Titolo del convegno: "Dalla ricerca alla gestione della resistenza agli erbicidi"

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Gire: ventennale celebrato presso Agripolis di Legnaro (Pd)

Nato nel 1997, il Gire, acronimo di Gruppo italiano resistenza erbicidi, ha ormai compiuto vent'anni. Vent'anni di attento monitoraggio e mappatura dei fenomeni di resistenza ai diserbanti, abbinato alla messa a punto e all'aggiornamento delle più opportune strategie per prevenirle o combatterle se già instaurate.
Una lotta divenuta sempre più difficile anche a causa del progressivo impoverimento dei meccanismi d'azione disponibili.

Da un lato la Revisione europea, la quale ha causato la fine del 70% delle molecole che risultavano disponibili a inizio anni '90. Talvolta per palese indifendibilità per motivi tossicologici o ambientali, ma in una gran parte dei casi perché le aziende detentrici non avevano la possibilità di sobbarcarsi i costi della difesa.
L'ondata di dossier che venivano loro richiesti dall'Europa, infatti, è giunta in un lasso temporale troppo ristretto rispetto agli investimenti sostenibili dalle industrie che spesso hanno dovuto fare scelte di carattere meramente economico: se superare la Revisione implicava costi superiori ai ritorni del mercato, il gioco non valeva la candela. Così una molecola, magari preziosa, andava persa.
I danni di tale emorragia sono in parte misurabili tramite le reiterate autorizzazioni per usi di emergenza di sostanze attive non incluse in Annex I, ma oggi "riesumate" perché, sorpresa, erano di fatto indispensabili. Per lo meno su qualche coltura.

Nel frattempo si andava impoverendo anche l'arrivo di molecole nuove. A livello mondiale negli anni '80 arrivarono mediamente 12,3 nuove sostanze attive all'anno (Fonte: A. Capella, Sipcam). L'apice fu toccato negli anni '90, con 12,7 nuove molecole. Poi, il declino.
Già nella prima decade del Terzo Millennio le registrazioni erano calate a 10,3, scendendo poi alla singola cifra nel primo scorcio della seconda decade: solo 7 nuove sostanze attive per anno.
Costi sempre più alti e requisiti sempre più stringenti hanno di fatto inaridito le potenzialità innovative delle industrie, ingigantendone per contro i costi. Nulla da stupirsi, quindi, delle diverse fusioni e acquisizioni che hanno caratterizzato l'ultimo quarto di secolo.

A ciò si aggiungano altre pressioni selettive sullo scibile fitosanitario utilizzabile, a partire dai Piani di sviluppo rurale che da sempre esercitano ulteriori sfoltimenti delle armi utilizzabili in campo rispetto a quelle autorizzate da Italia ed Europa.
Oppure il Pan, applicazione della Direttiva "Uso sostenibile", che ha imposto delle progressive riduzioni di alcuni erbicidi a causa del loro reperimento nelle acque. Argomento di cui si è parlato più volte su AgroNotizie (qui, qui e qui).

La somma dei summenzionati fenomeni ha realizzato, per così dire, la "tempesta perfetta": molecole efficaci ma malviste venivano abbandonate, oppure penalizzate tramite riduzioni di dosi che le rendevano meno efficaci, quindi più inclini a far sviluppare le resistenze, mentre di nuove all'orizzonte se ne intuivano sempre meno. Esattamente ciò che apre letteralmente un'autostrada ai fenomeni delle resistenze. Non che la carenza di sostanze attive sia l'unica causa, ovviamente.
Anche le cattive rotazioni, o l'assenza delle medesime, hanno influito molto. Perché le resistenze hanno molteplici madri dal punto di vista tecnico, motivo per il quale è nato il Gire, pool di ricercatori di Cnr-Ibaf e università, ma anche di tecnici operanti nel privato. Le attività del Gire infatti sono finanziate da un pool di aziende del settore della difesa delle colture.

Per celebrare il ventennale delle proprie attività il Gire ha organizzato a Padova, presso Agripolis di Legnaro, un convegno dal titolo "Gire 1997 - 2017: dalla ricerca alla gestione della resistenza agli erbicidi".

Scarica le presentazioni in pdf cliccando qui
 

Maurizio Sattin, Istituto di Biologia agroambientale e forestale (Ibaf-Cnr)

Ad aprire i lavori Maurizio Sattin dell'Istituto di Biologia agroambientale e forestale (Ibaf-Cnr), il quale ha fornito una disamina messa a punto in collaborazione con Laura Scarabel, Silvia Panozzo e Donato Loddo, di IBAF-CNR, nonché con Giuseppe Zanin del dipartimento DAFNAE dell'Università di Padova. Sattin ha tratteggiato le origini delle attività del Gruppo, il quale trasse la propria origine dalla richiesta del mondo agronomico di riunire competenze al fine di tracciare un approccio comune nella gestione del problema.
Primo obiettivo fu infatti capire come, quanto e in che modo gestire il problema. Il Gire è quindi un Gruppo informale di portatori di interesse autofinanziato e gestito da ricercatori pubblici. Il riso fu la prima coltura a generare allarmi, i quali si estesero presto a molte altre situazioni di campo diverse dalle risaie.

(Video di Barbara Righini - AgroNotizie)

Grande il lavoro svolto sulla predisposizione di opportune linee guida, da sottoscrivere da tutti i membri. Non da meno il lavoro di realizzazione di mappe descrittive del problema. Nel tempo sono state monitorate circa 3mila popolazioni utilizzando nei test di screening dai 3 ai 5 erbicidi a 1-2 dosi.
Fondamentale appare la prevenzione, la quale deve esser parte integrante delle strategie usando ogni mezzo a disposizione, chimico o agronomico.
 
A seguire, Claudio Campagna di Syngenta, il quale ha funto da portavoce anche per Giovanni Arcangeli (Bayer), Cesare Cenghialta (DuPont) e Denis bartolini (Terremerse), con un intervento sulla situazione e sulla gestione della resistenza agli erbicidi nei cereali.

Messaggio centrale: è inutile rotare le colture se non si rotano anche i modi di azione. La pratica della semina su sodo, pur con tutti i suoi pregi, risulta predisponente alle resistenze, perché elimina la pressione dovuta alle lavorazioni meccaniche.
Als e Accaese, sono stati i più veloci nel far sviluppare le resistenze, mentre fra le infestanti Lolium è considerata quella più pericolosa grazie ai numerosi biotipi resistenti a più modi d'azione.
Anche l'avena appare problematica, in quanto può contare su due soli meccanismi d'azione e può essere controllata solo in post-emergenza. Quindi situazione delicatissima. La falaride non pare invece altrettanto invasiva e pericolosa.
 
Claudio Campagna di Syngenta

Fra le dicotiledoni è la senape ad essere divenuta nel tempo una delle le più preoccupanti. La pessima abitudine di abbassare le dosi per ettaro ha infatti contribuito allo sviluppo delle resistenze, soprattutto in Sicilia e Toscana. Mai giocare quindi con le dosi, nemmeno quando si abbia a che fare con il papavero, altra malerba molto comune.

Sulle sarchiate, mais e soia, si traggono benefici dai trattamenti di pre-emergenza effettuati con prodotti ad azione multisito. Su mais è il giavone la malerba emergente, specie nei terreni torbosi. Quanto alla sorghetta ha mostrato solo un paio di casi in Provincia di Lodi, mentre per la soia è l'amaranto a destare le maggiori preoccupazioni.
Infine il girasole: va gestito bene, viste le sue caratteristiche colturale, specialmente quando si adottino varietà resistenti agli erbicidi della famiglia degli Als inibitori.
Anche le attrezzature utilizzate per effettuare i diserbi risultano fondamentali, perché altrimenti si alterano le dosi erogate generando chiazze di scarsa efficacia.
 
Le misure di prevenzione costano, è vero, ma sempre meno che quelle necessarie per curare una situazione già compromessa. Le resistenze sono quindi un costo che va assolutamente evitato. Va cioè modificato il sistema colturale, adottando false semine, rotazioni e abbattendo la banca semi deposta in superficie tramite lavorazioni meccaniche.
Gli erbicidi vanno sempre utilizzati alla dose massima permessa in etichetta, risultando alquanto pericoloso limare i dosaggi, anche in caso di miscele.
Infine, è buona norma usare dei pre-emergenza caratterizzati da meccanismi diversi dai post-emergenza, evitando per giunta rotazioni con colture aventi il medesimo ciclo e quindi le medesime infestanti. Ogni realtà è un caso a sé: se il problema sono senape e papavero le lavorazioni aiutano queste infestanti, mentre per il loietto si ara proprio per interrarne i semi.   

Natalino della Valle (Dow), è stato a sua volta portavoce del Gruppo composto da Eleonara Minotti, Ente risi, e Luigi Quaglini, di BASF, il quale ha fornito una panoramica sulla situazione e sulla gestione della resistenza agli erbicidi in risaia.

Le varietà basate sulla tecnologia Clearfield®, resistenti a imazamox, rappresentano dal 33 al 38% delle superfici, mentre la tecnica di semina interrata si è ormai affermata sul 40-45% del totale, anche per contrastare proprio i fenomeni di resistenza.
 
Cinque le specie resistenti agli Als inibitori, ma sono in aumento le resistenze multiple, ormai instauratesi in ogni regione risicola. A causa della cross-pollination con il riso clearfield alcuni biotipi di riso crodo hanno per giunta acquisito resistenza verso imazamox. Una soluzione è rappresentata dal ricorso alle barre umettanti eroganti glifosate, una tecnica che sfrutta le differenti altezze delle infestanti e del riso.
Altra tecnica utile risulta la cosiddetta falsa semina, usando glifosate miscelato a clomazone od oxadiazon per eliminare la flora infestante appena emersa (peccato che due su tre, glifosate e oxadiazon, siano finite nel mirino del Pan e dal 2018 si potranno usare solo sul 50% della superficie aziendale, nda).
 
Natalino Della Valle di Dow AgroSciences
 
Lo specifico tema glifosate è stato trattato da Davide Mosconi di Monsanto, portavoce anche per Donato Loddo dell'Istituto di Biologia agrambientale e forestale Cnr Unità di Legnaro. Tema dell'intervento: Situazione e gestione della resistenza agli erbicidi nelle colture arboree.
 
Glifosate è un erbicida prezioso in quanto può diventare un disconnessore del processo di continuità dovuto alla sclerotizzazione delle pratiche diserbo. Negli oliveti, però, glifosate è stato utilizzato, spesso sottodosato, per quasi 40 anni al fine di agevolare la raccolta delle olive da terra. Difficile talvolta l'integrazione con altre pratiche agronomiche: per esempio i terreni sassosi non permettono di intervenire con le macchine.
I semi di Lolium, verso il quale si iniziano a vedere i primi segni di resistenza, possono essere anche ridiffusi con i reflui di frantoio o con le stesse macchine.
Chlortoluron, flazasulfuron e diflufenican sono pertanto alternative da tutelare. Oltre a Lolium, a mostrare resistenze è conyza, sulla quale appare fondamentale intervenire allo stadio di rosetta e con dosaggi adeguati, ovvero più alte degli usuali.
 
 
Davide Mosconi di Monsanto

A trattare il tema della gestione della resistenza agli erbicidi in agricoltura conservativa è stato in seguito Donato Loddo dell'Istituto di Biologia agrambientale e forestale Cnr Unità di Legnaro, in rappresentanza del gruppo che ha preparato le relative linee guida, ovvero Cnr-Ibaf e Monsanto.
 
La semina su sodo moltiplica infatti la diffusione di infestanti asteracee e poacee, prime due famiglie in termini di casi di resistenza. Le cover crops da un lato competono con le malerbe, operando loro stesse una pressione sulla popolazione delle infestanti. Per esempio il loietto viene spesso utilizzato perché costa poco, ma poi si apre un problema con i diserbanti, proprio per i motivi di resistenza a loietto.
Buona pratica è quindi eliminare la popolazione delle infestanti e della cover prima che vadano a seme, altrimenti l'anno dopo la situazione rischia di divenire disastrosa.

Infine, vi sono casi in cui la semina su sodo genera problemi per mancanza di sostanze attive permesse dai Psr, come quello veneto per esempio. Questo prevede solo glifosate per devitalizzare le cover crops, ma così facendo in alcune aziende la resistenza di questa coltura/infestante rende del tutto inutili i trattamenti e con essi anche l'approccio conservativo. No quindi alla semina di loglio come cover crop e mai usare dosi basse di glifosate, anche perché nella tecnica di tipo conservativo si lavora sempre su piante adulte.
Loddo richiama poi alla necessità di tutelare l'efficacia di glifosate, anche perché un suo ventilato sostituto, l'acido pelargonico, costerebbe 8 euro al litro e ce ne vorrebbero circa 160 litri per ettaro. Un totale di 1.280 euro: praticamente la Plv di un ettaro di grano. Via quindi difficilmente percorribile secondo Loddo.

Donato Loddo dell'Istituto di Biologia agrambientale e forestale Cnr Unità di Legnaro
 
La resistenza agli erbicidi è stata toccata poi anche dal punto di vista dei disciplinari di produzione integrata, testimoniati da Tiziano Galassi del Servizio fitosanitario Regione Emilia Romagna.
 
Tiziano Galassi del Servizio fitosanitario Regione Emilia Romagna
 
Secondo Galassi, i redattori dei disciplinari si sono mostrati da sempre lungimiranti, escludendo dalle molecole permesse molte di quelle che poi sarebbero state tolte anni dopo dal processo di Revisione europea, come pure sull'indicazione di uso a favore delle dosi più basse in etichetta sarebbero state anticipate le riduzioni di dosaggi previsti sempre dalla Ue.
La gestione delle resistenze, ricorda Galassi, è peraltro contemplata all'interno dei disciplinari, con precisi suggerimenti tecnici in tema di gestione delle colture.

(Video di Barbara Righini - AgroNotizie)

Infine, un contributo puramente scientifico, portato da Roland Beffa, responsabile laboratorio Bayer di Francoforte sui problemi di resistenza. Beffa ha condiviso con la platea l'approccio metodologico di una società agro-chimica, anche a livello internazionale, per gestire e monitorare alcune situazioni specifiche di resistenza.
 
 
Roland Beffa, responsabile laboratorio Bayer di Francoforte sui problemi di resistenza
 
A conclusione dei lavori si è svolta una tavola rotonda con alcuni operatori del settore sul tema "Come migliorare la consapevolezza degli operatori sul problema resistenza?", alla quale hanno partecipato: Tiziano Galassi, Giuseppe Zanin, Maurizio Tabacchi, Maurizio Sattin, Denis Bartolini, Marco Pasti, Donatello Sandroni e Gianantonio Armentano.
Moderatore: Aldo Ferrero, presidente della Società italiana per la ricerca sulla flora infestante.

(Video di Barbara Righini - AgroNotizie)

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