2025
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Da Gusathion al bicarbonato: la strada delle buone intenzioni è lastricata d'inferno

Federbio stringe un accordo con Federchimica-Agrofarma e il mondo ambientalista attacca quest'ultima. Una bolla, quella verde, accartocciata sempre più intorno al proprio futuro distopico

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Bio o non bio, sempre agrofarmaci sono (Foto di archivio)

Fonte immagine: © Serega - Adobe Stock

Per distopia si intende una realtà immaginaria, tipicamente collocata nel futuro, ma che per chi la descrive diviene prevedibile sulla base di evidenze, vere o meno che siano, percepite come spaventose, quando non addirittura catastrofiche.


Da decenni il mondo ecogreen paventa infatti catastrofi su molteplici fronti, talvolta ingigantendo eventi realmente accaduti, come fatto per l'incidente nucleare di Fukushima, oppure presentandone solo gli aspetti negativi e omettendo quelli positivi, come si registra per esempio sulla narrazione caustica contro la Rivoluzione Verde di Norman Borlaug. Altre volte, infine, mentendo proprio, come nel caso della annunciata imminente scomparsa delle api e dei conseguenti pochi anni di sopravvivenza dell'Umanità secondo Einstein.

 

Sordi veri e sordi finti

Al di là della bufala che va a scomodare persino il grande fisico teorico tedesco, il mondo ecologista si è creato una bolla di fedelissimi che ormai crede al volo a ogni parola che viene data loro in pasto. Inutile cercare di spiegare loro come stanno davvero le cose, poiché non c'è peggior sordo di chi non sappia, non voglia o non abbia interesse a sentire


Può invece valere la pena approfondire un tema toccato da un recente comunicato del Wwf sull'accordo stretto tra Federbio e Federchimica-Agrofarma per lo sviluppo di soluzioni sempre più sostenibili per la difesa fitosanitaria delle colture. Perché idee come "sviluppo" e "tecnologie", si sa, vengono spesso declinate secondo processi ideologici anziché scientifici, finendo per stigmatizzare ciò che invece andrebbe applaudito.

 

Chi deve dare spiegazioni a chi

In primis, va sottolineato come semmai sarebbe stata Federbio a dover spiegare al mondo verde perché ha deciso di stringere accordi con l'associazione eletta a simbolo di tutti i mali del mondo agricolo, ossia quella che raccoglie le aziende di fitochimica che rappresentano oltre il 90% del mercato dei famigerati "pesticidi". Dopo decenni di attacchi sguaiati alla chimica di sintesi, venduta dalle sempiterne multinazionali cattive presentate alla stregua di spacciatrici di veleni, qualche domanda andrebbe infatti inoltrata al mondo del bio, più che alle industrie. 


Se infatti dipingi per decenni qualcuno o qualcosa come il Diavolo e poi ci firmi un accordo, magari sei tu che rischi di essere accusato di perdere l'anima, non il Diavolo. Quindi, se Federbio non teme di perdere l'anima siglando l'accordo con Agrofarma, forse il Diavolo va ammesso come sia molto meno brutto di come è stato per anni dipinto. 


Lasciando quindi che a dialogare fra loro siano biologici ed ecologisti, storicamente alleati contro le multinazionali della chimica e della genetica, vediamo cosa queste ultime stanno proponendo al mercato con sempre più frequenza. 

 

C'erano una volta i "pesticidi"

Da Gusathion al bicarbonato, titola il presente articolo, e già questo la dice lunga su come sia cambiata la chimica agraria negli ultimi trent'anni. Chi, come chi scrive, lavorava nei reparti sviluppo delle multinazionali degli Anni '90 forse ricorderà come un nuovo candidato difficilmente potesse andare avanti se risultava efficace meno del 90%. Ciò poiché il primo requisito di un agrofarmaco era quello di funzionare bene. Poi – e solo poi – si cercava di privilegiare le sostanze attive più selettive e dai profili ambientali, tossicologici e residuali più favorevoli. Oggi si vedono accogliere con grande interesse anche soluzioni che va già bene se arrivano al 50% anche a fronte di ripetuti trattamenti (nota: ognuno si guardi i prodotti suoi, evitando di polemizzare su quelli degli altri).


Dai primi anni '90 in poi, a conferma, la Revisione Europea ha falcidiato centinaia di sostanze attive di estrema utilità, limando, limando e limando sino ad arrivare agli scenari attuali. Ciò ha indotto una metamorfosi obbligata nei cataloghi delle aziende, per lo meno di quelle sopravvissute al vortice di fusioni e acquisizioni che un mercato sempre più stretto e difficile ha obbligato a fare.

 

Il risultato? Ben 458 formulati su 1.794 censiti su Fitogest® (25,5%) risultano impiegabili anche in bio al 2 aprile 2025. Vediamo quindi oggi quanti e quali prodotti utilizzabili in bio sono venduti dalle summenzionate "multinazionali cattive" socie di Agrofarma. Cioè tutti i "pesticidi" percepiti come buoni, in contrapposizione a quelli di sintesi, narrati sempre come cattivi.

 

Tutte le soluzioni bio nei cataloghi del diavolo

Oltre a rame e zolfo, pilastri del biologico e presenti praticamente in ogni catalogo del Globo Terraqueo, giusto per usare un'espressione in voga di recente, molti sono i prodotti di estrazione naturale offerti dalle aziende di fitochimica, gran parte delle quali risultano appunto associate ad Agrofarma. Fra questi anche diversi microrganismi, i quali verranno citati per semplicità senza sfinire i lettori con i molteplici ceppi esistenti per ciascuno di essi.


Partiamo dal demone per antonomasia, ossia l'ex Monsanto oggi Bayer. La Casa tedesca è stata infatti letteralmente bombardata sui temi ogm, glifosate, neonicotinoidi, esteri fosforici e altre varie ed eventuali. Eppure Bayer ha in catalogo 69 agrofarmaci (fonte: Fitogest.com), di cui 12 autorizzati in biologico. Tra questi figurano feromoni per il controllo di vari lepidotteri, ma anche microrganismi come Paecilomyces lilacinus e Bacillus subtilis, trappole con esche proteiche attivate con piretroidi, sali di potassio degli acidi grassi, olio di colza e olio minerale. Lontani, si diceva, i tempi in cui il marchio di Leverkusen guidava la difesa del melo dai parassiti con prodotti come Alsytin (triflumuron) e Gusathion (azinfos metile). E chi gioisce della loro revoca non sa di cosa parla.


Anche Syngenta ha a catalogo 15 soluzioni impiegabili in bio. Tralasciando i rameici e lo zolfo, onnipresenti, possiamo citare olio di colza, cerevisane, azadiractina A, sali di potassio degli acidi grassi, esche attivate, nonché microrganismi quali Bacillus thuringiensis kurstaki, Bacillus amyloliquefaciens e due diverse specie di Trichoderma


Altro big della chimica, ossia BASF: anche la Casa di Ludwigshafen annovera 10 soluzioni autorizzate in bio, fra le quali spiccano l'olio essenziale di arancio dolce, anch'esso presente in più cataloghi aziendali, feromoni e microrganismi quali Bacillus thuringiensis kurstaki, Bacillus amyloliquefaciens e Beauveria bassiana.

 

Dalla Germania e dalla Svizzera si passa quindi all'America: anche Corteva Agriscience annovera 8 prodotti bio, come olio di colza, vari ceppi di Bacillus thuringiensis kurstaki, Bacillus subtilis, poi spinosad e zolfo. Da parte sua anche Fmc propone 3 soluzioni, fra le quali l'onnipresente olio di colza, esche proteiche e due diverse forme di rame. Più piccola, ma americana anch'essa, va citata Gowan, la quale sarà di taglia ridotta rispetto alle altre statunitensi, ma di prodotti per il bio ne ha ben 21. Grazie all'acquisizione di Isagro, la casa di Yuma, con sede italiana a Faenza (Ra), offre oggi un'invidiabile gamma di rameici, ai quali affianca biologicals come Bacillus thuringiensis kurstaki, Pythium oligandrum, vari ceppi di Trichoderma, estratto di piretro, COS - OGA (chito-oligosaccaridi e oligo-galaturonidi), nonché sorbitan mono oleato etossilato (bagnante). Orgoglio faentino quindi per il momentaneo record assoluto quanto a numero di autorizzazioni in bio.


Pareggia presto il conto la nipponica Sumitomo, con 21 bioprodotti anch'essa: vari rameici, zolfo, spinosad, piretro, olio di colza, Bacillus thuringiensis kurstaki e aizawai e Trichoderma atroviride


Niente male nemmeno per chi parla portoghese, come in Ascenza: oltre a una nutrita gamma di sostanze di base (idrogeno carbonato di sodio, estratto di ortica, di equiseto, chitosano etc.), il Marchio di Lisbona presenta sei soluzioni specifiche per il bio, raccolte nella propria Linea Blexia appositamente dedicata, la quale prevede i citati olio essenziale di arancio dolce, spinosad, Bacillus thuringiensis kurstaki e piretro. 


Azienda giappo-belga, anche Certis Belchim non scherza quanto a bioprotezione, con 23 prodotti: Bacillus thuringiensis aizawai e kurstaki, Trichoderma atroviride, Beauveria bassiana, feromoni vari, rameici, zolfo, geraniolo e timolo, fosfato ferrico, piretro, sali di potassio degli acidi grassi, maltodestrina e bicarbonato di potassio.

 

Pari merito per Manica, anch'essa con 23 soluzioni in maggioranza rappresentate da rameici e zolfo, ai quali si affiancano olio minerale, olio essenziale di arancio dolce, piretro, Bacillus thuringiensis kurstaki e Aureobasidium pullulans (due ceppi). 


I record, si sa, sono fatti per essere battuti. Infatti Upl strappa lo scettro a Certis Belchim e a Manica con 27 registrazioni bio: oltre a rameici e zolfo, compaiono anche laminarina, olio minerale, olio essenziale di arancio dolce, Saccharomyces cerevisiae nonché virus quali Cydia pomonella Granulosis virus

 

Approdando nell'Italia dell'agrofarmaco, spicca Diachem con la sua "pulita dozzina": proteine idrolizzate, olio minerale, vari rameici, zolfo, spinosad, piretro, Bacillus thuringiensis kurstaki e il bagnante alcol isodecilico etossilato.

 

Sempre sull'italico suolo va citata anche Sipcam, con i suoi 8 formulati bio: una miscela di tre terpeni (timolo, geraniolo ed eugenolo), olio minerale, zolfo, azadiractina A e microrganismi come Bacillus thuringiensis kurstaki e Paecilomyces fumosoroseus. Rameici QB: quanto basta. 


Infine, azienda nata nel commercio del piretro, Copyr annovera 7 soluzioni bio con, ovviamente, il piretro, olio minerale, fosfato ferrico. 


Ci si scusa con le altre associate di agrofarma, ma il pezzo è già lungo abbastanza per decidere di non abusare ulteriormente della pazienza dei lettori. Confrontando l'elenco associati di Agrofarma e i relativi cataloghi riportati su Fitogest® ogni utente, se vuole, potrà andare a spulciare ogni singolo prodotto rimasto fuori dalla presente disamina.

 

Conclusioni: meno chiacchiere e più soluzioni

Sull'Europa soffiano venti tutt'altro che promettenti. Patiamo da tempo di guerre ibride sotterranee (ma neanche tanto) che tarlano pericolosamente le fondamenta dell'Unione tramite disinformazione e spinte disgregazioniste. A queste si sono aggiunte le guerre commerciali innescate Oltreoceano dall'amministrazione Trump e che promettono sconquassi a livello globale. Come reazione, persino Cina, Giappone e Corea del Sud hanno superato le ataviche rivalità e si stanno avvicinando per rafforzarsi nei confronti degli Stati Uniti. E in Europa? Al di là del Ceta, accordo di scambio con il Canada, e del più recente accordo con i Paesi aderenti al Mercosur, cosa intende fare il Vecchio Continente per rafforzarsi all'interno dei suoi sempre più fragili confini?

 

A Bruxelles si stanno forse accorgendo con irrimediabile ritardo dei danni inferti al consenso popolare con politiche che del green hanno più propaganda che sostanza (il caso Timmermans docet). In questi scenari normativi anche l'agricoltura europea ha subito e continua a subire restrizioni pesanti su molteplici fronti, rendendo sempre più difficile la vita a chi produce cibo in Europa. Ciò sta aumentando anche i rischi di una maggiore dipendenza dall'estero (qualsiasi estero sia) per gli approvvigionamenti di commodity e di altri prodotti tutt'altro che banali, come ortaggi, frutta e olio. Gli agrofarmaci sono ovviamente solo un piccolo pezzo di tale tendenza auto fustigatrice, ma non per questo va trascurato l'andazzo che affligge i mezzi tecnici per la difesa delle colture.

 

Chi è della vecchia scuola, come chi scrive, non dimentica le soluzioni ad ampio spettro e multisito passate ormai al mondo dei più: esteri fosforici, carbammati (insetticidi e fungicidi), neonicotinoidi, Igr, triazine e cloracetammidi. Forse di tutte loro si è fatto un uso un po' troppo allegro in passato, ma va riconosciuto come grazie ad esse si sia riusciti a seguire egregiamente la domanda alimentare globale perennemente in crescita. 


Serviva una svolta? Certamente. Diciamo che fra sterzare con calma, progressivamente, e fare un'inversione a U sgommando con le ruote fumanti c'è una bella differenza. Di certo, non esiste alcuna ragione al mondo perché Federbio e Federchimica-Agrofarma non debbano stipulare accordi. Anche se, suggerimento amichevole, si raccomanda a quest'ultima di non dimenticare gli strali ricevuti per decenni proprio dal mondo bio.

 

Amici amici, sì, ma occhio alla penna, perché passare dal Gusathion al bicarbonato è già stato un bel salto. Farne un altro di pari estensione potrebbe essere nel vuoto. Per tutti.

 

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