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Morbo di Parkinson e vicinanza ai campi da golf: colpa dei "pesticidi"?

Valori e limiti di uno studio americano che ha valutato l'incidenza del Morbo di Parkinson in funzione della maggiore o minore vicinanza rispetto a 139 diversi campi da golf

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Dietro il verde dei campi da golf, un rischio invisibile? (Foto di archivio)

Fonte immagine: © Paul - Adobe Stock

Vivere vicini a un campo da golf aumenta i rischi di sviluppare il Morbo di Parkinson?

La risposta pare essere sì, a patto di essere cittadini del Minnesota o del Wisconsin.

Uno studio pubblicato su Jama Network, portale open di contenuti scientifici, ha infatti valutato l'incidenza della malattia in funzione della distanza dei residenti rispetto ai campi da golf stessi. 


Non solo: è stato anche valutato il tipo di servizio idrico a cui attingono i diversi cittadini, come pure il grado di vulnerabilità delle falde acquifere. Lavoro, questo, reso possibile utilizzando le mappe dei suoli e delle acque forniti dai servizi nazionali.

 

La notizia è stata ovviamente riportata da alcuni quotidiani di tiratura nazionale e sui social si è scatenata l'usuale serie di condivisioni e di commenti. Peraltro, non si comprende bene come, visto che la ricerca ne parla ma non per il caso specifico, ma è venuto fuori anche il nome di paraquat, diserbante revocato in Europa nel 2008 e accusato da tempo di essere un fattore predisponente al Morbo di Parkinson. Un erbicida che però se utilizzato su un campo da golf ne brucerebbe per contatto ogni tipo di erba presente. Non certo un buon affare. Misteri dei social media.

 

Parliamo un po' di paraquat?

Sul tema paraquat venne prodotto uno specifico approfondimento basato sulle valutazioni elaborate da Epa, l'ente americano per la protezione dell'ambiente. Stando alle conclusioni di Epa, ai reali livelli di esposizione umana i rischi di sviluppare il Morbo sarebbero irrisori. Le molte ricerche che hanno evidenziato tale effetto erano state infatti svolte, come spesso accade, o tramite vie di esposizione bizzarre (per esempio via endovena), oppure con dosi ampiamente superiori a quelle reali.

 

Solo una minima parte di tutte le pubblicazioni disponibili sopravvisse quindi al vaglio di Epa, la quale selezionò solo gli studi considerati affidabili e significativi: da 244 studi in vitro, 217 su animali in laboratorio e 28 di tipo epidemiologico umano ne sono infatti sopravvissuti solo 34, 11 e 26 rispettivamente. Tradotti in percentuali, gli studi considerati validi sono stati quindi pari al 14% per i test in vitro, al 5% per quelli su animali e al 93% per quelli epidemiologici. A conferma che quando si vedono pubblicare prove in vitro o su animali è sempre bene far loro una pesante tara prima di approdare a conclusioni frettolose. 


Risultati della ricerca americana

Chiusa la doverosa parentesi su paraquat e ritornando alla ricerca all'oggetto, sono 419 i casi di Parkinson individuati fra i cittadini di età compresa fra i 65 e gli 80 anni che vivono tra meno di un miglio e fino sei miglia dal campo da golf più vicino. Questo campione statistico è stato confrontato con un controllo composto da 5.113 individui di età comparabile che vivono a grande distanza dai campi da golf, ossia più di sei miglia (9,656 chilometri).

 
Dopo gli aggiustamenti statistici per dati demografici e caratteristiche dei luoghi di residenza, è emerso come vivere entro un miglio da un campo da golf aumenti del 126% la probabilità di sviluppare il Morbo di Parkinson rispetto agli individui che vivono a più di 6 miglia. Inoltre, gli individui che vivono in aree servite da un servizio idrico in cui insiste un campo da golf hanno avuto quasi il doppio delle probabilità rispetto agli individui che vivono in aree il cui servizio idrico non annovera campi da golf. 


Infine, gli individui che vivono in aree di servizio idrico con presenza di un campo da golf, per giunta in aree con falde acquifere considerate vulnerabili, avrebbero l'82% in più di probabilità di sviluppare la malattia rispetto a chi viva in aree le cui falde acquifere non siano classificate vulnerabili.


Quindi, appare una chiara correlazione di tipo spaziale fra incidenza della malattia e prossimità dei punti di residenza con i campi da golf. Gli autori puntano il dito verso gli agrofarmaci e i concimi azotati impiegati per proteggere e nutrire i "green", poiché possono contaminare le acque potabili e raggiungere in tal modo le abitazioni.

 

Osservazioni

Una prima osservazione viene proposta dagli autori stessi dello studio, i quali ricordano come nei campi da golf statunitensi vengano impiegati agrofarmaci fino a 15 volte di più di quanti se ne usino in Europa. Quindi gli scenari a cui si riferisce la ricerca sono molto differenti rispetto a quelli del Vecchio Continente. 


Quanto a distribuzione abitativa, questa appare molto diversa fra i due campioni statistici a confronto: i 419 malati di Parkinson presi in considerazione nello studio, cioè quelli che vivono nel raggio di 1-6 miglia dai campi da golf, sono distribuiti percentualmente molto più nelle aree urbane (80,4%) rispetto alla popolazione di controllo (30,5%), ossia quella che per l'98,9% vive oltre le sei miglia dal primo campo da golf.


Analogamente, vive in area suburbana il 18,4% del campione statistico contro il 45,6% del controllo. Di conseguenza, varia molto l'ultima tipologia di distribuzione abitativa, ossia quella rurale: 1,2% del campione statistico contro il 24% della popolazione di controllo. Le tre categorie abitative sono state derivate dalle 10 categorie stabilite da Usda e meglio note con l'acronimo Ruca Codes (Rural-Urban Commuting Area Codes).

 
Quindi appare anche una distribuzione molto diversa quanto a tipo di area abitata: i malati di Parkinson sembrano concentrati per lo più in aree densamente abitate, contrariamente al controllo, distribuito quest'ultimo più omogeneamente fra le tre tipologie di area abitativa. Apparente buona nuova: sono ben pochi i malati nelle aree considerate rurali, ossia 5 su 419. Al contrario, oltre l'80% dei casi presi in esame vive in aree urbane, ossia città dalle dimensioni significative, dai 50mila abitanti in su


Ciò deve però tenere in considerazione il differente numero assoluto di abitanti che caratterizza i tre diversi raggruppamenti. Normale infatti trovare numeri bruti più alti all'interno di una comunità più numerosa rispetto a una più ridotta numericamente.

 

Occasione mancata

Purtroppo, nella pubblicazione non vi è traccia di analisi delle acque. Non è stata cioè valutata la presenza dei diversi agrofarmaci nelle acque potabili. Lo studio sarebbe stato infatti molto più interessante se fosse stato arricchito con analisi puntuali circa la presenza delle diverse sostanze attive impiegate nei campi da golf. 


Correlare genericamente l'incidenza del Morbo di Parkinson con l'uso di "pesticidi" resta in tal modo atto incompleto, da considerarsi quindi più come ipotesi che come prova. Ogni sostanza attiva ha infatti comportamenti diversi nell'ambiente, migrando di più o di meno nelle acque di falda in funzione delle proprie caratteristiche chimico fisiche. Peccato: si poteva fare molto di più e meglio, poiché fare di tutta un erba un fascio non è mai prassi consigliabile. 

 

Conclusioni

Chi in Italia viva in prossimità di campi da golf sarà bene non sviluppi particolari preoccupazioni, vista l'enorme differenza di impieghi rispetto agli Stati Uniti (15 volte di più negli Usa).

 

Meglio però sarebbe replicare questa ricerca anche nel Belpaese, magari correlandola con le dovute analisi chimiche delle acque. Altrimenti resterebbe anche questa una ricerca a metà, funzionale più che altro alla propaganda dei gruppi no-pesticidi, ai quali basta uno spunto adimensionale e aspecifico per puntare il dito contro la chimica agraria.

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