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Olivo, satelliti e droni per gestire la Xylella

Attraverso l'uso di immagini satellitari e da drone è stato possibile coordinare e monitorare gli sforzi per contenere l'avanzata della Xylella a danno degli olivi in Salento

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Le immagini satellitari sono utili per individuare i campi lavorati

Fonte immagine: Elia Del Pizzo, Unaprol

Xylella fastidiosa è un batterio tristemente noto per aver causato la morìa degli olivi in Salento. Questo microrganismo viene infatti trasportato da una pianta all'altra attraverso le punture di suzione della mosca sputacchina (Philaenus spumarius) e una volta all'interno dell'organismo vegetale si moltiplica, ostruendo i vasi linfatici e stravolgendo il metabolismo delle piante, fino a portarle alla morte.

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Non essendoci una cura, l'unica strategia per impedire la diffusione del patogeno è l'abbattimento degli alberi malati, in modo che non fungano da focolaio infettivo, e il contrasto al vettore della malattia, P. spumarius. Coordinare e verificare la corretta esecuzione di queste due linee di intervento non è però sempre facile. Un aiuto alla regione e al servizio fitosanitario locale può arrivare dai satelliti e dai droni.

 

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Il progetto Fixyll: innovazione spaziale al servizio dell'olivo

Per supportare il contenimento di Xylella fastidiosa, Distretto Tecnologico Aerospaziale (Dta), Planetek Italia e Unaprol - in collaborazione con Coldiretti - hanno dato vita al progetto Fixyll, Fight Xylella fastidiosa, finanziato dall'Agenzia Spaziale Italiana. L'obiettivo? Applicare strumenti di telerilevamento, via satellite o drone, per monitorare il territorio e sostenere le istituzioni nel rispetto delle misure fitosanitarie.

 

"Il progetto nasce da esperienze precedenti sul tema Xylella e ha voluto dare continuità e struttura al lavoro di monitoraggio, con un approccio più tecnologico e sistemico", ci spiega Elia Del Pizzo, responsabile Progetti di Unaprol. "Abbiamo messo a sistema competenze scientifiche, strumenti avanzati e il rapporto diretto con le aziende agricole per costruire qualcosa che sia davvero utile sul campo".

 

Le quattro linee di intervento di Fixyll

Nell'ambito del progetto sono stati sviluppati quattro servizi sperimentali, tutti basati sull'analisi di immagini satellitari e rilievi da drone. Il primo ha riguardato l'identificazione di olivi sani all'interno di aree contaminate.

 

"Negli anni i ricercatori si sono accorti che alcune piante di olivo, probabilmente nate da incroci casuali avvenuti in campo, non presentavano i sintomi del disseccamento, nonostante fossero in zone fortemente colpite dalla Xylella. Studiandole, si è scoperto che possedevano dei caratteri genetici che le rendevano resistenti o tolleranti a Xylella", spiega Del Pizzo.

 

"In altre parole, sono piante che, seppur a contatto con il batterio della Xylella, non contraggono la malattia o presentano sintomi molto lievi, continuando a produrre. Il sistema Fixyll potrebbe aiutarci a individuarne di nuove, monitorando velocemente un territorio molto ampio, offrendo dunque materiale genetico prezioso per la selezione di nuove varietà resistenti o tolleranti, oltre a quelle già conosciute ed autorizzate", continua Del Pizzo.

 

Al centro della foto si vede bene una pianta di olivo non disseccata

Al centro della foto si vede bene una pianta di olivo non disseccata

(Fonte foto: Elia Del Pizzo, Unaprol)

 

Il secondo servizio, che mirava a costruire una mappa storica della diffusione della Xylella fastidiosa nel corso degli anni, allo stato attuale di sviluppo ha mostrato alcuni limiti di affidabilità: le variazioni di colore nelle immagini possono essere influenzate anche da altri fattori, come potature o siccità, oltre al disseccamento causato da Xylella fastidiosa. "Su questo fronte siamo ancora in fase esplorativa, ma i margini di miglioramento non mancano".

 

Il terzo servizio si è concentrato sul monitoraggio delle lavorazioni del terreno, interventi agronomici fondamentali per ridurre la presenza della mosca sputacchina. Questo insetto infatti trascorre una parte del suo ciclo biologico nel cotico erboso, nutrendosi su piante diverse dall'olivo, su cui trascorre solo alcuni mesi l'anno.

 

Eliminare le erbe infestanti, dunque, permette di contenere le popolazioni, salvaguardando gli olivi. Grazie alla variazione dello spettro luminoso riflesso dal terreno (dal verde della vegetazione al marrone del terreno lavorato), si possono identificare le aree che sono state lavorate, come richiesto dalle ordinanze regionali.

 

Infine, il quarto ed ultimo servizio ha riguardato la verifica dell'avvenuta eradicazione degli olivi infetti. "Confrontando le immagini storiche, si può verificare se l'intervento di abbattimento ordinato dalla regione è stato effettivamente eseguito. È un controllo utile per velocizzare le ispezioni e focalizzarle dove servono", sottolinea Elia Del Pizzo. Questo si è rivelato il più promettente sul piano tecnologico.

 

Prospettive future: un modello per il Mediterraneo

La piattaforma Fixyll è ancora in una fase sperimentale, con un set di servizi che, allo stato attuale, può essere di interesse per gli enti locali più che per le singole aziende agricole. "I servizi sviluppati possono diventare strumenti a supporto della Pubblica Amministrazione per rendere più efficienti i controlli e le politiche fitosanitarie", afferma Del Pizzo. "L'interesse delle imprese c'è, così come la disponibilità a collaborare: oltre centocinquanta aziende hanno partecipato attivamente alla sperimentazione".

 

Fixyll potrebbe dunque diventare un modello replicabile, non solo in Puglia ma in tutte le aree del Mediterraneo che potrebbero essere colpite da Xylella fastidiosa o da altri agenti di fitopatie (come il fitoplasma che causa la flavescenza dorata della vite). L'integrazione con i dati dei satelliti europei Copernicus e la possibilità di estendere le soluzioni a livello continentale aprono nuove strade per un'agricoltura sempre più resiliente, integrata e data driven.

 

"La sfida adesso è trasferire questi strumenti dal laboratorio al campo e farli diventare parte delle politiche agricole regionali e nazionali", conclude Elia Del Pizzo. "Perché se la Xylella non si può eliminare, almeno possiamo imparare a contenerla".

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