Popillia japonica in espansione, ecco territori e colture a rischio
Da un nucleo originario tra Piemonte e Lombardia, Popillia japonica si è espansa su una superficie di circa 28mila chilometri quadrati e tutto lascia intendere che potrebbe colonizzare molte regioni italiane. Insieme a Leonardo Marianelli del Crea Difesa e Certificazione abbiamo fatto il punto sulle aree e sulle colture potenzialmente coinvolte
La Popillia japonica colpisce un gran numero di colture (Foto di archivio)
Fonte immagine: © kikisora - Adobe Stock
Chi vive in Piemonte e Lombardia ha avuto modo di fare conoscenza con Popillia japonica, un coleottero originario del Giappone che nel 2014 è stato ritrovato nella Valle del Ticino e da lì si è espanso in un vasto territorio della Pianura padana. L'insetto desta molte preoccupazioni per diverse ragioni. Primo, perché è altamente prolifico e mobile, riuscendo a riprodursi velocemente e a volare per lunghi tratti. Secondo, perché si alimenta a scapito di un ampio numero di colture, dalle graminacee agli alberi da frutto, passando per ortaggi, vite, mais e soia.
Tanti agricoltori temono che si ripresenti l'incubo Halyomorpha halys, la cimice asiatica che tanti danni ha causato alla frutticoltura del Nord Italia. Ma secondo chi questo insetto lo studia, potrebbe essere anche peggio. "H. halys ha fatto danni enormi al settore frutticolo, ma in altri comparti è stata meno rilevante. Con Popillia japonica invece la situazione è più complessa", ci spiega Leonardo Marianelli, ricercatore del Crea Difesa e Certificazione che da dieci anni studia P. japonica.
"Le larve colpiscono soprattutto le graminacee, come ai prati stabili, fino ai campi da golf. Mentre gli adulti si cibano della vegetazione e dei fiori e frutti di moltissime specie. Inoltre, Popillia japonica causa danni indiretti anche a settori di cui l'Italia è leader, come il vivaismo".
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Una presenza ormai consolidata
Dalla scoperta del primo focolaio, avvenuta tra gli aeroporti di Malpensa e Cameri, la diffusione dell'insetto è stata costante. Oggi l'area infestata copre circa 28.660 chilometri quadrati e comprende ampie porzioni di Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Valle d'Aosta.
Attorno alla zona infestata si estende una zona cuscinetto, oggetto di monitoraggi intensivi da parte dei servizi fitosanitari regionali, che svolgono un lavoro fondamentale per tentare di contenere l'insetto. "Dal mio punto di vista il lavoro svolto dai servizi fitosanitari, soprattutto in Piemonte e Lombardia, è stato eccellente. Hanno trattato tempestivamente centinaia di ettari con nematodi entomopatogeni, in un'operazione che non ha precedenti in Europa", spiega Marianelli.

Popillia japonica su albicocco
(Fonte foto: Leonardo Marianelli, ricercatore del Crea Difesa e Certificazione)
Nonostante l'impegno, nuovi focolai si sono sviluppati negli ultimi anni in diverse regioni: Liguria, Veneto e Friuli Venezia Giulia, con nuove infestazioni anche in Svizzera, Slovenia e Germania. "Molti di questi sono focolai satellite, puntiformi, spesso legati a zone turistiche o ad assi di comunicazione, come autostrade e aeroporti", aggiunge il ricercatore.
Movimento attivo e trasporto passivo
La diffusione di Popillia japonica avviene secondo due modalità. Da una parte c'è il movimento attivo, cioè la capacità dell'insetto adulto di volare e colonizzare nuove aree vicine. Dall'altra il ben più subdolo trasporto passivo, che avviene in maniera del tutto involontaria tramite automobili, camion, treni o aerei.
"Abbiamo trovato esemplari nascosti nel vano motore delle auto, sotto i sedili o nei rimorchi. È facilissimo che un individuo adulto entri in macchina nelle zone infestate e venga rilasciato ore dopo in Friuli o in Toscana, senza che il conducente se ne accorga", racconta Leonardo Marianelli. Esempi sono il focolaio del Savonese o quello a Lignano Sabbiadoro, causati dal trasporto passivo dell'insetto.
Questa dinamica rende la lotta a P. japonica particolarmente difficile. Anche zone ancora non infestate rischiano di vedere apparire l'insetto in modo improvviso, grazie all'inconsapevole collaborazione dell'uomo. E in alcuni casi i nuovi focolai sono rimasti contenuti proprio grazie alla tempestività delle autorità locali, come è accaduto a Lignano Sabbiadoro, dove la superficie infestata è rimasta stabile negli anni grazie a interventi mirati con nematodi e alle condizioni ambientali poco favorevoli alla sua proliferazione.

Popillia japonica su mais
(Fonte foto: Leonardo Marianelli, ricercatore del Crea Difesa e Certificazione)
Ciclo biologico e colture colpite
Per capire come l'insetto si potrebbe muovere in futuro è essenziale capirne il ciclo biologico, che si articola in più fasi, con le larve che vivono nel terreno e si nutrono di radici, mentre gli adulti si alimentano delle parti verdi delle piante. Le larve prediligono le graminacee e si sviluppano principalmente nei prati stabili, ma anche nei giardini privati e nei campi da golf. In casi di forte infestazione il risultato è la perdita di produzione a causa della morte delle piante, di cui viene compromesso l'apparato radicale.
Gli adulti, invece, hanno un appetito molto più variegato. Attaccano vite, piccoli frutti, piante ornamentali e alcuni alberi da frutto e occasionalmente mais, soia, e danneggiando foglie, fiori e frutti. "Abbiamo osservato casi in cui centinaia di adulti si concentravano su un solo frutto, divorandolo completamente", racconta Marianelli. In frutticoltura questo significa non solo perdita diretta di prodotto, ma anche declassamento commerciale: una pesca con morsi evidenti non può più essere venduta come prima scelta.
Anche il vivaismo risente pesantemente della presenza di P. japonica, non tanto per i danni diretti, quanto per le conseguenze sulla movimentazione delle piante, resa più restrittiva dalla normativa fitosanitaria. Le piante destinate alla vendita devono essere trattate o rinvasate, aumentando notevolmente i costi e i tempi di lavorazione.

Popillia japonica su more
(Fonte foto: Leonardo Marianelli, ricercatore del Crea Difesa e Certificazione)
Aree a rischio e prospettive di espansione
Le aree ideali per lo sviluppo di Popillia japonica sono quelle con terreni sciolti, mediamente ricchi di sostanza organica, irrigati e con temperature miti. "Il Parco del Ticino, dove è iniziata l'infestazione, rappresenta un habitat perfetto: prati permanenti per la fienagione, umidità costante, condizioni pedoclimatiche ottimali. Non poteva trovare posto migliore", spiega Leonardo Marianelli.
L'insetto si muove preferenzialmente verso Sud Est, seguendo la morfologia della Pianura padana e l'uso del suolo. In queste regioni l'espansione avviene con un movimento attivo, ma può essere accelerata da trasporti passivi. "Potenzialmente basta una femmina adulta feconda di P. japonica nascosta in una macchina per avviare un nuovo focolaio se dove arriva, alla fine del viaggio, trova le condizioni adatte per deporre le uova", avverte il ricercatore.
Anche il Centro e il Sud Italia non possono dirsi al sicuro. In contesti irrigati, come campi da golf, vivai o giardini ornamentali, l'insetto potrebbe insediarsi anche in regioni più calde. "Anche nelle regioni del Sud, per esempio, se trova un'area ben irrigata con graminacee e terreni sciolti, può sopravvivere e creare una popolazione stabile", osserva Marianelli.
Tuttavia, al momento, la diffusione naturale resta limitata alle regioni del Nord, dove l'insetto si sta espandendo attivamente. Mentre per scavallare gli Appennini o le Alpi (come è già avvenuto) ha bisogno di "chiedere un passaggio" all'uomo, viaggiando su auto, treni o camion.
Il destino di Popillia japonica in Italia non è ancora scritto. Gli interventi messi in campo dal servizio fitosanitario hanno dimostrato di poter rallentare l'avanzata dell'insetto e contenerlo in alcune aree. Ma il fattore umano resta l'elemento più difficile da controllare. La strategia più efficace resta quella della prevenzione e della sorveglianza.
Laddove P. japonica è ormai insediata, la battaglia per arginarne la diffusione è tutt'altro che persa. Il Crea Difesa e Certificazione, divenuto nel 2021 Istituto Nazionale di Riferimento delle Piante e membro del Tavolo Tecnico Nazionale, è in prima linea nello studio di strategie innovative per contrastare l'insetto. Tra le linee di ricerca più promettenti figurano lo sviluppo di dispositivi attract & kill, capaci di attirare e uccidere gli adulti, e la selezione di ceppi di nematodi entomopatogeni particolarmente efficaci nel contenimento delle larve.
"Se non avessimo fatto tutto ciò che è stato fatto negli ultimi dieci anni oggi avremmo un'infestazione fuori controllo", conclude Leonardo Marianelli. "La ricerca è fondamentale per comprendere meglio il comportamento e la biologia di P. japonica, ma alla luce delle conoscenze attuali la sua espansione sul territorio nazionale rappresenta una sfida estremamente complessa".
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