Ticchiolatura del Melo Venturia inaequalis, Fusicladium dendriticum, Fusicladium eriobotryae, Fusicladium pyracanthae, Cladosporium dendriticum, Endostigme inaequalis, Fusicladium pomi, Spilosticta inaequalis

Classificazione: Funghi > Ticchiolatura

La ticchiolatura del melo è la principale avversità di questa coltura, in grado di provocare ingenti danni su foglie, frutti, fiori e a volte anche sui rametti. Questa malattia è causata da un fungo che alterna durante la stagione la forma sessuata con quella asessuata, rappresentate rispettivamente da Venturia inaequalis (ascomicete), responsabile delle infezioni primarie, e Spilocaea pomi, responsabile delle infezioni secondarie. 

Biologia

Il patogeno sverna sulle foglie cadute a terra dove in autunno, Venturia inaequalis (forma sessuata), forma gli pseudoteci, i quali a primavera rilasciano le ascospore responsabili delle infezioni primarie. Perché si verifichino le infezioni primarie è necessario che vi siano delle piogge con un abbondante bagnatura della vegetazione e temperature adeguate; vi è una elevata relazione tra bagnatura e temperatura nell’avvio delle infezioni, per esempio, con 10 °C sono necessarie dalle 14 alle 29 ore di bagnatura per il verificarsi, rispettivamente, di infezioni leggere o gravi, o con 15 °C sono necessarie dalle 10 alle 21 ore di bagnatura. Con il verificarsi delle condizioni idonee i conidi germinano e penetrano attivamente nella foglia e si ha un lungo periodo di incubazione (circa da 17 a 9 giorni a seconda delle condizioni climatiche), cioè è il periodo che trascorre tra l’inizio dell’infezione e la comparsa dei primi sintomi. Con la comparsa delle prime macchie si ha la formazione delle strutture riproduttive di Spilocaea pomi che liberano conidi responsabili delle infezioni secondarie, che si susseguiranno durante la stagione fino in autunno; a questo punto, sulle foglie cadute a terra, si sviluppano gli pseudoteci (corpi fruttiferi di origine sessuale) di V. inaequalis che superano l’inverno. Da parte delle diverse cultivar vi è una differente e varia suscettibilità, da elevata a molto scarsa. 

Danni causati

La malattia può colpire foglie, frutti, fiori e rametti, ma sono i primi due a riportare i danni maggiori. Sulle foglie compaiono delle macchie bruno-olivaceo dalla forma più o meno rotondeggiante con aspetto vellutato; col passare del tempo si allargano interessando gran parte della superficie fogliare e la foglia tende a disseccare e cadere anticipatamente. Sui frutti i sintomi compaiono in ogni stadio di sviluppo; si sviluppano macchie rotondeggianti dal colore bruno e dall’aspetto vellutato che col tempo si allargano, quando queste diventano vecchie si ha uno schiarimento della zona centrale a causa della desquamazione della parte necrotizzata. In relazione al tipo di cultivar e allo stadio di sviluppo del frutto, le zone colpite possono essere infossate o prominenti, a seconda che l’infezione abbia un effetto inibente o stimolante sull’accrescimento dei tessuti. Inoltre si possono sviluppare ampie suberificazioni e fessurazioni. Se sono colpiti i giovani frutticini questi sviluppano delle deformità, a causa del blocco dello sviluppo dei tessuti sintomatici, cadendo anticipatamente. Sui frutti più sviluppati si creano delle reticolature suberificate dell’epidermide. In alcune occasioni la ticchiolatura può comparire anche sui frutti già raccolti e deposti in magazzino. Sui fiori sono rari gli attacchi, ma compaiono piccole macchie brune su petali, calice e peduncoli con l’esito finale della  caduta del fiore. Anche sui rami gli attacchi sono rari e sono suscettibili solo allo stato erbaceo, su questi compaiono  macchie brune con la successiva fuoriuscita di ammassi polverulenti. 

Interventi agronomici

Per ridurre la quantità di inoculo (presenza del patogeno con i sui propaguli) è possibile raccogliere e distruggere le foglie o distribuire urea per accelerarne la decomposizione; tali operazioni sono utili se eseguite su ampie aree e non solo all’interno del singolo frutteto. 

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