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Mosca dell'olivo, quanto è utile il maschio sterile?

In linea di principio la mosca dell'olivo (Bactrocera oleae), come tutti i ditteri, potrebbe essere controllata con la tecnica del maschio sterile. Tuttavia, a causa della sua diffusione territoriale e dell'entità delle popolazioni, l'utilizzo di questo metodo non sembra essere efficace

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Un esemplare di mosca dell'olivo

Fonte immagine: Patrizia Sacchetti, professoressa del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari, Ambientali e Forestali dell'Università di Firenze

La mosca dell'olivo è la principale avversità con cui devono fare i conti gli olivicoltori. Le larve di questo insetto, sviluppandosi a scapito della polpa delle olive, causano pesanti perdite produttive e uno scadimento della qualità dell'olio ottenuto dalle drupe provenienti da alberi fortemente infestati.

 

Dopo la revoca, decisa dall'Unione Europea, della sostanza attiva dimetoato, gli agricoltori sono alla costante ricerca di strategie alternative di controllo. Sulla carta, una di queste potrebbe essere la tecnica dell'insetto sterile. Vediamo di che cosa si tratta.

 

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Maschi sterili per abbattere le popolazioni

I ditteri sono un particolare ordine di insetti, a cui appartiene la mosca dell'olivo (Bactrocera oleae) e anche la mosca orientale della frutta (Bactrocera dorsalis), che hanno la particolarità di potersi accoppiare una sola volta nella vita. Dopo l'incontro tra un esemplare maschio e una femmina, infatti, il canale riproduttivo della femmina si occlude e dunque non è più in grado di ricevere il seme da un secondo maschio. Partendo da questo principio biologico, i ricercatori hanno messo a punto la tecnica di controllo definita dell'insetto sterile.

 

All'interno di biofabbriche, come quelle utilizzate per l'allevamento degli insetti utili, vengono fatti crescere milioni di esemplari maschi della specie indesiderata. Questi vengono successivamente trattati con radiazioni (o tramite agenti chimici) che hanno come scopo quello di renderli sterili.

 

Successivamente, gli insetti vengono rilasciati nell'ambiente in cui è presente la popolazione da controllare. Istintivamente gli esemplari liberati vanno alla ricerca di femmine con cui si accoppiano. Ma essendo sterili, non danno vita ad alcuna progenie e al contempo impediscono alla femmina di accoppiarsi una seconda volta.

 

Se correttamente eseguita, dunque, questa tecnica ha le potenzialità per deprimere le popolazioni di un insetto nocivo fino a portarle alla scomparsa da un territorio. A livello mondiale, la tecnica del maschio sterile è stata sviluppata e utilizzata con un certo successo per il controllo di diverse specie di insetti, a partire dal caso esemplare di Cochliomyia hominivorax (mosca del bestiame). L'uso è stato poi esteso a varie altre specie di interesse agronomico, tra le quali Anastrepha suspensa, Ceratitis capitata, Dacus cucurbitae, Bactrocera dorsalis, Laspeyresia pomonella. Ma anche al controllo delle zanzare del genere Anopheles, responsabili della trasmissione di alcune malattie, come la malaria.

 

La tecnica del maschio sterile funziona, ma a precise condizioni

Per capire la reale efficacia di questa tecnica e la sua applicabilità nei confronti della mosca delle olive e di altri ditteri, come ad esempio la mosca orientale della frutta, abbiamo interpellato Pio Federico Roversi, direttore del Centro Crea di Difesa e Certificazione. "Questa tecnica ha storicamente avuto successo solamente in alcuni contesti specifici. Quando cioè le popolazioni indesiderate erano in numero limitato e presenti in territori isolati, come ad esempio su isole".

 

"La presenza di una popolazione limitata è una precondizione necessaria al successo dell'intervento, in quanto all'interno di popolazioni numerose la possibilità che avvenga un accoppiamento tra un maschio e una femmina fertili è elevata. Bisogna anche considerare che un maschio sterile è meno competitivo nel corteggiamento delle femmine rispetto ad uno fertile", sotto sottolinea Roversi.

 

Per avere un effetto positivo il numero di esemplari sterili rilasciati deve dunque essere elevato. A causa del potenziale riproduttivo di queste specie, infatti, bastano pochi esemplari fertili per ricreare in poco tempo una popolazione consistente. Un esempio è quello rappresentato dalla cocciniglia tartaruga del pino (Toumeyella parvicornis), un insetto invasivo e altamente prolifico. Partendo da due esemplari, nel corso di soli due anni, la popolazione potenziale può raggiungere i 7 miliardi di individui.

 

L'altro aspetto cruciale è l'isolamento territoriale. Se infatti la popolazione target si trova in un luogo isolato e viene gestita con la tecnica del maschio sterile, nel corso del tempo diminuisce e trattamento dopo trattamento può scomparire. "Se invece vi è un arrivo costante di esemplari da aree limitrofe, c'è un perpetuo rinnovamento della popolazione, che di fatto compromette l'efficacia della tecnica. Per questi motivi il controllo della mosca dell'olivo, presente massicciamente in tutta la penisola e nell'intero Mediterraneo, non è pensabile", sottolinea Roversi.

 

Maschio sterile, una questione di biosicurezza

Ci sono poi altri due elementi critici. Il primo riguarda il fatto che occorre essere certi che la sterilizzazione sia stata efficace. In caso contrario invece, se si tratta di popolazioni aliene appena insediatesi in un territorio, il rischio è quello di favorirne la diffusione piuttosto che contrastarla. Proprio per questo gli allevamenti di insetti di specie aliene (non è il caso della mosca dell'olivo), devono avere standard di sicurezza molto elevati per impedire fughe accidentali.

 

Infine c'è da considerare il tema della variabilità genetica. L'utilizzo di radiazioni può infatti creare delle mutazioni all'interno degli esemplari. Si arricchisce dunque, in maniera artificiale, la variabilità genetica di una popolazione, che è lo strumento attraverso il quale una specie si adatta alle avversità che trova in natura.

 

"Nel caso di specie aliene, introdotte accidentalmente in Italia dai Paesi d'origine, le popolazioni che si sviluppano sul territorio hanno una bassa variabilità genetica, in quanto sono discendenti da pochi esemplari. Se si interviene con prodotti mutagenici e non si è assolutamente sicuri della sterilità degli individui, il rischio concreto è che si vada ad incrementare la variabilità genetica della popolazione, rendendola maggiormente resistente ai fattori di stress presenti in natura", conclude Pio Federico Roversi.

 

Secondo Roversi, dunque, la tecnica del maschio sterile può essere efficace solamente nel caso in cui si operi per contenere, se non per radicare, popolazioni di numero limitato e in areali circoscritti ed isolati. Nel caso in cui invece le popolazioni siano abbondanti e diffuse su un vasto territorio, come nel caso della mosca dell'olivo, la speranza di avere un controllo efficace è illusoria.

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