2024
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Mancozeb reloaded? Parte I - Un riassunto

Dopo la revoca europea, comminata nel dicembre 2020 in base al sistema noto come "cut-off", ora lo storico fungicida porta a casa un interessante ricorso. Cos'è cambiato in campo nel frattempo

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Revocato ma duro a morire: mancozeb vince un ricorso in Europa (Foto di archivio)

Fonte immagine: © sjri - Adobe Stock

Non fu un bel Natale quello del 2020, visto che proprio alla vigilia giunse il comunicato del Ministero della Salute che revocava 155 diversi formulati commerciali in cui mancozeb era presente da solo o in miscela. Una vera strage che spostò significativamente le strategie di difesa antiperonosporica, soprattutto della vite. Togliere mancozeb dai programmi fitosanitari levò infatti uno strumento efficace ed economico, utilissimo peraltro in ottica antiresistenze


Inespugnabile infatti il meccanismo d'azione, avendo attività multi-sito (Frac M 03), come pure ampio risulta il suo spettro, poiché oltre agli Oomiceti mancozeb controllava anche tante altre malattie delle piante, come per esempio l'escoriosi, offrendo anche interessanti effetti su patogeni fra loro molto diversi, a partire da oidio e black rot


In termini di etichetta, contro le principali avversità di ogni raggruppamento colturale i prodotti a base di mancozeb coprivano vite, pomacee, drupacee, agrumi, olivo, mandorlo e noce, mentre fra le colture basse potevano essere impiegati su cereali, su solanacee come tabacco, patata, pomodoro, melanzana, su tutte le cucurbitacee e le brassicacee di maggior importanza, nonché su insalate e su un lungo elenco di altre colture orticole. Ciò faceva di mancozeb una soluzione valida per l'inserimento in molteplici programmi di difesa, sebbene su molte colture autorizzate il suo uso fosse infinitesimo se non zero. 


Essendo quindi buono per tutte le stagioni, o quasi, di mancozeb se n'è fatto un uso sicuramente "generoso". Ciò lo portò in passato a rappresentare una quota significativa anche in termini di residui finali negli alimenti, destando preoccupazioni per via di uno dei suoi principali metaboliti, ossia la etilen-tiourea, in acronimo Etu.

 

Togli di qua, sposta di là

Come detto, la dipartita dello storico ditiocarbammato obbligò a modificare radicalmente diversi programmi di difesa a partire da quelli per la vite, sulla quale mancozeb veniva impiegato soprattutto nelle prime fasi, ossia sino a fine fioritura. Ciò poiché vennero a mancare le miscele di mancozeb con altre sostanze attive a comportamento citotropico/translaminare o sistemico.

 

Via infatti anche le miscele con cimoxanil, con dimetomorf, con metalaxyl (tal quale o "isomero m"), solo per citarne alcune. Di conseguenza, quelle preziose soluzioni a due o a tre vie dovettero essere sostituite con miscele analoghe basate però su altri prodotti di contatto, a partire dal rame


Problema: il rame ha avuto limitazioni pesanti nell'impiego, riducendosi a soli 4 kg/ettaro annui per un massimo di 28 kg/ettaro sui sette anni. Se fino alla revoca di mancozeb la difesa integrata poteva utilizzare i rameici solo nella seconda parte dell'anno, la meno problematica, dopo la revoca si fu indotti a usare più rame fin dall'inizio. Quindi, i problemi legati agli sforamenti si estesero dagli agricoltori bio a quelli integrati. Non certo un successone, in effetti. 


Altri partner di contatto sono subentrati quindi nel tempo, come folpet, ditianon e metiram, revocato anch'esso e sepolto proprio nel corrente 2024. Da notare che pure queste sostanze attive hanno subito anni di ostracismo tecnico, con diversi disciplinari, pubblici e privati, che vedevano alcune di esse, tipo folpet, come il diavolo in persona.

 

Dover quindi fare i conti con la realtà che si è contribuito a creare non deve essere stato facile per diversi redattori dei summenzionati disciplinari, i quali nonostante i molti avvisi ricevuti nel tempo non pare si siano resi conto che non è cosa saggia segare i rami sui quali si sta seduti.

 

Il ricorso alla Corte di Giustizia europea

Ora però qualcosa sembra essere giunta a favore di mancozeb, perlomeno dal punto di vista legale. Forse ciò non cambierà le cose, ma per lo meno è un sussulto in un corpo regolatorio europeo che sembra da tempo in coma profondo in termini di consapevolezza dei danni causati da una Revisione troppo manichea e frettolosa


Un recente ricorso ha trovato infatti accoglimento contro il mancato rinnovo di mancozeb. La Corte europea ha infatti stabilito che questo non poteva essere basato su un parere definito "non giuridicamente vincolante". Tale parere è quello espresso dal Comitato Rac di Echa, l'Agenzia europea per la chimica, la quale proponeva una classificazione in "Cat 1b" per la tossicità riproduttiva. All'epoca della valutazione di mancozeb, però, la classificazione giuridicamente applicabile era "Cat 2". Su tale fatto è stato dedicato ampio approfondimento su AgroNotizie® al quale si rimanda per maggiori dettagli. 


Sarà però bene capire se nel processo di valutazione siano venuti a mancare equilibrio e buon senso. Ciò per due motivi: in primis, la ghigliottina del cut-off è da tempo discussa, anche criticamente, poiché appare una via troppo spiccia per valutare la sopravvivenza o la revoca di un antiparassitario. In secondo luogo, specifico per il mancozeb, v'è da chiedersi se uno studio indiano del 1980, di laboratorio, peraltro non in glp, possa essere considerato valido per attivare proprio il criterio di "cut-off". Soprattutto pensando alle dosi stellari di mancozeb impiegate in quei test di laboratorio.

 

La risposta, ovviamente, è no, come si può desumere dalla disamina tossicologica delle prove a carico di mancozeb. Disamina che per la sua complessità ha richiesto un approfondimento specifico e separato che si consiglia quindi di leggere a parte. 

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